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Art. 8 - Regole generali

1. La competenza per territorio è determinata dal luogo in cui il reato è stato consumato.

2. Se si tratta di fatto dal quale è derivata la morte di una o più persone, è competente il giudice del luogo in cui è avvenuta l’azione o l’omissione.

3. Se si tratta di reato permanente, è competente il giudice del luogo in cui ha avuto inizio la consumazione, anche se dal fatto è derivata la morte di una o più persone.

4. Se si tratta di delitto tentato, è competente il giudice del luogo in cui è stato compiuto l’ultimo atto diretto a commettere il delitto.

Rassegna giurisprudenziale

Regole generali (art. 8)

Nel sistema processuale vigente il GIP  è giudice del singolo atto e non anche giudice del processo e, pertanto, è legittimato ad esprimere valutazioni sulla propria competenza soltanto limitatamente al provvedimento richiestogli. Ne consegue che, una volta che abbia provveduto senza avere rilevato l’incompetenza, la sua potestà decisoria è esaurita, sicché non gli è consentito sollevare questioni di competenza con separata ordinanza (fattispecie nella quale il gip, dopo aver emesso ordinanza di imputazione coattiva all’esito di udienza partecipata, emetteva un ulteriore provvedimento, a seguito di informale interlocuzione promossa dal PM, con cui riconosceva che la competenza territoriale apparteneva ad altro distretto; sulla base di detto apprezzamento il PM procedente disponeva la trasmissione degli atti alla procura di detta città. La Corte, in applicazione del principio enunciato, ha annullato senza rinvio il provvedimento impugnato, disponendo la trasmissione degli atti al tribunale di appartenenza del GIP) (Sez. 2, 6586/2022). 

In tema di reati associativi, la competenza territoriale va unitariamente individuata con riguardo all'ipotesi più grave relativa alla direzione del sodalizio, con conseguente attrazione anche delle mere condotte di partecipazione, rispetto alle quali non è possibile determinare lo spostamento della competenza, anche ove risultino connesse con reati mezzo più gravi rispetto alla sola partecipazione. Infatti, l'eventuale procedimento a carico dei partecipi alla medesima associazione deve ritenersi necessariamente connesso, ai sensi dell'art. 12, comma primo lett. a),  a quello nei confronti dei partecipi di rango primario (Sez. 6, 2629/2022).

In materia di identificazione dei criteri per la individuazione della competenza territoriale in materia di reati associativi, la Cassazione ha rilevato che «la giurisprudenza è estremamente divisa, essendo enucleabili nel suo ambito orientamenti che evocano tre distinti criteri: (a) quello del luogo in cui l’associazione si è costituita. Si afferma, in particolare, che il delitto di associazione per delinquere (art. 416 Cod. pen.), reato di natura permanente, si consuma nel momento e nel luogo di costituzione del vincolo associativo diretto allo scopo comune; ove difetti la prova relativa al luogo ed al momento della costituzione dell’associazione, soccorre il criterio sussidiario e presuntivo del luogo del primo reato commesso o, comunque, del primo atto diretto a commettere i delitti programmati; ove non sia ancora possibile determinare la competenza per territorio secondo le regole innanzi descritte, deve attribuirsi rilievo al luogo in cui fu compiuto il primo atto del procedimento (Sez. 4, 35229/2005); nel medesimo senso, sempre con riguardo all’associazione ex art. 416 Cod. pen., Sez. 2, 26285/2009, per la quale “la determinazione della competenza territoriale per il reato associativo è affidata, in difetto di elementi certi in ordine alla genesi del vincolo associativo, a criteri presuntivi che guardano al luogo in cui il sodalizio criminoso si è manifestato per la prima volta, o a quello in cui si sono concretizzati i primi segni di operatività”, ragionevolmente utilizzabili come elementi sintomatici della genesi dell’associazione nello spazio; privo di rilievo è, invece, il luogo di consumazione dei singoli reati oggetto del pactum sceleris (Sez. 3, 35521/2007; conforme, Sez. 6, 26010/2004); (b) quello del luogo in cui l’associazione ha iniziato concretamente ad operareQuesto criterio è stato accolto, con riguardo all’associazione ex art. 416 Cod. pen., da Sez. 3, 24263/2007 secondo cui “la competenza per territorio per il reato permanente di associazione per delinquere va attribuita al giudice del luogo in cui la consumazione del reato ha avuto inizio, il quale coincide con il momento in cui l’operatività del sodalizio criminoso divenga esternamente percepibile per la prima volta, non con quello della costituzione del sodalizio”; (c) quello del luogo in cui hanno avuto luogo la programmazione, ideazione e direzione dell’associazioneQuesto criterio è stato accolto da Sez. 1, 25 novembre 1996, per la quale, “al fine della determinazione della competenza per territorio di un reato associativo, occorre far riferimento al luogo in cui ha sede la base ove si svolgono le attività di programmazione e di ideazione riguardanti l’associazione, essendo irrilevante il luogo di commissione dei singoli reati riferibili all’associazione; tuttavia, qualora ci si trovi in presenza di un’organizzazione criminale composta da vari gruppi operanti su di un vasto territorio nazionale ed estero, i cui raccordi per il conseguimento dei fini dell’associazione prescindono dal territorio, né sono collegati allo stesso per la realizzazione dei suddetti fini, la competenza per territorio in ordine al reato associativo non può essere individuata sulla base di elementi i quali, pur essendo rilevanti ai fini probatori per l’accertamento della responsabilità degli imputati, non risultano particolarmente significativi ai fini della determinazione della competenza territoriale, essendo in contrasto con altri elementi ben più significativi, i quali lasciano desumere che il luogo di programmazione e di ideazione dell’attività riferibile all’associazione non possa essere individuato con certezza” (la riassunzione si deve a Sez. 2, 41012/2018 che ha aderito al terzo orientamento).

In tema di reati associativi, la competenza per territorio si determina in relazione al luogo in cui ha sede la base ove si svolgono programmazione, ideazione e direzione delle attività criminose facenti capo al sodalizio, assumendo rilievo non tanto il luogo in cui si è radicato il “pactum sceleris”, quanto quello in cui si è effettivamente manifestata e realizzata l’operatività della struttura. A tale criterio può essere aggiunto quello del luogo in cui la struttura organizzata inizia ad essere operativa o, in altre parole, il luogo in cui si realizza un minimum di mantenimento della situazione antigiuridica necessaria per la sussistenza del reato, coincidente con quello in cui sono programmate, ideate e dirette le attività dell’associazione, ovvero in quello nel quale si esteriorizza l’associazione attraverso l’esecuzione dei delitti programmati, in tal modo manifestandosi e realizzandosi, secondo un criterio di effettività, l’operativa della società criminosa (Sez. 5, 32362/2018).

La competenza per territorio, nel caso in cui non sia possibile individuare, a norma degli artt. 8 e 9, comma 1, il luogo di commissione del reato connesso più grave, spetta al giudice del luogo nel quale risulta commesso, in via gradata, il reato successivamente più grave fra gli altri reati; quando risulti impossibile individuare il luogo di commissione per tutti i reati connessi, la competenza spetta al giudice competente per il reato più grave, individuato secondo i criteri suppletivi indicati dall’art. 9, commi 2 e 3 (Sez. 1, 31335/2018).

L’art. 8 comma 3 radica la competenza territoriale nel luogo in cui ha avuto inizio la consumazione del reato permanente. Ora, l’art. 73, comma 1 DPR 309/1990 introduce un reato a fattispecie alternative, la cui realizzazione congiunta comporta l’assorbimento, sotto il profilo sanzionatorio, delle diverse condotte in un unico reato, senza peraltro che le stesse perdano la loro autonoma rilevanza ai fini della determinazione del giudice competente per territorio, che deve, dunque, essere individuato in quello dell’ultimo luogo in cui è stata accertata con certezza una frazione della complessiva condotta criminosa (Sez. 4, 25561/2018).

La sentenza dichiarativa di fallimento determina il tempus ed il locus commissi delicti, con ciò che ne consegue anche in termini di competenza territoriale del reato di bancarotta (Sez. 5, 12365/2018).