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Art. 541 - Condanna alle spese relative all’azione civile

1. Con la sentenza che accoglie la domanda di restituzione o di risarcimento del danno, il giudice condanna l’imputato e il responsabile civile in solido al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, salvo che ritenga di disporne, per giusti motivi, la compensazione totale o parziale.

2. Con la sentenza che rigetta la domanda indicata nel comma 1 o che assolve l’imputato per cause diverse dal difetto di imputabilità, il giudice, se ne è fatta richiesta, condanna la parte civile alla rifusione delle spese processuali sostenute dall’imputato e dal responsabile civile per effetto dell’azione civile, sempre che non ricorrano giustificati motivi per la compensazione totale o parziale. Se vi è colpa grave, può inoltre condannarla al risarcimento dei danni causati all’imputato o al responsabile civile.

Rassegna giurisprudenziale

Condanna alle spese relative all’azione civile (art. 541)

È emendabile, ai sensi dell'art. 130, la sentenza di conferma resa dal giudice di appello all'esito di rito ordinario che abbia omesso di condannare l'imputato al pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte civile nel grado, qualora non risultino dalla motivazione elementi indicativi della volontà del giudice di disporre la compensazione, totale o parziale, di dette spese ed emerga, invece, la giustificazione del pagamento in favore della parte civile (Sez. 4, 5805/2021).

La condanna alle spese processuali, a norma dell’art. 541, trova il suo fondamento nell’esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un’attività processuale per ottenere il riconoscimento e l’attuazione di un suo diritto; ne consegue che essa non può essere pronunziata in favore della parte civile vittoriosa che non abbia partecipato al giudizio d’appello, poiché essa, non avendo espletato alcuna attività processuale, non ha sopportato spese al cui rimborso abbia diritto (Sez. 2, 6965/2019).

Due sono dunque i presupposti per la condanna alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile: la partecipazione al giudizio della parte e la condanna al risarcimento o alle restituzioni in suo favore (Sez. 5, 3309/2018).

In caso di inammissibilità o rigetto della impugnazione dell’imputato, la parte civile non ha diritto alla refusione delle spese processuali sostenute, solo qualora, dall’eventuale accoglimento dell’impugnazione proposta, non possa derivare alcun pregiudizio, non avendo, in tale caso, la parte civile alcun interesse a formulare proprie conclusioni nel giudizio (Sez. 6, 8326/2015).

L’art. 541 comma 2 richiede espressamente la colpa grave come condizione per poter condannare la parte civile al risarcimento dei danni causati all’imputato (Sez. 6, 20131/2015).

A proposito del pagamento delle spese processuali in favore della parte civile costituita, attesa la sua pertinenza ad una domanda privatistica innestata nel giudizio penale, il regime adottato dal legislatore in via ordinaria, con il primo comma dell’art. 541, è fondato sul criterio della soccombenza, in analogia con quanto disposto all’art. 91 Cod. proc. civ.; l’analogia si estende, per altro, alla possibilità di disporre la compensazione parziale o totale delle spese, quando ricorrano giusti motivi (ultima parte del citato art. 541 comma 1), così come previsto nel rito civile dal comma 2 dell’art. 92 Cod. proc. civ. (Sez. 6, 31744/2003).

La violazione del principio della soccombenza, in ordine al regolamento delle spese da parte del giudice di merito, deve ravvisarsi soltanto nell’ipotesi in cui l’imputato sia totalmente vittorioso, nel senso che lo stesso sia stato assolto con formula preclusiva dell’azione civile, mentre è legittima la condanna dell’imputato al pagamento delle spese verso la parte civile quando la responsabilità sia stata confermata, pur in presenza di accoglimento dell’impugnazione sotto altri profili (Sez. 4, 44777/2007).

L’art. 541 prevede al comma 1 che “Con la sentenza che accoglie la domanda di restituzione o di risarcimento del danno, il giudice condanna l’imputato e il responsabile civile in solido al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, salvo che ritenga di disporne, per giusti motivi, la compensazione totale o parziale”.

Sul presupposto, di carattere generale, che le spese processuali seguono la soccombenza, la norma in esame, dispone che con la sentenza che accoglie la domanda di restituzione o di risarcimento del danno, il giudice condanni l’imputato e il responsabile civile in solido al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, salvo che ritenga di disporne, per giusti motivi, la compensazione totale o parziale.

È condizione necessaria una pronuncia sulla restitutio in integrum o sul risarcimento del danno, che a sua volta postula, a norma dell’art. 538, comma 1, una declaratoria di condanna dell’imputato.

La disposizione in esame, dunque, pur non attribuendo al giudice alcuna discrezionalità in merito all’an della decisione di condannare l’imputato alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla parte civile quando pronunci sentenza di condanna (come si desume dall’espressione utilizzata “il giudice condanna”), subordina, tuttavia, esplicitamente, la statuizione condannatoria, da un lato, all’adozione di una sentenza che accoglie la domanda di restituzione o di risarcimento del danno e, implicitamente, all’iniziativa di parte.

La necessità di una “domanda” della parte civile finalizzata alla rifusione delle spese processuali è indubbiamente desumibile dal sistema, sia perché è difficile ipotizzare una decisione restitutoria o risarcitoria che non presupponga una previa domanda, sia perché l’art. 153 Att. esplicitamente prevede, per la parte civile, l’onere di presentazione di una nota spese contestualmente alle conclusioni.

Se è ben vero che, non comminando l’art. 153 Att. alcuna sanzione di nullità o inammissibilità per l’inosservanza del dovere della parte civile di produrre l’apposita nota, la mancanza di questa, ove la domanda di rifusione sia stata tempestivamente proposta, non ne preclude la liquidazione in favore della stessa parte civile sulla base della tariffa professionale vigente, con esclusione del rimborso delle spese vive in relazione alle quali, viceversa, è necessaria la specificazione e l’allegazione di adeguata documentazione probatoria, è altrettanto vero, però, che condizione necessaria per la liquidazione delle spese è che la parte abbia svolto attività defensionale nel grado, sostenendo le relative spese processuali, in quanto presupposto per ottenerne la rifusione è che la parte le abbia effettivamente sostenute (Sez. 3, 11097/2014).

Considerata la peculiarità della posizione della parte civile, che, pur nell’ambito del processo penale, esercita comunque un’azione civile - sia necessario raccordare l’art. 541 con la disciplina dettata dal legislatore con riguardo alle spese processuali da liquidare nel processo civile, ossia con l’art. 97 Cod. proc. civ.; detta norma prevede che “se le parti soccombenti sono più, il giudice condanna ciascuna di esse alle spese e ai danni in proporzione del rispettivo interesse nella causa, potendo anche pronunciare condanna solidale di tutte o di alcune di esse, quando hanno interesse comune (Sez. 5, 21714/2018).

Nel caso di parte civile costituita nei confronti di più imputati, ricorrendone le condizioni prima indicate, ben può essere disposta la solidarietà nel pagamento delle spese processuali in favore dell’anzidetta parte, non potendo avere alcun rilievo, in senso contrario, la norma dettata dall’art. 535 che, disciplinando le spese relative al processo penale, ha un presupposto ed un ambito applicativo diversi rispetto a quelli dell’art. 541 citato, in quanto ciò che viene in rilievo è la statuizione sulle spese processuali attinenti ad un’azione civile (Sez. 2, 1681/2017).

È illegittimo il provvedimento con cui il giudice, nel dichiarare l’inammissibilità dell’opposizione al decreto penale, condanna l’imputato alla rifusione delle spese di costituzione di parte civile, atteso che la condanna al risarcimento e alle restituzioni non è prevista dalla disciplina del rito speciale in oggetto e risulta comunque incompatibile con la stessa (Sez. 1, 44282/2014).

Nell’ipotesi in cui, al momento della pronuncia di primo grado, il reato sia estinto per prescrizione e sia quindi venuto meno il presupposto per la condanna ai danni ed alla provvisionale, il giudice di merito non ha il potere di decidere sull’azione civile; pertanto, esclusa ex art. 578 la legittimità di qualsiasi decisione agli effetti civili, poiché presupposto della condanna alle spese relative all’azione civile è, a norma dell’art. 541, l’accoglimento della domanda di restituzione o di risarcimento del danno, anche la condanna alla rifusione delle spese disposta dalla sentenza impugnata è illegittima e deve essere annullata (Sez. 5, 24275/2015).