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Art. 745 - Richiesta di misure cautelari all’estero

1. Se è domandata l’esecuzione di una pena restrittiva della libertà personale e il condannato si trova all’estero, il Ministro della giustizia ne richiede la custodia cautelare.

2. Nel domandare l’esecuzione di una confisca, il ministro ha facoltà di richiedere il sequestro.

2-bis. Il Ministro ha altresì facoltà, nei casi previsti da accordi internazionali, di richiedere lo svolgimento di indagini per l’identificazione e la ricerca di beni che si trovano all’estero e che possono divenire oggetto di una domanda di esecuzione di confisca, nonché di richiedere il loro sequestro.

Rassegna giurisprudenziale

Richiesta di misure cautelari all’estero (art. 745)

Si è andata sviluppando accanto alla specifica branca del diritto internazionale avente ad oggetto la disciplina della collaborazione giudiziaria per la ricerca della verità ed il corretto svolgimento dell’attività giurisdizionale, comunemente denominata assistenza giudiziaria in materia penale, la peculiare normativa volta alla esecuzione di misure reali (di natura preventiva o sanzionatoria), volte a colpire il provento o gli strumenti del reato, siano esse provvisorie o definitive.

Mentre l’assistenza giudiziaria presuppone in ogni caso la «temporaneità» o comunque la stretta connessione funzionale dell’atto richiesto alle esigenze del processo, la cooperazione a fini di confisca mira invece ad assicurare la definitiva esecuzione della misura reale ed è stata pertanto sottoposta a più stringenti regole, in ragione della obiettiva maggiore invasività dell’atto richiesto, anche là dove siano richieste misure provvisorie per preservare la successiva realizzazione della misura ablatoria definitiva.

In sede europea, la disciplina di quest’ultima forma di cooperazione è contenuta dalla Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, Strasburgo, dell’8 novembre 1990 (disciplina che solo in ambito UE in tempi recenti è stata abbandonata per fare spazio a più moderni e strumenti, ispirati al principio del mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie).

La distinzione presente nella regolamentazione internazionale tra queste due forme di cooperazione si rinviene specularmente nel codice di rito italiano che delinea un doppio binario e quindi una disciplina diversificata (anche in punto di competenze) per le «rogatorie» (volte cioè all’attività di «acquisizione probatoria») e per la cooperazione a fini di confisca, incasellata nell’ambito della materia della esecuzione di sentenze, all’interno della quale ha regolato anche le indagini e il sequestro a scopo di confisca.

Sul piano interno, la natura «ibrida» delle richieste di cooperazione giudiziaria – come quella in esame diretta tanto ad acquisire a scopo probatorio la documentazione bancaria relativa ad un conto corrente tanto al sequestro «a fini di confisca» della somma sullo stesso giacente – e la assenza di disposizioni di adattamento fa ritenere che, in considerazione dello strumento di cooperazione utilizzato (di assistenza giudiziaria), debbano applicarsi le regole tipiche della mutua assistenza tra autorità giudiziarie, con l’effetto che, relativamente alla fase attiva, siano le autorità giudiziarie nazionali (e per l’Italia quindi non il Ministro della giustizia, come previsto invece per le indagini e il sequestro a scopo di confisca dall’art. 745, comma 2-bis) ad essere competenti alla loro formulazione.

Quanto poi alla AG italiana, competente a presentare una siffatta richiesta, deve ritenersi legittimato nella fase delle indagini preliminari anche il PM. Una volta così ricostruito il quadro normativo, si tratta di stabilire quali siano i rimedi offerti dall’ordinamento italiano avverso la misura oggetto della richiesta di assistenza.

Le Sezioni unite, pronunciandosi in tema di rogatoria diretta all’esecuzione all’estero di un sequestro probatorio, hanno tracciato le linee esegetiche per dare corretta soluzione al problema, abbandonando un tradizionale filone giurisprudenziale che, sulla base della vis actractiva del principio locus regit actum, lasciava del tutto privo l’interessato di rimedi giurisdizionali nello Stato richiedente (SU, 21420/2003).

In definitiva, si è rilevato che se è vero che l’esecuzione del provvedimento coercitivo è riferibile alla sola AG dello Stato nel quale questo è eseguito, davanti alla quale l’interessato può attivare il regime di impugnazione previsto da quell’ordinamento, è anche vero che deve essere riconosciuta all’interessato la possibilità di ottenere anche dalla giurisdizione dello Stato richiedente un controllo sulla sussistenza dei «presupposti cui è condizionata l’ammissibilità dell’assistenza giudiziaria internazionale, talora anche la plausibilità della misura richiesta», in quanto solo a quest’ultima giurisdizione di norma compete tale valutazione (Sez. 6, 52918/2016).