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Art. 729-bis - Acquisizione di atti e informazioni da autorità straniere

1. La documentazione relativa ad atti e a informazioni spontaneamente trasmessi dall’autorità di altro Stato può essere acquisita al fascicolo del pubblico ministero.
2. L’autorità giudiziaria è vincolata al rispetto delle condizioni eventualmente poste all’utilizzabilità degli atti e delle informazioni spontaneamente trasmessi a norma del comma 1.

Rassegna giurisprudenziale

Acquisizione di atti e informazioni da autorità straniere (729-bis)

Il Protocollo alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria, firmato il 16 ottobre 2001 ed entrato in vigore il 5 ottobre 2005, ha abrogato l’art. 50, 3, della Convenzione del 19 giugno 1990 per l’applicazione dell’Accordo di Schengen, con la conseguenza che è venuto meno, per i Paesi aderenti alla suddetta Convenzione, il limite alla utilizzazione degli atti trasmessi nell’ambito di una procedura rogatoriale in procedimenti diversi da quello nel quale sia stata accolta la richiesta, salvo che tale limite sia apposto dal Paese concedente nell’atto di trasmissione (Sez. 5, 26885/2016).

L’utilizzazione degli atti di indagine compiuti in territorio estero dalla polizia straniera, ai fini della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per l’adozione di provvedimenti cautelari, non è condizionata all’accertamento, da parte del giudice italiano, della regolarità degli atti compiuti dall’autorità straniera, vigendo una presunzione di legittimità dell’attività svolta e spettando al giudice straniero la verifica della correttezza della procedura e l’eventuale risoluzione di ogni questione relativa alle irregolarità riscontrate (Sez. 5, 1405/2017).

La sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza richiesti per l’adozione di provvedimenti di cautela personale nella fase delle indagini preliminari può essere accertata anche mediante l’acquisizione della documentazione di atti compiuti autonomamente da autorità straniere in un diverso procedimento penale all’estero, anche al di fuori dei limiti stabiliti per la loro utilizzabilità dagli artt. 238 e 78 Att., sempre che detta attività non si ponga in contrasto con norme inderogabili e principi fondamentali, che, però, non si identificano necessariamente con il complesso delle regole dettate dal codice di rito.

Infatti, l’utilizzazione degli atti non ripetibili compiuti in territorio estero dalla polizia straniera e acquisiti nel fascicolo per il dibattimento non è condizionata all’accertamento, da parte del giudice italiano, della regolarità degli atti compiuti dall’autorità straniera – vigendo una presunzione di legittimità dell’attività svolta e spettando al giudice straniero la verifica della correttezza della procedura e l’eventuale risoluzione di ogni questione relativa alle irregolarità riscontrate – bensì alla compatibilità del diritto straniero sulla base del quale l’atto sia compiuto con i principi inderogabili dell’ordinamento interno, spettando, comunque, a colui che eccepisca il difetto di compatibilità darne la prova, tanto più ove si tratti di Paese membro dell’Unione europea (Sez. 5, 45002/2016).

In tema di utilizzabilità di atti assunti per rogatoria, le intercettazioni telefoniche ritualmente compiute da un’Autorità di polizia straniera e da questa trasmesse propria iniziativa, ai sensi dell’art. 3, comma 1, della Convenzione Europea di assistenza giudiziaria firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959, ratificata con I. 23 febbraio 1961 n. 215, e dell’art. 46 dell’Accordo di Schengen, ratificato con 1.30 settembre 1993 n. 388, senza l’apposizione di “condizioni all’utilizzabilità”, alle Autorità italiane interessate alle informazioni, rilevanti ai fini dell’assistenza per la repressione di reati commessi sul loro territorio, possono essere validamente acquisite al fascicolo del PM, ai sensi dell’art. 78, comma 2, Att., trattandosi di atti non ripetibili compiuti dalla polizia straniera (Sez. 1, 42478/2002).

L’utilizzazione degli atti trasmessi spontaneamente da autorità straniere non è condizionata all’accertamento, da parte del giudice italiano, della regolarità degli atti compiuti dall’autorità straniera, vigendo una presunzione di legittimità dell’attività svolta e spettando al giudice straniero la verifica della correttezza della procedura e l’eventuale risoluzione di ogni questione relativa alle irregolarità riscontrate (Sez. 2, 24776/2010), bensì alla compatibilità del diritto straniero sulla base del quale l’atto è stato compiuto con i principi inderogabili dell’ordinamento interno.

E poiché il diritto straniero è un “fatto” spetta a chi eccepisce il difetto di compatibilità dimostrarne il contenuto, tanto più laddove si tratti – come nel caso di specie – del diritto di un Paese membro dell’Unione Europea (Sez. 5, 570/2017).