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Art. 729 - Utilizzabilità degli atti assunti per rogatoria

1. Nei casi in cui lo Stato estero abbia posto condizioni all’utilizzabilità degli atti richiesti, l’autorità giudiziaria è vincolata al rispetto di tali condizioni.
2. Se lo Stato estero dà esecuzione alla richiesta di assistenza con modalità diverse da quelle indicate dall’autorità giudiziaria ai sensi dell’articolo 727, comma 9, gli atti compiuti sono inutilizzabili solo nei casi in cui l’inutilizzabilità è prevista dalla legge.

3. Non possono in ogni caso essere utilizzate le dichiarazioni, da chiunque rese, aventi ad oggetto il contenuto di atti inutilizzabili.

4. Si applica la disposizione dell’articolo 191, comma 2.

Rassegna giurisprudenziale

Utilizzabilità degli atti assunti per rogatoria (art. 729)

L’art. 50 della Convenzione del 19 giugno 1990 per l’applicazione dell’Accordo di Schengen, è stato abrogato dall’art. 8 comma 3 del Protocollo alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria, firmato il 16 ottobre 2001 ed entrato in vigore il 5 ottobre 2005.

Abrogazione la cui ratio è coerente alla più recente evoluzione del panorama normativo internazionale e comunitario, tesa a rendere non solo e non tanto più rapida, semplice ed efficace la mutua assistenza giudiziaria, ma soprattutto diretta a superare il concetto di “assistenza” per sostituirvi quello di “cooperazione”, ritenuta necessaria per una più efficace lotta contro il crimine transnazionale, sul presupposto della sostanziale conformità degli ordinamenti degli Stati dell’area europea agli stessi fondamentali principi di tutela dei diritti fondamentali della persona e sulla base della mutua fiducia nella capacità degli Stati stessi di garantire un processo equo.

Alla luce della menzionata abrogazione, deve dunque ritenersi venuto meno il limite all’utilizzazione esterna degli atti trasmessi nell’ambito di una procedura rogatoriale istituita tra paesi aderenti alla suddetta Convenzione a meno che dei limiti in tal senso non siano stati espressamente apposti all’atto della trasmissione dal Paese concedente (Sez. 5, 45002/2016).

La sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza richiesti per l’adozione di provvedimenti di cautela personale nella fase delle indagini preliminari può essere accertata anche mediante l’acquisizione della documentazione di atti compiuti autonomamente da autorità straniere in un diverso procedimento penale all’estero, anche al di fuori dei limiti stabiliti per la loro utilizzabilità dagli artt. 238 e 78 Att.

Principio questo che, per altrettanto consolidato insegnamento giurisprudenziale, trova un limite nell’eventuale contrasto con norme inderogabili e principi fondamentali, che non si identificano necessariamente con il complesso delle regole dettate dal codice di rito.

L’utilizzazione degli atti trasmessi non è però condizionata all’accertamento, da parte del giudice italiano, della regolarità degli atti compiuti dall’autorità straniera, vigendo una presunzione di legittimità dell’attività svolta e spettando al giudice straniero la verifica della correttezza della procedura e l’eventuale risoluzione di ogni questione relativa alle irregolarità riscontrate, bensì alla compatibilità del diritto straniero sulla base del quale l’atto è stato compiuto con i principi inderogabili dell’ordinamento interno.

E poiché il diritto straniero è un “fatto” spetta a chi eccepisce il difetto di compatibilità dimostrarne il contenuto, tanto più laddove si tratti del diritto di un Paese membro dell’UE (Sez. 5, 26885/2016).

In tema di rogatoria internazionale all’estero, la mancata prova dell’adempimento delle modalità previste dall’ordinamento italiano e indicate dall’autorità rogante nel formulare la domanda di assistenza giudiziaria a norma dell’art. 727, comma 5-bis, determina l’inutilizzabilità degli atti compiuti dall’autorità straniera, ai sensi dell’art. 729, comma 1-bis (Sez. 4, 25050/2010).

Solo nel caso che da parte dell’autorità rogante vengano richieste alla autorità straniera particolari modalità di acquisizione della prova, può parlarsi di un inadempimento che può dar luogo ad una inutilizzabilità; ma laddove la richiesta di assistenza all’esecuzione dell’attività rogatoria venga formulata in termini di mera richiesta di assistenza delle parti e comunicazione preventiva all’autorità italiana del luogo giorno ed ora dell’atto istruttorio, conformemente a quanto previsto dall’art. 4 della Convenzione di Strasburgo, la circostanza che l’AG rogata non abbia avvisato previamente quella italiana non dà luogo ad una irregolarità, in sè, nella forma di assunzione della prova, assunzione poi avvenuta ritualmente in base alle regole vigenti nello Stato richiesto.

In ultima analisi va verificata la possibilità, per lo Stato rogante di chiedere, in sede di rogatoria che le attività invocate siano espletate previo avviso all’autorità richiedente; ancora la doverosità, da parte dello Stato rogato, di ottemperare alla richiesta pena, in caso contrario, la sanzione di inutilizzabilità prevista dall’art. 729, comma 1-bis. Infatti l’art. 4 della Convenzione di Strasburgo prevede espressamente che l’Autorità richiedente e le persone in causa possano assistere all’esecuzione dell’attività rogata se l’autorità richiesta lo consenta sicché compete all’autorità straniera consentire o meno la partecipazione della richiedente autorità italiana e delle parti in causa all’assunzione degli atti rogatoriali (Sez. 3, 20850/2017).

In tema di rogatorie internazionali all’estero, l’acquisizione di copie non singolarmente autenticate di atti investigativi non rende tali atti inutilizzabili, considerato che, in base alla consolidata prassi internazionale instauratasi in materia, che prevale rispetto agli enunciati testuali degli artt. 696 comma 1 e 729 comma 1, l’atto formale di trasmissione da parte dell’autorità straniera richiesta garantisce implicitamente l’autenticità e la conformità degli atti trasmessi in semplice fotocopia (Sez. 6, 46249/2016).

In tema di rogatorie internazionali all’estero, la disciplina del codice di rito, pur dopo la novella operata con la L. 367/2001, e le disposizioni della Convenzione in materia di assistenza giudiziaria in ambito europeo non impongono che i documenti provenienti da un Paese aderente alla Convenzione del Consiglio d’Europa, per essere ritualmente acquisiti, siano forniti ciascuno di una certificazione di autenticità, perché è la stessa trasmissione, per mezzo degli ordinari canali codificati anche nella concreta prassi applicativa, a costituire rituale risposta alla richiesta di assistenza giudiziaria (Sez. 6, 33519/2006).

Non trova applicazione la disciplina sulla inutilizzabilità degli atti prevista per le rogatorie all’estero dall’art. 729, con conseguente validità dei provvedimenti trasmessi dall’autorità estera privi di singole autentiche, allorché non ne sia contestata la provenienza, anche quando gli stessi siano stati inoltrati nella forma di semplici comunicazioni a mezzo fax, con annotazione sui documenti del numero dell’apparecchio ricevente e trasmittente, in coerenza con la regolamentazione interna ed euro-unitaria della procedura di consegna, improntata al riconoscimento ed alla libera circolazione delle decisioni giudiziarie tra i paesi della Unione Europea fuori da ogni inutile appesantimento burocratico (Sez. 1, 16648/2015).

Non è necessaria l’attivazione di commissione rogatoria col paese straniero, se le autorità competenti di quel paese, come nel caso concreto, hanno messo spontaneamente ed autonomamente a disposizione dello Stato italiano i verbali di arresto dei corrieri e gli atti collegati, per i quali pertanto non si applicano le regole sull’inutilizzabilità speciale previste dall’art. 729 (Sez. 6, 12387/2018).

Sono legittime e utilizzabili senza necessità di una previa procedura di rogatoria internazionale le intercettazioni di conversazioni avvenute tra un’utenza situata in territorio maltese e utenze situate nel territorio degli Emirati arabi dal momento che la rete delle comunicazioni utilizzata dalla Repubblica di Malta è costituita da cavi sottomarini collegati con nodi di smistamento ubicati in Sicilia. Si verifica in tal modo un transito dei dati nel territorio italiano e questo è sufficiente a radicare la giurisdizione interna (Sez. 3, 24305/2017).

In tema di rogatorie internazionali vige la prevalenza della lex loci sulla lex fori. Sono dunque utilizzabili captazioni eseguite nei Paesi Bassi in accordo alla legislazione di quello Stato purché, in applicazione del combinato disposto degli artt. 27 e 31 Preleggi e 191 e 729, la prova non sia stata acquisita in contrasto con principi fondamentali e inderogabili dell’ordinamento giuridico italiano e quindi con l’inviolabile diritto di difesa (Sez. 2, 2174/2017).

È legittima l’attività di intercettazione telefonica di conversazioni internazionali, eseguite in assenza di rogatoria internazionale, attraverso la cd. “procedura per istradamento”, che comporta il convogliamento, attraverso il gestore nazionale, dei flussi comunicativi partenti da una zona sita all’estero verso nodi presenti sul territorio italiano (Sez. 3, 10788/2016).

I medesimi principi si applicano anche alle conversazioni originate e destinate a Paesi esteri che abbiano luogo attraverso utenze estere utilizzate da cittadini stranieri, atteso che, anche in tal caso, i flussi comunicativi vengono captati in corrispondenza dei nodi telefonici presenti sul territorio italiano e finanche nei casi in cui gli stessi, anche parzialmente, insistano sullo spazio soggetto alla sovranità italiana.

Viceversa, qualora l’intercettazione debba essere eseguita in regime di extraterritorialità, nel senso che l’attività di indagine sia compiuta all’estero ovvero l’intercettazione sia compiuta in relazione a comunicazioni che si svolgano interamente in altro Stato e tra utenze straniere, deve ritenersi necessario procedere alla rogatoria internazionale.

Infatti, ciò che rileva non è la nazionalità dell’utenza da intercettare quanto se l’intercettazione sia compiuta o meno nel territorio italiano, atteso che, ritenendo necessaria, anche in quest’ultimo caso, l’avvio della procedura di cui agli artt. 727 e ss. ne risulterebbe stravolto il concetto stesso di rogatoria internazionale, in relazione al suo oggetto, non essendo concepibile una richiesta di assistenza giudiziaria ad uno Stato estero per un’attività interamente espletata nel territorio nazionale (Sez. 3, 19424/2014).

Ne consegue, pertanto, che nel caso di specie non è configurabile alcun vulnus all’art. 8 § 2 della Convenzione EDU, nella parte in cui esso richiede che le disposizioni limitative siano accessibili alla persona interessata, la quale deve poterne prevedere le conseguenze per sé (Corte EDU, Khan c. Regno Unito, n. 35394/97 § 26; Corte EDU, Coban c. Spagna, decisione 17060102, 25 settembre 2006).

Ed ancora: ove l’atto investigativo sia compiuto nel territorio italiano, sfruttando un nodo telefonico situato in Italia, e senza procedere ex art. 727 all’uso preventivo della rogatoria internazionale, l’attività captativa deve considerarsi realizzata nel contesto di un adeguato sistema di garanzie, sicché l’intrusione nella vita privata altrui che si realizza con le intercettazioni non viola il diritto del singolo al rispetto della sua vita privata e delle sue comunicazioni, riconosciuto dall’art. 8 CEDU (Corte EDU, sentenza del 23/02/2016, ricorso n. 28819/12, Capriotti c. Italia) (la riassunzione si deve a Sez. 3, 24305/2017).

Possono essere utilizzate in un procedimento italiano le intercettazioni disposte in procedimenti penali svoltisi all’estero, acquisite per rogatoria dall’AG italiana, purché siano rispettate le condizioni eventualmente poste dall’autorità estera all’utilizzabilità degli atti richiesti e sempre che le intercettazioni stesse siano avvenute nel rispetto delle regole formali e sostanziali che le disciplinano e altresì nel rispetto dei fondamentali principi di garanzia, aventi rilievo di ordine costituzionale, propri del nostro ordinamento. (Sez. 5, 12010/2017).

Sono  acquisibili al fascicolo del PM, ai sensi dell’art. 78 comma 2 Att., le intercettazioni telefoniche ritualmente compiute da un’autorità di polizia straniera e da questa trasmesse di propria iniziativa, ai sensi dell’art. 3, comma 1, della Convenzione Europea di assistenza giudiziaria firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959, ratificata con l. 23 febbraio 1961 n. 215, e dell’art. 46 dell’Accordo di Schengen, ratificato con L. 30 settembre 1993 n. 388, senza l’apposizione di “condizioni all’utilizzabilità”, alle Autorità italiane interessate alle informazioni, rilevanti ai fini dell’assistenza per la repressione di reati commessi sul loro territorio (Sez. 1, 42478/2002).

Nel giudizio di prevenzione sono utilizzabili tutti gli elementi probatori legittimamente acquisiti nell’ambito di altri procedimenti, ivi compresi quelli ricavabili da atti legalmente ottenuti mediante richiesta ad un’Autorità estera, dovendosi precisare che le cause di inutilizzabilità degli atti assunti per rogatoria sono tassativamente indicate nell’art. 729 e non sono rinvenibili nella fattispecie. Peraltro, se le misure di prevenzione patrimoniale non hanno natura di sanzione penale, ciò non vuol dire che esse non siano comprese nella materia lato sensu penale posto che esse hanno lo scopo di impedire l’utilizzazione di beni di illecita provenienza e che il relativo procedimento è regolato anche dal codice di procedura penale mediante rinvio all’art. 666 che disciplina il procedimento per l’applicazione delle misure di sicurezza (Sez. 2, 26905/2017).

La sanzione di inutilizzabilità prevista dall’art. 729 comma 1 concerne esclusivamente l’acquisizione o la trasmissione di documenti o di altri mezzi di prova provenienti dall’AG estera tramite rogatoria internazionale, e quindi la suddetta sanzione di inutilizzabilità, avente natura speciale, non è applicabile in via estensiva o analogica al di fuori dello specifico ambito nel quale essa è prevista, cioè quello delle rogatorie “all’estero”, sicché ne va esclusa l’applicazione nel caso, come quello in esame, di acquisizione di informazioni o documenti, spontaneamente forniti da soggetto residente o avente sede all’estero. Trattandosi di atti autonomamente acquisiti dalla parte va ad essi applicata la disciplina delle produzioni documentali, di cui agli artt. 234 (Sez. 3, 39379/2016).