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Art. 544 - Redazione della sentenza

1. Conclusa la deliberazione, il presidente redige e sottoscrive il dispositivo. Subito dopo è redatta una concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la sentenza è fondata.

2. Qualora non sia possibile procedere alla redazione immediata dei motivi in camera di consiglio, vi si provvede non oltre il quindicesimo giorno da quello della pronuncia.

3. Quando la stesura della motivazione è particolarmente complessa per il numero delle parti o per il numero e la gravità delle imputazioni, il giudice, se ritiene di non poter depositare la sentenza nel termine previsto dal comma 2, può indicare nel dispositivo un termine più lungo, non eccedente comunque il novantesimo giorno da quello della pronuncia.

3-bis. Nelle ipotesi previste dall’articolo 533, comma 3-bis, il giudice provvede alla stesura della motivazione per ciascuno dei procedimenti separati, accordando precedenza alla motivazione della condanna degli imputati in stato di custodia cautelare. In tal caso il termine di cui al comma 3 è raddoppiato per la motivazione della sentenza cui non si è accordata precedenza.

Rassegna giurisprudenziale

Redazione della sentenza (art. 544)

L'adempimento della lettura della sentenza, comprensiva di dispositivo e motivazione ove questa sia contestuale, deve risultare con certezza, ai fini della pubblicazione e, quindi, della decorrenza del termine di impugnazione, dal verbale di udienza che costituisce unico dato rilevante ai fini della decorrenza del termine di impugnazione non essendo a tal fine sufficiente la mera indicazione della contestualità della motivazione riportata nel frontespizio della sentenza (Sez. 4, 44087/2021).

Contrasto tra dispositivo e motivazione

In caso di contrasto tra dispositivo e motivazione non contestuali, il carattere unitario della sentenza, in conformità al quale l’uno e l’altra, quali sue parti, si integrano naturalmente a vicenda, non sempre determina l’applicazione del principio generale della prevalenza del primo in funzione della sua natura di immediata espressione della volontà decisoria del giudice; invero, qualora nel dispositivo ricorra un errore materiale obiettivamente riconoscibile, il contrasto con la motivazione è meramente apparente, con la conseguenza che è consentito – come nel caso di specie – fare riferimento a quest’ultima per determinare l’effettiva portata del dispositivo, giacché essa, permettendo di ricostruire chiaramente ed inequivocabilmente la volontà del giudice, conserva la sua funzione di spiegazione e chiarimento delle ragioni fondanti la decisione (Sez. 2, 13904/2016).

 

Sottoscrizione del dispositivo

La sentenza di appello mancante della sottoscrizione del presidente del collegio non giustificata espressamente da un suo impedimento legittimo e firmata dal solo giudice estensore configura una nullità relativa che comporta l’annullamento senza rinvio e la restituzione degli atti affinché si provveda alla sanatoria mediante nuova redazione della sentenza-documento (SU, 14978/2013).

L’art. 546 dispone che la sentenza deve contenere la data e la sottoscrizione del giudice (comma 1, lett. g) e il comma 3 dell’articolo medesimo espressamente indica nella nullità la mancanza della sottoscrizione del giudice, senza distinguere in alcun modo tra giudice collegiale o monocratico.

Tale distinzione rileva, invece, per il caso che la sentenza collegiale non sia stata sottoscritta dal presidente per morte o altro impedimento, ma solo al fine di regolamentare la carenza di firma con la previsione che alla sottoscrizione provveda, previa menzione dell’impedimento, il componente più anziano del collegio.

Nel contempo l’art. 547 ammette che si possa procedere anche di ufficio alla correzione della sentenza a norma dell’articolo 130 ma soltanto «fuori dei casi previsti dall’articolo 546, comma 3», il che esclude che all’omissione della sottoscrizione del giudice possa ovviarsi con la correzione, essendo quest’ultima inapplicabile ai casi di nullità espressa.

Lo stesso articolo 130, richiamato dall’art. 547, esordisce, del resto, con l’affermazione per cui la correzione delle sentenze, delle ordinanze e dei decreti riguarda i casi in cui detti atti siano «inficiati da errori od omissioni che non determinano nullità». Deve escludersi, dunque, l’applicabilità dell’art. 547 alle ipotesi di nullità della sentenza (SU, 14978/2013).

 

Errori nella sentenza e loro effetti

L’erronea indicazione del numero identificativo del procedimento, così come della data o del luogo di nascita dell’imputato nel dispositivo letto in udienza non comporta alcuna nullità quando è comunque possibile l’esatta identificazione del soggetto al quale la pronuncia medesima si riferisce e non ingeneri un errore di persona (Sez. 6, 5907/2012).

 

Termine per il deposito della motivazione

Se il dispositivo di sentenza non indica alcun termine per il deposito della motivazione, esso è pari a giorni quindici, ex art. 544, comma 2 (Sez. 5, 28605/2018).

Anche a seguito della riduzione del periodo feriale dei magistrati da 45 a 30 giorni stabilita dal DL n. 132/2014 convertito nell’art. 16 della L. 162/2014, i termini per la redazione della sentenza non sono soggetti alla sospensione del periodo feriale (SU, 42361/2017).

Nell’ipotesi in cui sia stata disposta la sospensione dei termini di custodia cautelare nella fase del giudizio ex art. 304, comma 1, lett. c), durante la pendenza dei termini previsti dall’art. 544, commi 2 e 3, deve farsi riferimento, ai fini della ripresa della decorrenza dei termini di fase, alla scadenza del termine stabilito dalla legge o determinato dal giudice per il deposito della sentenza (SU, 33217/2016).

 

Motivazione particolarmente complessa e allungamento del termine per il suo deposito

La determinazione dei tempi necessari per la redazione della sentenza è rimessa all’esclusiva valutazione del giudice e le parti non possono in alcun modo interloquire, sicché la decisione non è sindacabile né modificabile.

Ai sensi della disciplina normativa in questione, pertanto, il differimento lungo del deposito della sentenza è demandato all’esclusiva discrezionalità del giudice; la complessità della stesura della motivazione assume rilievo solo a seguito di esplicita affermazione in tal senso del giudice; il provvedimento con il quale si precisa che il giudice si avvarrà del termine lungo – provvedimento redatto e sottoscritto nel segreto della camera di consiglio – deve essere inserito in dispositivo ed assume efficacia senza che il giudice abbia ad indicare le circostanze che determinano la complessità all’origine del differimento; e, infine, in ragione di tale provvedimento si determinano effetti automatici, segnatamente con riguardo ai termini per proporre impugnazione (Sez. 4, 31664/2018).

Con riguardo al caso di stesura della motivazione della sentenza nel termine più lungo di cui all’art. 544, comma 3, la giurisprudenza ha già chiarito che il giudice ha solo l’onere di indicare tale termine nel dispositivo senza necessità di particolari formule che diano atto della scelta effettuata in relazione alla particolare complessità della motivazione (Sez. 1, 11166/2016).

 

Termine per l’impugnazione della sentenza

Dal combinato disposto di cui agli artt. 585, comma 1, lett. a), comma 2, lett. b) con riferimento all’art. 544, comma 1, il termine per proporre appello è di quindici giorni decorrenti dalla sentenza contestuale al dispositivo.

A mente dell’art. 583, comma 1 e 3, inoltre, la parte può proporre impugnazione inoltrandola a mezzo di raccomandata alla cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza, con conseguente onere per la cancelleria di apporre il pervenuto della impugnazione che si considera ex lege proposta nella data di spedizione della raccomandata. (Sez. 6, 25279/2018).

In tema di impugnazioni, la previsione di cui all’art. 32 D. Lgs. 274/2000 - per la quale, il giudice di pace deve depositare la motivazione entro 15 giorni qualora non la detti a verbale - implica che quest’ultimo non possa autoassegnarsi un termine diverso e maggiore, non consentito dal predetto art. 32, che riveste carattere derogatorio rispetto all’art. 544, con la conseguenza che non può trovare applicazione l’art. 2 del citato D. Lgs., che prevede l’estensione delle norme del codice di rito nei procedimenti innanzi al giudice di pace, a meno che non sia diversamente stabilito.

Ne deriva che la motivazione depositata oltre il quindicesimo giorno deve ritenersi depositata fuori termine, ed inoltre che il termine per impugnare è quello di giorni trenta, decorrenti dal giorno in cui sia avvenuta la notificazione, nella specie dell’estratto contumaciale, ai sensi degli art. 548, comma 2, 585, comma 1, lett. b) e comma 2 (Sez. 4, 16148/2017).