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Art. 20 - Difetto di giurisdizione

1. Il difetto di giurisdizione è rilevato, anche di ufficio, in ogni stato e grado del procedimento.

2. Se il difetto di giurisdizione è rilevato nel corso delle indagini preliminari, si applicano le disposizioni previste dall’articolo 22 commi 1 e 2. Dopo la chiusura delle indagini preliminari e in ogni stato e grado del processo il giudice pronuncia sentenza e ordina, se del caso, la trasmissione degli atti all’autorità competente. 

Rassegna giurisprudenziale

Difetto di giurisdizione (art. 20)

Premessa definitoria

La giurisdizione e il relativo difetto

Si rimanda, per la definizione del concetto di giurisdizione, al paragrafo di commento degli artt. 1/3.

Ricorre un difetto di giurisdizione allorché una controversia sia incardinata presso un giudice che non fa parte dell’apparato statuale legittimato a trattarla.

Ricorre infine lo stesso difetto quando la giurisdizione appartenga ad un giudice straniero.

 

In tema di giurisdizione

Giudice ordinario e giudice militare

Posto che il riparto di potestà tra giudice ordinario e giudice militare attiene alla giurisdizione e non alla competenza in conformità all’art. 103, comma 3, Cost., anche il precetto integrativo concernente la connessione fra reati comuni e reati militari, di cui all’art. 13, comma 2, si inquadra nello stesso riparto, con la conseguenza che la sua violazione integra un difetto di giurisdizione, deducibile o rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del procedimento, ai sensi dell’art. 20 (SU, 8193/2022).

Reato di traffico di migranti compiuto in spazi marittimi

La giurisdizione italiana è indiscutibile quando anche solo una parte della condotta criminosa è compiuta nelle acque interne o nel mare territoriale costiero, ai sensi degli artt. 2 Convenzione di Montego Bay e 6 Cod. pen. (Sez. 4, 14709/2018).

Per le condotte tenute per i reati commessi nella zona contigua, sono possibili due soluzioni interpretative opposte: la prima esclude la giurisdizione italiana sulla base dell’art. 33 della citata Convenzione; la seconda la ritiene invece possibile sulla base dell’art. 9-bis del D. Lgs. 286/1998 secondo il quale “La nave italiana in servizio di polizia, che incontri nel mare territoriale o nella zona contigua, una nave, di cui si ha fondato motivo di ritenere che sia adibita o coinvolta nel trasporto illecito di migranti, può fermarla, sottoporla ad ispezione e, se vengono rinvenuti elementi che confermino il coinvolgimento della nave in un traffico di migranti, sequestrarla conducendo la stessa in un porto dello Stato” (Sez. 4, 14709/2018).

Se il reato è compiuto in alto mare, la giurisdizione, in base alle regole del diritto internazionale consuetudinario, appartiene alla Stato di bandiera della nave utilizzata da chi compie il reato.

Tuttavia, nel caso frequente in cui i migranti ospitati a bordo di una nave che si trovi in alto mare siano fatti trasbordare su natanti più piccoli, è opportuno che operi la giurisdizione italiana, anche nel caso in cui la manovra sia seguita da una richiesta di soccorso la quale comporti che l’ingresso nelle acque italiane siano di fatto curato dalla guardia costiera e non dai mezzi riconducibili ai trafficanti.

Si veda, in tal senso, Sez. 1, 14510/2014 secondo la quale «la giurisdizione dello stato italiano va riconosciuta, laddove in ipotesi di traffico di migranti dalle coste africane alla Sicilia, questi siano abbandonati in mare in acque extraterritoriali su natanti del tutto inadeguati, onde provocare l’intervento del soccorso in mare e far sì che i trasportati siano accompagnati nel tratto di acque territoriali dalle navi dei soccorritori, operanti sotto la copertura della scriminate dello stato di necessità, poiché l’azione di messa in grave pericolo per le persone, integrante lo stato di necessità, è direttamente riconducibile ai trafficanti per averlo provocato e si lega, senza soluzione di continuità, al primo segmento della condotta commessa in acque extraterritoriali, venendo così a ricadere nella previsione dell’art. 6 Cod. pen.

L’azione dei soccorritori (che di fatto consente ai migranti di giungere nel nostro territorio) è da ritenere ai sensi dell’art. 54 Cod. pen., comma 3, in termini di azione dell’autore mediato, operante in ossequio alle leggi del mare, in uno stato di necessità provocato e strumentalizzato dai trafficanti e quindi a loro del tutto riconducibile e quindi sanzionabile nel nostro Stato, ancorché materialmente questi abbiano operato solo in ambito extraterritoriale».

 

Associazione a delinquere finalizzata all’ingresso illegale di cittadini extracomunitari in Italia

Sussiste la giurisdizione italiana in ordine al reato di cui all’art. 416 Cod. pen. nella ipotesi di associazione per delinquere organizzata all’estero e finalizzata all’ingresso illegale nel territorio dello Stato di cittadini extra comunitari, trattandosi di reato transnazionale commesso da gruppo criminale organizzato che dispiega i suoi effetti in Italia.

La convenzione ONU sul crimine organizzato, ratificata in Italia con la L. 146/2006 riconosce infatti la giurisdizione dello Stato Parte per uno dei reati stabiliti ai sensi dell’art. 5, paragrafo 1, della Convenzione, ovverosia la partecipazione a un gruppo criminale organizzato quando è commesso al di fuori del suo territorio, al fine di commettere un grave reato sul territorio; i reati oggetto del presente processo rientrano tra quelli previsti dalla Convenzione ONU sul crimine transnazionale (artt. 2, 3 e 5) per cui la nave priva di bandiera non gode delle garanzie dell’extraterritorialità, sicché la giurisdizione del giudice italiano va affermata in riferimento sia all’art. 6, sia all’art. 7 n. 5 Cod. (Sez. 1, 7783/2018).

 

Sanzioni amministrative accessorie dopo l’estinzione del reato (assenza di giurisdizione del giudice ordinario)

Il giudice che dichiari l’estinzione del reato per l’esito positivo della prova, ai sensi dell’art. 168-ter Cod. pen., non può applicare la sanzione amministrativa accessoria, di competenza del Prefetto ai sensi dell’art. 224, comma 3, CDS

Difatti, in considerazione della sostanziale differenza tra l’istituto della messa alla prova, che prescinde dall’accertamento di penale responsabilità, e le ipotesi di applicazione della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, previste dagli artt. 186, comma 9-bis e 187, comma 8-bis CDS, non può trovare applicazione, nel caso di specie, la disciplina ivi prevista che lascia al giudice, in deroga al predetto art. 224, la competenza ad applicare la sanzione amministrativa accessoria

Tale principio deve ritenersi valevole per tutte le sanzioni amministrative.

 

Rapporti tra Italia e Stato Città del Vaticano

L’art. 11 del Trattato Lateranense esenta gli enti centrali della Chiesa “da ogni ingerenza da parte dello Stato”.

Rientrano nella nozione di enti centrali solo gli organismi che, oltre a disporre di personalità giuridica, fanno parte della Curia romana, provvedono al governo supremo e universale della Chiesa Cattolica nello svolgimento della sua funzione spirituale, siano costituzionalmente rilevanti nell’ordinamento della Santa Sede, abbiano autonomia patrimoniale e competenza funzionale universale (Sez. 1, 22516/2003).

Non può essere quindi considerata come ente centrale la Radio Vaticana poiché non incardinata nella Curia romana (Sez. 2, 41786/2015).