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Art. 27 - Misure cautelari disposte dal giudice incompetente

1. Le misure cautelari disposte dal giudice che, contestualmente o successivamente, si dichiara incompetente per qualsiasi causa cessano di avere effetto se, entro venti giorni dalla ordinanza di trasmissione degli atti, il giudice competente non provvede a norma degli articoli 292, 317 e 321.

Rassegna giurisprudenziale

Misure cautelari disposte dal giudice incompetente (art. 27)

Il provvedimento pronunciato ai sensi dell’art. 27 assume completa autonomia rispetto a quello precedente, disposto interinalmente dal giudice incompetente, e non può essere definito di conferma o di reiterazione di esso, essendo emesso da altro giudice sulla base di un’autonoma valutazione delle condizioni richieste e di un distinto apprezzamento degli elementi che ne sono a fondamento, suscettibile di ulteriore verifica in sede di impugnazione (Sez. 4, 37825/2018).

Il provvedimento con il quale il giudice competente dispone in tema di misure cautelari, a norma dell’art. 27, assume completa autonomia rispetto al precedente provvedimento, disposto interinalmente dal giudice incompetente, e non può essere definito di conferma o di reiterazione di esso, essendo un provvedimento emesso da altro giudice sulla base di una autonoma valutazione delle condizioni richieste e di un distinto apprezzamento degli elementi che ne sono a fondamento, suscettibili di verifica in sede di impugnazione. Ciò non significa, però, che per l’esposizione delle ragioni che giustificano l’applicazione della misura cautelare sia preclusa la tecnica della motivazione per relationem (Sez. 1, 8326/2016).

Non sussiste conflitto negativo di competenza qualora il GIP ritenuto competente per territorio ex art. 27, anziché ricusare la cognizione del procedimento trasmesso da altra AG, applichi comunque una misura cautelare, atteso che il compimento dell’atto non determina una situazione di stallo del procedimento (Sez. 2, 31817/2018).

È necessaria la traduzione dell’ordinanza di applicazione di misura cautelare emessa nei confronti del cittadino straniero che non conosca la lingua italiana nel caso di ordinanza cautelare disposta a seguito di incompetenza del GIP che aveva emesso originariamente il titolo custodiale. L’omessa traduzione del provvedimento impugnato determina inevitabilmente la nullità dello stesso (Sez. 5, 23578/2013).

L’esigenza di assicurare la piena esplicazione del diritto di difesa dell’indagato o dell’imputato, impone l’obbligo di procedere a nuovo interrogatorio di garanzia, nel caso in cui il giudice competente abbia emesso nei termini di legge, ex art. 27, ordinanza di coercizione personale che si fondi su esigenze cautelari in tutto o in parte diverse (Sez. 5, 24261/2013).

I fatti nuovi, necessitanti un ulteriore interrogatorio di garanzia da parte del giudice competente, sono unicamente quelli in grado di incidere sensibilmente, perché diversi od ulteriori, sulla conformazione ontologica dell’episodio addebitato, dovendosi pertanto escludere le specificazioni di singole e collaterali modalità del fatto (Sez. 4, 13251/2004).

Nel caso di rinnovazione dell’ordinanza cautelare, è necessario provvedere all’interrogatorio di garanzia dell’indagato solo quando alla base della seconda ordinanza siano posti elementi di prova nuovi, mentre l’adempimento può essere omesso quando il giudice si limita ad effettuare una diversa valutazione di elementi già presenti in atti. (Sez. 2, 26904/2017).

Le Sezioni Unite (SU, 39618/2001, SU, 29924/2007, SU, 46029/2008, SU 3399/2009) si sono già pronunciate negativamente sulla necessità di un nuovo interrogatorio dell’indagato in conseguenza della riemissione del provvedimento restrittivo emesso da giudice territorialmente incompetente. Nell’esaminare la questione le Sezioni Unite hanno proceduto dal principio di conservazione degli atti compiuti dal giudice incompetente, fissato dall’ art. 26, secondo il quale le prove acquisite in violazione delle norme sulla competenza mantengono piena efficacia a patto che siano state rispettate le regole sulla loro assunzione e della loro funzione.

Hanno, perciò, deciso che il verbale ed il contenuto dell’interrogatorio legittimamente reso al giudice che, contestualmente o successivamente, si dichiara incompetente, costituiscono atti pienamente validi, efficaci ed utilizzabili, dei quali il giudice dichiarato competente deve tenere conto nel momento in cui valuta la necessità o l’opportunità di emettere, a carico dello stesso indagato o imputato, una nuova ed autonoma ordinanza applicativa di misura cautelare personale coercitiva o interdittiva. Pertanto l’autonomia dell’ordinanza pronunciata ai sensi dell’art. 27, rispetto a quella emessa dal giudice dichiaratosi incompetente, è garantita dalla pienezza dei poteri che il giudice esercita nella valutazione della sussistenza dei fatti, dei gravi indizi di colpevolezza dell’indagato e delle esigenze cautelari, senza condizionamento alcuno derivante dalle valutazioni del giudice poi dichiaratosi incompetente.

E’ stato, anche, precisato che il principio secondo cui l’ ordinanza applicativa di misura cautelare ai sensi dell’art. 27, emessa rebus sic stantibus, senza cioè contestazione di fatti nuovi o indizi gravi di colpevolezza o esigenze cautelari in tutto o in parte diversi da quelli posti a fondamento del provvedimento adottato dal giudice incompetente, non perde efficacia per il mancato espletamento di nuovo interrogatorio di garanzia ai sensi dell’art. 294, non confligge con i principi enunciati dalla Corte costituzionale sia con riguardo all’organo che procede, perché non può considerarsi effettuato da organo diverso dal giudice naturale perché il magistrato che ha assunto l’interrogatorio era, in quel momento, il giudice previsto dall’ordinamento e preposto dalla legge all’assunzione dell’atto, sia con riguardo alla funzione dell’interrogatorio, definito il più efficace strumento di tutela avente ad esclusivo oggetto la cautela disposta” nella sentenza 77/1997; ribadendo la necessità della più tempestiva presa di contatto con il giudice della persona arrestata o detenuta, sottolineando che l’affermazione  costituzionalmente imposta  di estendere l’interrogatorio anche alla fase successiva alla trasmissione degli atti al giudice del dibattimento “non comporta soluzioni necessitate quanto al giudice cui affidare il compito di procedere all’interrogatorio ed agli atti da utilizzare a tal fine” nella sentenza 32/1999; sottolineando l’importanza, per la tutela del diritto di difesa, che la discrezionalità del legislatore sia esercitata in modo da assicurare che l’interrogatorio, consista in un colloquio diretto fra la persona destinataria della misura ed il giudice che l’ha adottata, sia specificamente rivolto a consentire a quest’ultimo di verificare la sussistenza o la permanenza delle condizioni poste a base del provvedimento nella sentenza 93/2001 (Sez. 2, 44680/2013).