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Art. 37 - Ricusazione

1. Il giudice può essere ricusato dalle parti:

a) nei casi previsti dall’articolo 36 comma 1 lettere a), b), c), d), e), f), g);

b) se nell’esercizio delle funzioni e prima che sia pronunciata sentenza, egli ha manifestato indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto dell’imputazione.

2. Il giudice ricusato non può pronunciare né concorrere a pronunciare sentenza fino a che non sia intervenuta l’ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione.

Rassegna giurisprudenziale

Ricusazione (art. 37)

È illegittimo l’art. 37 comma 1 lettera b) nella parte in cui non prevede che possa essere ricusato dalle parti il giudice che, chiamato a decidere sulla responsabilità di un imputato, abbia espresso in un altro procedimento, anche non penale, una valutazione di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto (Corte costituzionale, sentenza 283/2000).

È illegittimo l’art. 37 comma 2 nella parte in cui, qualora sia riproposta la dichiarazione di ricusazione, fondata sui medesimi motivi, fa divieto al giudice di pronunciare o concorrere a pronunciare la sentenza fino a che non sia intervenuta l’ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione (Corte costituzionale, sentenza 10/1997).

Legittimazione alla dichiarazione di ricusazione

La ricusazione è atto personalissimo della parte che può, tuttavia, essere proposta dal difensore a condizione che sia munito di mandato specifico anche se non nelle forme della procura speciale, mentre è insufficiente il solo generico mandato defensionale (Sez. 1, 2567/2022).

Nullità

L’esistenza di una causa di incompatibilità ex art. 34 allorché non rilevata dal giudice con una dichiarazione di astensione, né tempestivamente dedotta dalla parte con istanza di ricusazione, secondo la procedura dell’art. 37, non incide sulla capacità del giudicante e, conseguentemente, non è causa di nullità ai sensi dell’art. 178 comma 1 lett. a), del provvedimento adottato dal giudice ritenuto incompatibile (Sez. 4, 27408/2018).

 

Tassatività e inammissibilità dell’estensione analogica

Attraverso l’istituto della ricusazione l’ordinamento processuale intende assicurare alle parti uno strumento per estromettere dal processo il giudice che versa in una situazione che possa pregiudicare la sua terzietà e imparzialità, così da assicurare l’osservanza del principio costituzionale del giusto processo ex art. 111 Cost. L’art. 37 prevede tassativamente le cause che possono determinare una situazione di compromissione della terzietà e dell’imparzialità del giudice, dando luogo ad una disciplina in cui i casi di ricusazione sono predefiniti, sicché non possono né essere ampliati né essere applicati in via analogica (Sez 5, 11982/2018).

 

Procedura de plano

In tema di ricusazione, l’inammissibilità della relativa richiesta può essere dichiarata con procedura camerale de plano, senza instaurazione del contraddittorio soltanto nei casi di manifesta infondatezza della richiesta medesima (Sez. 4, 42024/2017).

 

Casistica

Denuncia penale o causa civile

Può costituire motivo di ricusazione per incompatibilità la previa presentazione, da parte del ricusante, di una denuncia penale o la instaurazione di una causa civile nei confronti del giudice, in quanto entrambe le iniziative sono “fatto” riferibile solo alla parte e non al magistrato e non può ammettersi che sia rimessa alla iniziativa della parte la scelta di chi lo deve giudicare. Né, peraltro, costituisce, in tema di ricusazione, motivo di inimicizia grave, ai sensi dell’art. 36 comma 1 lett. d)., la pendenza di una causa civile di risarcimento danni intentata dal ricusante nei confronti del Giudice, a seguito della trattazione di un altro procedimento (Sez. 6, 45512/2010).

 

Rigetto della richiesta di patteggiamento

Il rigetto della richiesta di patteggiamento non determina l’incompatibilità del (e non rende ricusabile il) giudice dell’udienza preliminare a pronunciare il decreto che dispone il giudizio avanti ad un giudice diverso, situazione che esula dal novero dei provvedimenti di cui all’art. 34 il cui compimento genera incompatibilità (Sez. 3, 28729/2018).

 

Indebita manifestazione del convincimento

L’indebita manifestazione del convincimento da parte del giudice, espressa con la delibazione incidentale di una questione procedurale, anche nell’ambito di un diverso procedimento, rileva come causa di ricusazione dall’art. 37 comma 1, lett. b) , solo se il giudice abbia anticipato la valutazione sul merito della res iudicanda, ovvero sulla colpevolezza dell’imputato, senza che tale valutazione sia imposta o giustificata dalle sequenze procedimentali, nonché quando essa anticipi in tutto o in parte gli esiti della decisione di merito, senza che vi sia necessità e nesso funzionale con il provvedimento incidentale adottato (Sez. 4, 26869/2018).

La valutazione anticipata del convincimento del giudice idonea a fondare la ricusazione ex art. 37 lett. b) è solo quella che sia avvenuta “indebitamente” e cioè al di fuori del legittimo esercizio delle attività giurisdizionali e non anche quella che sia stata espressa nel corso di fasi incidentali del giudizio principale in cui il giudice che delibera ai fini dell’emissione del provvedimento richiestogli è obbligato a fornire giustificazione del proprio convincimento, senza che tali valutazioni costituiscano una indebita anticipazione dell’affermazione di colpevolezza perché precipue rispetto al provvedimento adottato (Sez. 2, 12964/2019).

 

Ricusazione dei giudici della Cassazione

È inammissibile la ricusazione di componenti di una Sezione della Corte di Cassazione chiamati a decidere sulla ricusazione di giudici di un’altra sezione (Sez. 6, 19532/2018).

 

Misure di prevenzione

Al procedimento di prevenzione è applicabile il motivo di ricusazione previsto dall’art. 37, comma 1 – come risultante a seguito dell’intervento additivo della Corte costituzionale, sentenza 283 /2000 – nel caso in cui il giudice abbia, in precedenza, espresso valutazioni di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto in altro procedimento di prevenzione o in un giudizio penale (SU, 25951/2022).

Non è applicabile al procedimento di prevenzione la causa di ricusazione prevista dall’art. 37 comma 1 lett. b) nel caso in cui il giudice abbia in precedenza espresso una valutazione di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto in un altro procedimento di prevenzione o in un giudizio penaleLa decisione che ha fissato tale principio di diritto ha spiegato, con diffuse e pienamente condivise argomentazioni, le ragioni per le quali la pronuncia di illegittimità costituzionale evocata (Corte costituzionale, sentenza 283/2000) debba essere letta unicamente in relazione al caso in cui la funzione asseritamente pregiudicata sia quella dell’accertamento dei reati e dell’affermazione di responsabilità conseguente. Ha quindi ha messo in evidenza, con altrettanta chiarezza, le differenze strutturali tra giudizio di prevenzione e giudizio penale che, pur nel riconoscimento della natura giurisdizionale del primo, impediscono la trasposizione dell’intero catalogo di motivi di ricusazione delineato dal legislatore con esclusivo riferimento al giudizio di cognizione penale. Nel giudizio di prevenzione, nonostante il corredo ampio di garanzie tipicamente giurisdizionali, non si determina alcuna incompatibilità al giudizio di merito per il giudice che abbia deciso in sede cautelare. Quel procedimento non conosce la valorizzazione dei diversi piani decisori all’interno della stessa vicenda in funzione della tutela della imparzialità del giudice, ed è del tutto fisiologico che la decisione conclusiva spetti al medesimo giudice che si è pronunciato in via cautelare. Sarebbe allora assai poco ragionevole ritenere la ricusabilità del giudice della prevenzione per essersi pronunciato sugli stessi fatti nei confronti della stessa persona in altro contesto, quale appunto un giudizio penale, quando, in senso contrario, nessun pre-giudizio incidente sul connotato dell’imparzialità - neutralità si determina in forza della pronuncia cautelare adottata nello stesso contesto procedimentale (Sez. 1, 23166/2018).