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Art. 346 - Atti compiuti in mancanza di una condizione di procedibilità

1. Fermo quanto disposto dall’articolo 343, in mancanza di una condizione di procedibilità che può ancora sopravvenire, possono essere compiuti gli atti di indagine preliminare necessari ad assicurare le fonti di prova e, quando vi è pericolo nel ritardo, possono essere assunte le prove previste dall’articolo 392.

Rassegna giurisprudenziale

Atti compiuti in mancanza di una condizione di procedibilità (art. 346)

La clausola di specialità di cui all’art. 14 della Convenzione europea di estradizione si configura come disposizione introduttiva di una condizione di procedibilità, la cui mancanza costituisce elemento ostativo all’esercizio dell’azione penale (SU, 8 /2001).

La procedura di estinzione delle contravvenzioni in materia di lavoro prevista dagli artt. 20 e ss. del D. Lgs. 758/1994, si qualifica, in una prima fase, come condizione di procedibilità dell’azione penale, da tenere distinta dalla condizione di punibilità afferente ad una fase successiva (Sez. 3, 46151/2015).

L’art. 2, comma 1-bis, secondo periodo, L. 638/1983 ha modificato i termini e le modalità di operatività della causa di non punibilità già prevista dalla normativa previgente, introducendo, prima dell’invio della notitia criminis, un meccanismo, costituito dalla contestazione o notifica dell’accertamento della violazione, finalizzato ad agevolare la definizione del contenzioso in sede amministrativa, nel termine all’uopo concesso al datore di lavoro, senza introdurre una condizione di procedibilità del reato.

A ben vedere il comma 1-ter del citato art. 2, secondo il quale “la denuncia di reato è presentata o trasmessa senza ritardo dopo il versamento di cui al comma 1-bis ovvero decorso inutilmente il termine ivi previsto” costituisce solo una deroga all’obbligo di riferire, “senza ritardo” – peraltro il termine è ripetuto nello stesso comma 1-ter – la notizia di reato al PM, imposto alla PG dall’art. 347 e, in generale, al pubblico ufficiale dall’art. 331, comma 2, posponendone l’adempimento.

Sicché non vi è ragione di dubitare che il PM eserciti ritualmente l’azione penale per il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali anche se non si sia perfezionato il procedimento per la definizione del contesto in sede amministrativa, così come esercita l’azione penale per i fatti costituenti reato di cui sia venuto a conoscenza aliunde rispetto ai meccanismi di informazione previsti dai citati art. 347 e 331 (Sez. 3, 6378/2014).

È illegittima la misura custodiale emessa in un procedimento promosso in violazione del principio del “ne bis in idem” in quanto adottata in presenza di una causa di non punibilità nella quale devono essere ricomprese anche le cause di improcedibilità dell’azione penale (Sez. 6, 8618/2016).

Il sequestro probatorio, essendo un mezzo di ricerca della prova, non presuppone un accertamento dell’esistenza del reato, bensì la semplice indicazione di un reato astrattamente configurabile, oltre alla rilevanza probatoria dell’oggetto che si intende acquisire in relazione al reato ipotizzato; ne consegue che è legittimo il sequestro di documenti falsi anche ove non sia stata presentata la querela in relazione all’ipotizzabile reato di falso in scrittura privata, atteso peraltro che, nel procedimento di riesame di un provvedimento di sequestro, non è ammissibile l’esame della questione di improcedibilità per mancanza di querela, attenendo detta questione al merito dell’imputazione.

Va infatti osservato, al riguardo, che, a norma dell’art. 346, l’ordinamento prevede che in mancanza di una condizione di procedibilità che può ancora sopravvenire, possono essere compiuti gli atti di indagine necessari ad assicurare le fonti di prova e, se vi è pericolo nel ritardo, possono essere assunte le prove previste in tema di incidente probatorio dall’art. 392 dello stesso codice. A norma, poi, dell’art. 112 Att., è previsto che la PG riferisca senza ritardo, e in taluni casi anche oralmente, l’attività di indagine svolta a norma dell’art. 346.

Dunque, il sistema prevede che, in assenza della condizione di procedibilità – per quel che qui interessa – della querela, siano, da un lato, consentiti soltanto atti assicurativi delle fonti di prova, per evitarne, evidentemente, la dispersione o il deterioramento; mentre, sotto altro profilo, una siffatta dimensione “conservativa”, viene funzionalmente giustificata solo nei casi ( e quindi nei limiti) in cui la condizione di procedibilità possa ancora sopravvenire: in linea, d’altra parte, con la generale previsione dettata dall’art. 345, in forza del quale archiviazione e proscioglimento non assumono portata preclusiva ai fini dell’esercizio della azione penale contro la stessa persona e per lo stesso fatto se in seguito sia proposta querela.

Ben diversa è, invece, la disposizione dettata in tema di arresto in flagranza dall’art. 381, comma 3, dal momento che è stabilito che, ove si tratti di delitto perseguibile a querela, l’arresto può essere eseguito soltanto se la querela venga proposta, anche con dichiarazione orale, resa agli agenti operanti; all’inverso, se l’avente diritto dichiara di rimettere la querela, l’arrestato è posto immediatamente in libertà.

Pertanto, atti di arresto e a fortiori misure cautelari personali presuppongono la sussistenza della condizione di procedibilità rappresentata dalla querela, restando quelle misure inibite anche nelle ipotesi in cui la condizione di procedibilità possa ancora intervenire.

D’altra parte, sussistendo, ove manchi detta condizione, i presupposti per una immediata archiviazione del procedimento, l’adozione di misure cautelari – personali o reali che siano – risulterebbe in ontologica contraddizione rispetto alla riconosciuta presenza di una condizione preclusiva all’esercizio della azione penale (Sez. 2, 22407/2013).

La mancanza di una condizione di procedibilità può considerarsi elemento ostativo all’esercizio dell’azione penale ma è inidonea ad inficiare la legittimità del sequestro probatorio, in quanto atto d’indagine diretto ad assicurare le fonti di prova (SU, 8/2001).