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Art. 104 - Colloqui del difensore con l’imputato in custodia cautelare

1. L’imputato in stato di custodia cautelare ha diritto di conferire con il difensore fin dall’inizio dell’esecuzione della misura.
2. La persona arrestata in flagranza o fermata a norma dell’articolo 384 ha diritto di conferire con il difensore subito dopo l’arresto o il fermo.
3. Nel corso delle indagini preliminari per i delitti di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, quando sussistono specifiche ed eccezionali ragioni di cautela, il giudice su richiesta del pubblico ministero può, con decreto motivato, dilazionare, per un tempo non superiore a cinque giorni, l’esercizio del diritto di conferire con il difensore.
4. Nell’ipotesi di arresto o di fermo, il potere previsto dal comma 3 è esercitato dal pubblico ministero fino al momento in cui l’arrestato o il fermato è posto a disposizione del giudice.
4-bis. L’imputato in stato di custodia cautelare, l’arrestato e il fermato, che non conoscono la lingua italiana, hanno diritto all’assistenza gratuita di un interprete per conferire con il difensore a norma dei commi precedenti. Per la nomina dell’interprete si applicano le disposizioni del titolo IV del libro II.

 

Rassegna giurisprudenziale

Colloqui del difensore con l’imputato in stato di custodia cautelare (art. 104)

È pacifico che i provvedimenti che decidono sulle istanze di colloquio dei detenuti in custodia cautelare, potendo comportare un inasprimento del grado di afflittività della misura, sono ricorribili in Cassazione ex art. 111 comma 7 Cost., per violazione di legge e che in tale nozione va ricompresa la motivazione inesistente o meramente apparente ravvisabile anche quando il ragionamento espresso dal giudice a sostegno della decisione adottata sia del tutto avulso dalle risultanze processuali o si avvalga di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cioè, in tutti i casi in cui sia soltanto fittizio e perciò sostanzialmente inesistente (Sez. 1, 25806/2020).

Il decreto con cui viene differito il diritto dell’indagato, sottoposto a custodia cautelare, di conferire con il proprio difensore può correttamente basarsi anche sulla ritenuta gravità dei fatti riguardanti una pluralità di indagati, unitamente all’esigenza di evitare la possibilità di preordinate e comuni tesi difensive di comodo (Sez. 6, 10924/2017).

I provvedimenti di dilazione dell’esercizio del diritto dell’indagato in stato di custodia cautelare al colloquio col proprio difensore emessi ai sensi dell’art. 104 comma 3  non sono autonomamente impugnabili, in virtù del principio di tassatività delle impugnazioni, né possono costituire oggetto di riesame, dato che non hanno la forma dell’ordinanza e non dispongono alcuna misura coercitiva; essi, tuttavia, possono costituire oggetto di sindacato incidentale nell’ulteriore corso del procedimento, nel caso di vizio di forma o di sostanza, per violazione del diritto di difesa; in tutte tali ipotesi l’illegittimità o l’invalidità del provvedimento comporta una violazione del diritto di difesa, perdurante  se non eliminata con l’effettuazione del rituale colloquio  fino al momento del prescritto interrogatorio sul quale si riverbera, determinandone la nullità - di ordine generale e a regime intermedio - prevista dall’art. 178 lett. c), per inosservanza di norma relativa alla assistenza dell’imputato o indagato (Sez. 1, 26786/2016).

Assolutamente incensurabile è il provvedimento adottato per la dilazione del colloquio se sufficientemente motivato, rimanendo del tutto indifferente, ed estranea alle ragioni di sindacato, la circostanza di una motivazione comune, ampiamente giustificabile in relazione al tenore delle incolpazioni, da un lato e alla particolare pregnanza delle valutate esigenze cautelari, dall’altro (Sez. 2, 5566/2014).

All’art. 104 comma 4-bis non sono collegate nullità formali specifiche, sicchè è evidente che la eventuale sanzione configurabile è esclusivamente quella prevista dall’art. 178 comma 1 lett. c), concernente la violazione delle disposizioni concernenti l’assistenza dell’imputato, la quale postula, tuttavia, che una qualche effettiva lesione di tale diritto possa dirsi realizzata (Sez. 1, 30127/2015).

L’art. 104 nel disciplinare i colloqui del difensore con l’imputato in custodia cautelare ha previsto nella sola fase delle indagini preliminari, a fronte di specifiche ed eccezionali ragioni, connesse alle esigenze di particolari indagini, il differimento del colloquio con i difensori per un termine non superiore a cinque giorni.

È di tutta evidenza che tale norma trova applicazione nel momento in cui la persona attinta da misura cautelare è stata consegnata all’AG italiana, considerato che le fasi precedenti all’esecuzione del MAE seguono la procedura dello Stato richiesto (Sez. 2, 28097/2015).