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Art. 114 - Divieto di pubblicazione di atti e di immagini

1. È vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche solo del loro contenuto.

2. È vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare, fatta eccezione per l’ordinanza indicata dall’articolo 292.

2-bis. È sempre vietata la pubblicazione, anche parziale, del contenuto delle intercettazioni non acquisite ai sensi degli articoli 268, 415-bis o 454.

3. Se si procede al dibattimento, non è consentita la pubblicazione, anche parziale, degli atti del fascicolo per il dibattimento, se non dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, e di quelli del fascicolo del pubblico ministero, se non dopo la pronuncia della sentenza in grado di appello. È sempre consentita la pubblicazione degli atti utilizzati per le contestazioni.

4. È vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti del dibattimento celebrato a porte chiuse nei casi previsti dall’articolo 472 commi 1 e 2. In tali casi il giudice, sentite le parti, può disporre il divieto di pubblicazione anche degli atti o di parte degli atti utilizzati per le contestazioni. Il divieto di pubblicazione cessa comunque quando sono trascorsi i termini stabiliti dalla legge sugli archivi di Stato ovvero è trascorso il termine di dieci anni dalla sentenza irrevocabile e la pubblicazione è autorizzata dal ministro di grazia e giustizia.

5. Se non si procede al dibattimento, il giudice, sentite le parti, può disporre il divieto di pubblicazione di atti o di parte di atti quando la pubblicazione di essi può offendere il buon costume o comportare la diffusione di notizie sulle quali la legge prescrive di mantenere il segreto nell’interesse dello Stato ovvero causare pregiudizio alla riservatezza dei testimoni o delle parti private. Si applica la disposizione dell’ultimo periodo del comma 4.

6. È vietata la pubblicazione delle generalità e dell’immagine dei minorenni testimoni, persone offese o danneggiati dal reato fino a quando non sono divenuti maggiorenni. È altresì vietata la pubblicazione di elementi che anche indirettamente possano comunque portare alla identificazione dei suddetti minorenni. Il tribunale per i minorenni, nell’interesse esclusivo del minorenne, o il minorenne che ha compiuto i sedici anni, può consentire la pubblicazione.

6-bis. È vietata la pubblicazione dell’immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all’uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica, salvo che la persona vi consenta.

7. È sempre consentita la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal segreto.

Rassegna giurisprudenziale

Divieto di pubblicazione di atti e immagini (art. 114)

È costituzionalmente illegittimo l’art. 114 comma 3, limitatamente alle parole “del fascicolo per il dibattimento, se non dopo la pronuncia di primo grado, e di quelli” (Corte costituzionale, sentenza 59/1995).

La contravvenzione di cui all’art. 684 Cod. pen., sanziona “chiunque pubblica, in tutto o in parte, anche per riassunto o a guisa di informazione, atti o documenti di un procedimento penale di cui sia vietata per legge la pubblicazione”. È perciò evidente che la condotta di arbitraria pubblicazione deve riguardare “atti” o  con pari rilevanza  “documenti” che ineriscano a un procedimento penale, dei quali la pubblicazione sia vietata per legge; e che tale ultima espressa indicazione normativa  divieto per legge  impone di percorrere l’unica strada ermeneutica dotata di legittimità e cioè quella volta a rinvenire nell’ordinamento penale i termini di legge che attengano al divieto di pubblicazione di atti e documenti di un procedimento penale. In tal senso il riferimento obbligato è senza dubbio alcuno quello dell’art. 114.

Per individuare gli atti e i documenti coperti dal segreto, per i quali vige il divieto di pubblicazione, ex art. 114 e che dunque costituiscono materia del reato di cui all’art. 684 Cod. pen., è necessario fare riferimento all’art. 329, comma 1, che indica espressamente come coperti dal segreto “gli atti di indagine compiuti dal PM e dalla PG”: dunque, si deve trattare di atti di indagine effettuati direttamente o per iniziativa (o delega) dei predetti organi pubblici.

Ebbene, per gli atti di indagine in senso stretto formati dal PM o dalla PG, come ad esempio gli esami di persone informate e gli interrogatori degli indagati, non si pone alcun problema relativamente alla loro segretezza, dal momento che si tratta di atti in ogni caso ricompresi nel primo comma dell’art. 329; mentre per la categoria dei documenti che siano entrati a far parte del contenitore processuale, la questione è ben diversa. E infatti tali documenti, ai fini del segreto, rientrano nella previsione di legge ove abbiano origine nell’azione diretta o nell’iniziativa del PM o della PG e perciò quando il loro momento genetico, e la strutturale ragion d’essere, sia in tali organi.

Con la conseguenza che tale conclusione non può valere ove si tratti di documenti aventi origine autonoma, privata o pubblica che essa sia, non processuale, generati non da iniziativa degli organi delle indagini, ma da diversa fonte soggettiva e secondo linee giustificative a sé stanti. Dunque, non possono rientrare nella categoria del segreto, ai fini in esame, i documenti che non siano stati compiuti dal PM o dalla PG, in conformità a quanto stabilito dall’art. 329 ma provengano da privati e siano entrati a far parte degli atti processuali per loro iniziativa (Sez. 1, 21290/2017).

Quando nella legge si vieta la pubblicazione anche parziale degli atti - che per loro natura sono atti scritti o, se si tratta di atti contenenti documenti, potranno avere anche la forma di registrazione, ripresa, foto ecc. - ci si riferisce alla pubblicazione di ciò che in esso è esattamente scritto (o registrato, ripreso, fotografato ecc.).

È allora evidente che quando la predetta norma aggiunge al divieto di pubblicazione totale o parziale degli atti del procedimento penale, pure il divieto di “pubblicazione ... anche solo del loro contenuto” la parola contenuto non può essere intesa nel significato “ciò che è contenuto in un determinato spazio o luogo”, ma nel significato “argomento, soggetto, tema di uno scritto, di una lettera, di un discorso o di una determinata disciplina” (in sentenza la Suprema Corte ha chiarito che con l’interpretazione di cui sopra della parola “contenuto” risulta chiaro ciò che indica il Legislatore: per gli atti coperti dal segreto non si può pubblicare neppure l’argomento, il soggetto, il tema di tali atti; quando invece l’atto non è più segreto o non lo è mai stato rimane fermo il divieto di pubblicazione dell’atto anche in modo parziale, ma si può pubblicare l’argomento, il soggetto, il tema di tale atto) (Sez. 1, 41640/2019).

Il soggetto leso dalla pubblicazione di un atto processuale coperto dal segreto, può invocare l’esistenza del reato previsto dall’art. 684 Cod. pen., ma non può contestare che la diffamazione sia scriminata dall’esercizio del diritto di cronaca, ove effettuato secondo le modalità ricordate (Sez. 5, 17051/2013).

In senso contrario: non può rientrare nell’esercizio del diritto di cronaca la pubblicazione, anche per riassunto o a titolo di informazione, di atti per i quali la stessa è vietata e che in nessun caso essa può giustificare l’attacco alla reputazione altrui (Sez. 1, 473/2013).