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Art. 329 - Obbligo del segreto

1. Gli atti d’indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria, le richieste del pubblico ministero di autorizzazione al compimento di atti di indagine e gli atti del giudice che provvedono su tali richieste sono coperti dal segreto fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari.

2. Quando è strettamente necessario per la prosecuzione delle indagini, il pubblico ministero può, in deroga a quanto previsto dall’articolo 114, consentire, con decreto motivato, la pubblicazione di singoli atti o di parti di essi. In tal caso, gli atti pubblicati sono depositati presso la segreteria del pubblico ministero. I rilievi di cui al periodo precedente sono sempre eseguiti quando si procede nei confronti di un apolide, di una persona della quale è ignota la cittadinanza, di un cittadino di uno Stato non appartenente all'Unione europea ovvero di un cittadino di uno Stato membro dell'Unione europea privo del codice fiscale o che è attualmente, o è stato in passato, titolare anche della cittadinanza di uno Stato non appartenente all'Unione europea. In tale caso, la polizia giudiziaria trasmette al pubblico ministero copia del cartellino fotodattiloscopico e comunica il codice univoco identificativo della persona nei cui confronti sono svolte le indagini.

3. Anche quando gli atti non sono più coperti dal segreto a norma del comma 1, il pubblico ministero, in caso di necessità per la prosecuzione delle indagini, può disporre con decreto motivato:

a) l’obbligo del segreto per singoli atti, quando l’imputato lo consente o quando la conoscenza dell’atto può ostacolare le indagini riguardanti altre persone;

b) il divieto di pubblicare il contenuto di singoli atti o notizie specifiche relative a determinate operazioni.

Rassegna giurisprudenziale

Obbligo del segreto (art. 329)

Quando nella legge si vieta la pubblicazione anche parziale degli atti - che per loro natura sono atti scritti o, se si tratta di atti contenenti documenti, potranno avere anche la forma di registrazione, ripresa, foto ecc. - ci si riferisce alla pubblicazione di ciò che in esso è esattamente scritto (o registrato, ripreso, fotografato ecc.).

È allora evidente che quando la predetta norma aggiunge al divieto di pubblicazione totale o parziale degli atti del procedimento penale, pure il divieto di “pubblicazione ... anche solo del loro contenuto” la parola contenuto non può essere intesa nel significato “ciò che è contenuto in un determinato spazio o luogo”, ma nel significato “argomento, soggetto, tema di uno scritto, di una lettera, di un discorso o di una determinata disciplina” (in sentenza la Suprema Corte ha chiarito che con l’interpretazione di cui sopra della parola “contenuto” risulta chiaro ciò che indica il Legislatore: per gli atti coperti dal segreto non si può pubblicare neppure l’argomento, il soggetto, il tema di tali atti; quando invece l’atto non è più segreto o non lo è mai stato rimane fermo il divieto di pubblicazione dell’atto anche in modo parziale, ma si può pubblicare l’argomento, il soggetto, il tema di tale atto) (Sez. 1, 41640/2019).

Quando è la legge a prevedere l’obbligo del segreto in relazione ad un determinato atto o in relazione ad un determinato fatto, il reato di cui all’art. 326 Cod. pen. sussiste senza che possa sorgere questione circa l’esistenza o la potenzialità del pregiudizio richiesto, in quanto la fonte normativa ha già effettuato la valutazione circa l’esistenza del pericolo, ritenendola conseguente alla violazione dell’obbligo del segreto (Sez. 6, 11358/2018).

Il verificarsi del danno determinato dalla violazione del segreto istruttorio è da ritenere quasi in re ipsa, essendo “sostanzialmente inimmaginabile una indagine di rilievo penale che possa, almeno agli inizi, seriamente svolgersi senza rigorosamente limitare la libertà conoscitiva degli atti che si vanno compiendo” (Sez. 6, 35647/2004).

La notifica all’imputato dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere fa venir meno l’obbligo del segreto intraprocessuale, ma non esclude il divieto di pubblicazione, atteso che va fatta distinzione tra atti coperti da segreto ed atti non pubblicati, in quanto, mentre il segreto opera all’interno del procedimento, il divieto di pubblicazione riguarda la divulgazione tramite la stampa e gli altri mezzi di comunicazione sociale (Sez. 5, 3896/2003).

Il termine di riferimento per individuare la natura riservata e segreta della notizia non ha nulla a che fare con la disciplina del diritto di accesso ai provvedimenti amministrativi ma si deve confrontare con il tenore dell’art. 329 e con i connessi, ben più pregnanti, obblighi di segreto e divieti di diffusione di notizie relative ad atti compiuti della PG (Sez.6, 5818/2017).

La comunicazione di notizia di reato e i dati investigativi in essa menzionati per dar conto delle attività svolte rientrano per loro natura nella sfera degli “atti di indagine”, destinati in quanto tali a rimanere segreti per la previsione espressa di cui al primo comma dell’art. 329 (Sez. 6, 39337/2015).

La “segretezza interna” delle indagini deve restare distinta da quella esterna e non vi è una sorta di equazione tra ciò che diviene conoscibile all’interno del procedimento e la sua divulgabilità, sicché la già avvenuta propagazione di notizie di atti di indagine coperti da segreto non fa venire meno la segretezza e, quindi, il divieto di pubblicazione, poiché con la successiva divulgazione vengono dati all’atto maggior risalto e diffusione (Sez. 6, 929/1997).

La tutela del segreto istruttorio contro la divulgazione a mezzo stampa del contenuto di atti processuali è totale e non ammette eccezioni ed esoneri, specie ove si consideri che attraverso la successiva pubblicazione viene data all’atto medesimo maggiore diffusione e propagazione (Sez. 1, 473/2013).

Non spetta agli ufficiali di PG il potere di stabilire se e quali atti di indagine possano essere oggetto di pubblicazione, così travalicando i presupposti e le condizioni del percorso procedimentale dal legislatore tracciato con riferimento alla cd. “desegretazione” prevista ai sensi dell’art. 329, comma 2, dal momento che l’esercizio di tale potere è in concreto riservato unicamente alle valutazioni dell’AG (Sez. 6, 39337/2015).

I verbali degli atti d’indagine trasmessi a sostegno di una richiesta di misura cautelare, seppure presentino cancellature di parti del loro contenuto, sono utilizzabili nei contenuti palesi anche nell’eventuale sede di riesame, non avendo il PM il dovere di trasmettere i verbali delle indagini nella loro integralità e potendo così inviare semplici stralci dei verbali o oscurare una parte del contenuto con “omissis”, a tutela del segreto investigativo che non impedisce lo sviluppo del contraddittorio (Sez. 1, 25589/2005).

Sono utilizzabili a fini cautelari le dichiarazioni accusatorie di cui il PM abbia trasmesso i soli verbali riassuntivi, con omissioni, e non quelli stenotipici, in quanto non sussiste l’obbligo di mettere a disposizione gli atti nella loro integralità, segnatamente ove ricorrano concrete esigenze di tutela del segreto di indagine, considerato che, “ex” art. 291, il PM ha l’obbligo di presentare gli elementi su cui si fonda la richiesta di applicazione della misura, e non gli atti che detti elementi contengano, con la conseguenza che essi possono essere trasmessi in forma non integrale, purché gli stralci trasmessi siano rappresentativi degli elementi posti a sostegno dell’applicazione della misura (Sez. 5, 47080/2011).

L’obbligo di deposito, a pena di inutilizzabilità, contestualmente all’avviso di conclusione delle indagini preliminari, degli atti relativi alle intercettazioni telefoniche effettuate nel corso delle indagini a carico dell’imputato, trova espresso riconoscimento normativo nell’art. 268, commi 4, 5 e 6, incontrando un limite nell’esercizio legittimo del potere di secretazione degli atti attribuito all’organo inquirente dall’art. 329, comma 3, nei casi in cui l’ostensione al difensore dell’indagato dei risultati dell’attività captativa sia idonea a pregiudicare le indagini ancora in corso nei confronti di altri soggetti o dello stesso imputato, ma per altri reati, in relazione ai quali le investigazioni non siano ancora concluse e risultino tuttora soggette all’obbligo del segreto (Sez. 5, 32686/2018).