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Art. 571 - Impugnazione dell’imputato

1. Salvo quanto previsto per il ricorso per cassazione dall’articolo 613, comma 1, l’imputato può proporre impugnazione personalmente o per mezzo di un procuratore speciale nominato anche prima della emissione del provvedimento.

2. Il tutore per l’imputato soggetto alla tutela e il curatore speciale per l’imputato incapace di intendere o di volere, che non ha tutore, possono proporre l’impugnazione che spetta all’imputato.

3. Può inoltre proporre impugnazione il difensore dell’imputato al momento del deposito del provvedimento ovvero il difensore nominato a tal fine.

4. L’imputato, nei modi previsti per la rinuncia, può togliere effetto all’impugnazione proposta dal suo difensore. Per l’efficacia della dichiarazione nel caso previsto dal comma 2, è necessario il consenso del tutore o del curatore speciale.

Rassegna giurisprudenziale

Impugnazione dell’imputato (art. 571)

Anche se il difensore dell’imputato ha, a norma dell’art. 571, un autonomo potere di impugnazione la sua legittimazione ad impugnare viene meno con la morte dell’imputato la quale fa cessare gli effetti della nomina (Sez. 3, Sez. III, 52978/2018).

Il ricorso per cassazione avverso qualsiasi tipo di provvedimento non può essere personalmente proposto dalla parte, ma deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione, stante la portata generale della norma, che disciplina il ricorso per cassazione e trova ragione nella peculiare natura e nell’elevato livello di complessità tecnica del giudizio di legittimità (SU, 8914/2018).

Non vi sono plausibili ragioni, sia di ordine strutturale che funzionale, per ritenere che il ricorso straordinario per errore materiale o di fatto (art. 625-bis) debba essere escluso dall’ambito di applicazione del nuovo requisito soggettivo di legittimazione imposto, in via generale, dall’art. 613, comma 1 per la proposizione del ricorso in cassazioneIl carattere di impugnazione straordinaria, indissolubilmente legato alla potenziale rimozione dello stigma di inoppugnabilità dei provvedimenti pronunciati dalla Corte di cassazione, presuppone sempre e comunque l’esperibilità del mezzo attraverso la forma vincolata di un atto di ricorso avente ad oggetto la richiesta di correzione di un errore, materiale o di fatto, entro un termine perentorio tassativamente stabilito dalla legge (centottanta giorni dal deposito) proprio a tutela della certezza e definitività delle situazioni giuridiche soggettive accertate per effetto di un giudicato di condanna. Le ragioni che hanno determinato il legislatore ad accrescere le garanzie di un razionale ed equilibrato esercizio della funzione di nomofilachia riservata alla Corte di cassazione mediante la selezione delle capacità tecniche dei soggetti legittimati alla proposizione dell’atto di ricorso (art. 613, comma 1) devono ritenersi quindi sussistenti anche con riferimento all’istituto del ricorso straordinario (SU, 8914/2018).

La CEDU, pur se riconosce – nell’art. 6, par. 3, lett. c) – ad ogni imputato il diritto di «difendersi personalmente o avere l’assistenza di un difensore» non precisa le condizioni di esercizio di tale diritto, lasciando agli Stati contraenti la scelta dei mezzi atti a permettere al loro sistema giudiziario di garantirlo (Corte EDU, Sez. 3, 27/4/2006, Sannino c. Italia; Corte EDU, Sez. 5, 21/09/1993, Kremzow c. Austria; Corte EDU, 24/05/1991, Quaranta c. Svizzera).

Al di là del ruolo di maggiore pregnanza assegnato al difensore quale soggetto del processo tanto da risultare legittimato, jure proprio, all’impugnazione, l’impugnazione, come recita la rubrica dell’art. 571, continua ad essere l’impugnazione dell’imputato tanto che è solo quest’ultimo, nei modi previsti per la rinuncia, a poter togliere effetto alla impugnazione proposta dal difensore (e non viceversa): ne consegue che è l’imputato, e solo questi, a subire gli effetti della impugnazione, continuando ad essere la parte del giudizio di impugnazione essendo unico destinatario e fruitore del giudizio di impugnazione (Sez. 6, 20847/2018).

Il difensore, di fiducia o d’ufficio, dell’indagato o imputato, non munito di procura speciale, non può effettuare una valida rinuncia, totale o parziale, all’impugnazione, anche se da lui proposta, a meno che il rappresentato sia presente alla dichiarazione di rinuncia fatta in udienza e non vi si opponga (SU, 12603/2016).

Il principio dell’unicità del diritto all’impugnazione fa sì che, una volta che l’impugnazione sia stata proposta da uno qualsiasi dei soggetti legittimati, indagato o suo difensore, e sia intervenuta una qualche decisione, il diritto si consuma, con la conseguenza che ne è precluso l’ulteriore esercizio da parte dell’altro legittimato, dato che esso è pur sempre funzionalmente diretto ad un risultato in favore dell’indagato e non al conseguimento di un interesse pertinente al solo difensore (Sez. 2, 19835/2006).

La rinuncia, anche parziale, all’impugnazione formulata dal solo difensore dell’interessato, non munito di procura speciale, non ha alcun effetto processuale, neppure nell’ipotesi che egli stesso abbia proposto il gravame (Sez. 1, 2952/2014).

Nel procedimento di prevenzione, mentre per il difensore del proposto è sufficiente per proporre ricorso per cassazione un mandato difensivo analogo a quello reso dall’imputato nel processo penale ai sensi del comma 3 dell’art. 571, per i terzi interessati è indispensabile il conferimento di procura speciale. (Nella specie, in presenza del conferimento di un unico mandato al difensore da parte del proposto e dei terzi interessati, la Corte ha ritenuto ammissibile il ricorso del primo e dichiarato inammissibile quello degli altri.) (Sez. 6, 35240/2013).

Compete soltanto all’imputato alloglotta, non al suo difensore, la facoltà di eccepire la violazione dell’obbligo di traduzione della sentenza e di segnalare in quali termini abbia subito pregiudizio alle proprie prerogative difensive, quali facoltà sia stato impedito dall’esercitare e con quali conseguenze negative (Sez. 1, 39785/2018).