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Art. 574 - Impugnazione dell’imputato per gli interessi civili

1. L’imputato può proporre impugnazione contro i capi della sentenza che riguardano la sua condanna alle restituzioni e al risarcimento del danno e contro quelli relativi alla rifusione delle spese processuali.

2. L’imputato può altresì proporre impugnazione contro le disposizioni della sentenza di assoluzione relative alle domande da lui proposte per il risarcimento del danno e per la rifusione delle spese processuali.

3. L’impugnazione è proposta col mezzo previsto per le disposizioni penali della sentenza.

4. L’impugnazione dell’imputato contro la pronuncia di condanna penale o di assoluzione estende i suoi effetti alla pronuncia di condanna alle restituzioni, al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese processuali, se questa pronuncia dipende dal capo o dal punto impugnato.

Rassegna giurisprudenziale

Impugnazione dell’imputato per gli interessi civili (art. 574)

La stretta dipendenza tra azione penale e azione civile si ricava dall’art. 574, comma 4, che estende al capo civile gli effetti dell’impugnazione proposta dall’imputato nei confronti della decisione di condanna, e dall’art. 538, comma 1, ove è stabilito che il giudice penale decide sulla domanda risarcitoria proposta dalla parte civile quando pronuncia sentenza di condanna, il che lascia intendere, a contrario, che, qualora vi sia assoluzione, viene meno il presupposto per dare corso alla pretesa civilistica azionata in sede penale (Sez. 5, 12076/2021).

È ammissibile l’appello proposto dall’imputato avverso la sentenza del giudice di pace di condanna alla pena pecuniaria, ancorché non sia stato impugnato il capo relativo alla condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile, in quanto l’art. 37 d.lgs. n. 274 del 2000 deve essere coordinato con la disposizione di cui all’art. 574, co. 4, c.p.p., per la quale l’impugnazione proposta avverso i punti della sentenza riguardanti la responsabilità dell’imputato estende i suoi effetti agli altri punti che dipendano dai primi, fra i quali sono ricompresi quelli concernenti il risarcimento del danno che ha quale necessario presupposto l’affermazione della responsabilità penale (Sez. 5, 45248/20121).

Deve ritenersi ammissibile l’appello proposto dall’imputato, avverso la sentenza del giudice di pace di condanna alla pena della multa, ancorché non sia stato impugnato il capo relativo alla condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile, in quanto l’art. 37 D.Lgs. 274/2000 deve essere coordinato con la disposizione di cui all’art. 574, comma 4, per la quale l’impugnazione proposta avverso i punti della sentenza riguardanti la responsabilità dell’imputato estende i suoi effetti agli altri punti che dipendano dai primi, fra i quali sono ricompresi quelli concernenti il risarcimento del danno, che ha il necessario presupposto nell’affermazione della responsabilità penale (Sez. 5, 43595/2018).

Il proscioglimento nel merito, in caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, salvo che, in sede di appello  sopravvenuta una causa estintiva del reato  il giudice sia chiamato a valutare  per la presenza della parte civile e in seguito ad un’espressa domanda in tal senso  il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili, previa incidentale valutazione della responsabilità penale (SU, 35490/2009).

L’obbligo del giudice di appello, nel dichiarare estinto per prescrizione il reato per il quale in primo grado sia intervenuta condanna, di decidere sull’impugnazione agli effetti civili è rispettato se, pur riferendosi alla mancanza di prova dell’innocenza dell’imputato ex art. 129, comma 2, ha, nella sostanza, esaminato compiutamente i motivi di impugnazione, compiendo un esauriente apprezzamento circa la responsabilità dell’imputato (Sez. 3, 12387/2017).

Va considerata la previsione dell’art. 574 comma 4, a mente della quale “L’impugnazione dell’imputato contro la pronuncia di condanna penale o di assoluzione estende i suoi effetti alla pronuncia di condanna alle restituzioni, al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese processuali, se questa pronuncia dipende dal capo o dal punto impugnato”. Da tale previsione si è ricavato il convincimento che ogni qual volta vi sia connessione tra affermazione di responsabilità in primo grado e condanna al risarcimento dei danni, perché questa consegue alla statuizione sulla colpevolezza per un determinato reato che abbia arrecato danni risarcibili ad un soggetto costituito parte civile, la proposizione di motivi sul capo o punto specifico relativo a detta affermazione devolve al giudice di appello necessariamente anche la questione circa il mantenimento o la revoca delle statuizioni civili ed in caso di accoglimento del motivo di gravame obbliga il giudice di secondo grado a disporre la revoca delle suddette statuizioni della sentenza di primo gradoTale interpretazione, inequivocabilmente basata sul testo normativa, è avvalorata da precedenti giurisprudenziali secondo cui in tema di appello, l’impugnazione avanzata dall’imputato contro la pronuncia di condanna penale, estende oggettivamente i suoi effetti devolutivi, in base alla previsione di cui all’art. 574, comma 4, alla pronuncia di condanna al risarcimento dei danni, ma solo nella parte in cui quest’ultima abbia diretta dipendenza dal capo o dal punto penale impugnato (Sez. 4, 10359/2018).

L’appello proposto dall’imputato avverso la sentenza del giudice di pace di condanna alla pena pecuniaria, è ammissibile ancorché non sia stato impugnato il capo relativo alla condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile, in quanto l’art. 37, D. Lgs. 274/2000, deve essere coordinato con la disposizione di cui all’art. 574, comma 4, per la quale l’impugnazione proposta avverso i punti della sentenza riguardanti la responsabilità dell’imputato estende i suoi effetti agli altri punti che dipendano dai primi, fra i quali sono ricompresi quelli concernenti il risarcimento del danno, che ha il necessario presupposto nell’affermazione della responsabilità penale. Dall’esame dell’art. 17, comma 1, della legge delega 468/1999 e, in particolare, della lett. n) della disposizione (che stabilisce l’appellabilità delle sentenze emesse dal giudice di pace, ad eccezione di quelle che applicano la sola pena pecuniaria e di quelle di proscioglimento relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria) emerge che il legislatore delegante ha inteso attribuire una portata generale alla previsione dell’appellabilità delle sentenze del giudice di pace, configurando come eccezioni, dunque di stretta interpretazione, le ipotesi di inappellabilità. In un simile contesto, l’espressione “quelle che applicano la sola pena pecuniaria”, utilizzata dal legislatore delegante ai fini dell’individuazione di una delle tassative ipotesi sottratte alla regola della proponibilità dell’appello, è riferibile alle sentenze che rechino esclusivamente condanna alla pena pecuniaria, e non anche alle sentenze in cui a questa condanna si accompagni quella al risarcimento del danno (Sez. 5, 13672/2019).