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Art. 587 - Estensione dell’impugnazione

1. Nel caso di concorso di più persone in uno stesso reato, l’impugnazione proposta da uno degli imputati, purché non fondata su motivi esclusivamente personali, giova anche agli altri imputati.

2. Nel caso di riunione di procedimenti per reati diversi, l’impugnazione proposta da un imputato giova a tutti gli altri imputati soltanto se i motivi riguardano violazioni della legge processuale e non sono esclusivamente personali.

3. L’impugnazione proposta dall’imputato giova anche al responsabile civile e alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria.

4. L’impugnazione proposta dal responsabile civile o dalla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria giova all’imputato anche agli effetti penali, purché non sia fondata su motivi esclusivamente personali.

Rassegna giurisprudenziale

Estensione dell’impugnazione (art. 587)

L’art. 587, rubricato “estensione dell’impugnazione”, dispone, al comma 1, che “nel caso di concorso di più persone in uno stesso reato, l’impugnazione proposta da uno degli imputati, purché non fondata su motivi esclusivamente personali, giova anche agli altri imputati”.

Tale disciplina sottende, in realtà, due distinti fenomeni: da un lato, quello dell’estensione dell’impugnazione in senso proprio, consistente nel diritto, riconosciuto al non impugnante, il quale si trovi in una delle situazioni previste dall’art. 587, di partecipare al giudizio instaurato dall’imputato che abbia proposto un’impugnazione ammissibile; dall’altro lato, quello più propriamente definibile come dell’estensione degli effetti della sentenza, che invece richiama la situazione per la quale, ricorrendo le condizioni previste dal citato art. 587, la decisione di riforma o di annullamento della sentenza su impugnazione di una parte, giova anche ai soggetti non impugnanti, a prescindere dalla loro partecipazione al giudizio di impugnazione.

Perché tali effetti si producano è necessario che ricorrano talune condizioni, che i primi due commi dell’art. 587 configurano in maniera differente a seconda che si verta nell’ipotesi di un unico reato commesso in concorso da più imputati (situazione disciplinata dal comma 1) ovvero che sia stata commessa una pluralità di reati, i quali dapprima contestati in procedimenti diversi, siano stati successivamente riuniti (situazione contemplata dal comma 2).

Nel primo caso, perché si produca l’effetto estintivo della sentenza debbono ricorrere tre condizioni: a) che il procedimento non abbia subito separazioni tali da impedire che tutti i coimputati siano destinatari di una stessa pronuncia soggetta ad impugnazione; b) che detto procedimento, pur essendo il relativo tema storico comune ai coimputati, riguardi in ogni caso un unico reato con pluralità di imputati; c) che l’impugnazione non sia fondata su motivi esclusivamente personali (ovvero sia basata su situazioni riguardanti il processo, sostanzialmente comuni e ugualmente incidenti su più imputati coinvolti come, ad esempio, nel caso in cui si censuri la valutazione dell’attendibilità o meno di una prova dichiarativa riguardante in modo identico più imputati, la decisione sulla utilizzabilità o meno di una intercettazione riguardante nello stesso modo più imputati o il giudizio su un vizio processuale incidente su più imputati in modo identico).

Viceversa, nel caso contemplato dalla seconda situazione è necessario: a) che il procedimento si sia concluso con la pronuncia di un’unica sentenza; b) che l’impugnazione, oltre a non essere fondata su motivi esclusivamente personali, deduca violazioni della legge processuale (Sez. 1, 26100/2018).

L’art. 587 circoscrive testualmente gli effetti estensivi della sentenza ai soli casi di unicità del reato, tra questi ricomprendendosi i casi di concorso eventuale e necessario, nonché di cooperazione nel reato colposo (Sez. 1, 26100/2018).

Il principio previsto dall’art. 587 riguarda l’estensione, all’imputato non impugnante sul punto, degli effetti favorevoli derivanti dall’accoglimento del motivo di natura oggettiva dedotto dal coimputato, ma non implica l’estensione da un coimputato all’altro dei motivi di impugnazione, con conseguente dovere da parte del giudice di esaminarli (Sez. 6, 21739/2016).

Sono da considerarsi motivi estensibili nei confronti di imputati che versano in identiche situazioni, quelli che, investendo la esistenza stessa del reato, non possono essere considerati esclusivamente personali. Pertanto, qualora, dal testo della sentenza impugnata, si ricavi che l’imputato è stato assolto perché il fatto non sussiste o per la insufficienza o contraddittorietà della prova sulla esistenza del fatto, l’omessa estensione in “bonam partem” degli effetti della decisione della decisione agli altri coimputati non appellanti o il cui appello è stato dichiarato inammissibile perché tardivo, può essere corretta dal giudice dell’impugnazione, anche in sede di legittimità (Sez. 7, 20811/2018).

L’estensione degli effetti favorevoli dell’impugnazione, a favore dell’imputato non appellante, è stabilita per quei casi in cui i motivi del gravame non riguardino la posizione esclusivamente personale dell’impugnante.

Tuttavia perché possa operare l’effetto estensivo nei confronti dell’imputato non appellante è necessario che il gravame dell’imputato appellante sia accolto: tale principio, sebbene non risulti espressamente codificato fra le condizioni stabilite nell’art. 587, è stato desunto sulla scorta della considerazione di natura logico-sistematica secondo la quale l’effetto estensivo non opera nel senso di una riammissione nei termini prescritti per l’impugnazione ma intende assicurare solamente una sorta di “par condicio”, di parità di trattamento degli imputati che si trovino in situazioni identiche; di conseguenza, nel caso di mancato accoglimento dei motivi presentati dell’imputato appellante, l’imputato, il cui appello sia stato dichiarato inammissibile non ha un autonomo diritto di ricorso per cassazione, potendo ricorrere in cassazione solo per far valere la mancata pronuncia dell’effetto estensivo nei suoi confronti.

L’imputato, che non abbia appellato la sentenza di primo grado o la cui impugnazione sia stata dichiarata inammissibile può ricorrere contro la sentenza di secondo grado solo se con quest’ultima vengono accolti i motivi di gravame del coimputato che siano a lui estensibili senza che sia stato pronunciato l’effetto estensivo nei suoi confronti, mentre non può dolersi del mancato accoglimento dei motivi dedotti dal coimputato nei confronti della sentenza di primo grado (Sez. 2, 9731/2017).

La norma di cui all’art. 587 non prevede alcuna forma di surrogazione del responsabile civile nei diritti processuali dell’imputato, che attengono inevitabilmente alla specifica posizione processuale cui si riferiscono e la cui tutela non può che essere frutto di una scelta esclusiva e personale dell’imputato stesso (Sez. 4, 40951/2018).

È pacifico che l’estensione dell’impugnazione, in quanto istituto compreso tra le disposizioni generali in materia di impugnazioni, è applicabile anche nel procedimento de libertate, sempre che sia fondata su motivi non esclusivamente personali (SU, 19046/2012, richiamata da Sez. 6, 29149/2017).

L’effetto estensivo dell’impugnazione opera, in presenza di motivi non esclusivamente personali, a favore degli imputati che non abbiano proposto ricorso per cassazione anche nel caso di riqualificazione del fatto in un titolo di reato meno grave di quello per cui vi era stata condanna (Sez. 5, 30971/2015).

Il giudice dell’esecuzione è legittimato a intervenire e a rivedere la condanna, eliminando o anche solo ridimensionando la portata del relativo giudicato, sulla scorta di un esame dei profili di fatto rilevanti per l’esplicazione dell’effetto estensivo, per il caso in cui il giudice di appello, pur sussistendone i presupposti, non abbia citato i coimputati non impugnanti e non abbia estensivamente applicato gli effetti favorevoli del gravame (Sez. 1, 1454/2014).

Posta la possibilità del condannato di invocare nella fase esecutiva – sempre che ne ricorrano i presupposti – l’effetto estensivo quando voglia giovarsi della impugnazione proposta da altri, l’unico ambito valutativo di tale incidente di esecuzione risulta rappresentato dalla verifica in concreto dei presupposti di applicabilità della disposizione normativa di cui all’art. 587, ossia la verifica della comunicabilità o meno, nella specifica vicenda processuale posta a monte, dell’effetto favorevole della decisione emessa nei confronti dei coimputati impugnanti (Sez. 1, 1454/2014).

Il presupposto della unicità della sentenza di condanna non deve essere inteso in senso rigidamente formale, con la conseguenza che l’estensione degli effetti della sentenza favorevole non può essere esclusa in presenza delle altre condizioni di legge, in forza della mera contingenza di un’occasionale separazione delle diverse posizioni, quando la situazione processuale dell’imputato interessato a beneficiarne si sia sviluppata in modo del tutto conforme a quella degli originari coimputati (Sez. 1, 8861/2015).

L’eccezione di prescrizione circa la data di consumazione dei reati fonda su motivi non strettamente personali (perché conseguente ad un corretto accertamento di fatto contenuto nella sentenza di primo grado e non smentito da un accertamento in senso contrario del giudice d’appello) ed è perciò idonea ad innescare il fenomeno processuale dell’estensione dell’impugnazione in favore del coimputato non impugnante, di cui all’art. 587, che opera di diritto come rimedio straordinario, al verificarsi dell’evento consistente nel riconoscimento, in sede di giudizio conclusivo sul gravame, del motivo non esclusivamente personale dedotto dall’imputato diligente, con conseguente idoneità a revocare il giudicato in favore del non impugnante, rendendo questi partecipe del beneficio conseguito dal coimputato (SU, 9/1995, richiamata da Sez. 3, 30025/2018).

L’effetto estensivo ex art. 587 della declaratoria di estinzione del reato per prescrizione non opera in favore del coimputato concorrente nello stesso reato non impugnante se detta causa estintiva è maturata dopo la irrevocabilità della sentenza emessa nei confronti del medesimo (SU, 3391/2018).

L’estensione dell’impugnazione in favore del coimputato non impugnante prevista dall’art. 587 opera di diritto, nell’ambito del processo plurisoggettivo per lo stesso reato o in un procedimento cumulativo, nel giudizio di cognizione afferente alla fase di impugnazione. Esso è un rimedio straordinario che, al verificarsi dell’evento consistente nel riconoscimento, in sede di giudizio conclusivo sull’impugnazione, della fondatezza del motivo non esclusivamente personale, dedotto da uno dei coimputati, è idoneo a incidere sulla posizione del coimputato e può indurre la revoca del giudicato anche in favore del non impugnante, rendendo costui partecipe del beneficio conseguito dall’esperimento del gravame.

L’istituto dell’estensione, tuttavia, postula la pendenza del giudizio di impugnazione in fase di cognizione e una devoluzione fondata su motivi non esclusivamente personali. Non è quindi applicabile al giudizio di esecuzione (Sez. 1, 58061/2017).