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Art. 589 - Rinuncia all’impugnazione

1. Il pubblico ministero presso il giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato può rinunciare alla impugnazione da lui proposta fino all’apertura del dibattimento. Successivamente la dichiarazione di rinuncia può essere effettuata prima dell’inizio della discussione dal pubblico ministero presso il giudice della impugnazione, anche se l’impugnazione stessa è stata proposta da altro pubblico ministero.

2. Le parti private possono rinunciare all’impugnazione anche per mezzo di procuratore speciale.

3. La dichiarazione di rinuncia è presentata a uno degli organi competenti a ricevere l’impugnazione nelle forme e nei modi previsti dagli articoli 581, 582 e 583 ovvero, in dibattimento, prima dell’inizio della discussione.

4. Quando l’impugnazione è trattata e decisa in camera di consiglio, la dichiarazione di rinuncia può essere effettuata, prima dell’udienza, dal pubblico ministero che ha proposto l’impugnazione e, successivamente, dal pubblico ministero presso il giudice dell’impugnazione, anche se la stessa è stata proposta da altro pubblico ministero.

Rassegna giurisprudenziale

Rinuncia all’impugnazione (art. 589)

Il PM presso il giudice dell'impugnazione può rinunciare al gravame proposto da altro PM, ma la rinuncia può essere effettuata entro il termine espressamente stabilito, e cioè prima dell'inizio della discussione con dichiarazione espressa ricevuta dal cancelliere o inserita nel processo verbale dell'udienza. Da ciò ne deriva che non può essere preso in considerazione, come atto di rinuncia all'impugnazione per acquiescenza, la richiesta dibattimentale del PG di conferma della decisione impugnata da altro PM (Sez. 4, 20394/2021).

Il PM presso il giudice dell’impugnazione può sì rinunciare al gravame proposto ma la rinuncia può essere effettuata entro un termine espressamente stabilito e cioè prima dell’inizio della discussione (art. 589 comma 1) con dichiarazione espressa ricevuta dal cancelliere o inserita nel processo verbale dell’udienza prima del termine suindicatoPertanto non può essere preso in considerazione, come atto di rinuncia all’impugnazione per acquiescenza, la richiesta dibattimentale del PG di conferma della decisione impugnata: ciò non solo perché tale richiesta, (intesa come rinuncia), non rispetterebbe i termini di cui all’art. 589, ma anche perché manca nel processo penale, a differenza che in quello civile (art. 329 Cod. proc. civ.) una norma che preveda l’acquiescenza come causa di estinzione del diritto all’impugnazione vigendo il diverso principio della natura esclusivamente formale dell’atto processuale di rinuncia all’impugnazione (Sez. 2, 38033/2018).

La rinuncia all’impugnazione è atto formale che non ammette equipollenti e, pertanto, non danno luogo a rinuncia le conclusioni di udienza con cui il PM chieda la conferma della sentenza di condanna di primo grado, gravata da un appello del suo ufficio in relazione alla quantificazione della pena (Sez. 2, 23404/2017).

La rinuncia all’impugnazione è una dichiarazione abdicativa, irrevocabile e recettizia, che si esprime in un atto processuale a carattere formale, cui la legge ricollega l’effetto della inammissibilità dell’impugnazione stessa. È altresì negozio formale che non ammette equipollenti e deve essere formulata nelle forme e nei termini stabiliti dall’art. 589, al fine di garantire la provenienza dal soggetto legittimato e la ricezione dell’atto da parte degli organi competenti (Sez. 7, 44400/2018).

Per affermare la configurabilità e rilevanza di una rinuncia implicita all’impugnazione, è necessaria la titolarità del potere in capo al rinunciante e la palese univocità della condotta procedimentale tenuta dalla parte che ha proposto in precedenza rituale impugnazione (Sez. 2, 33941/2017).

Il difensore, di fiducia o d’ufficio, dell’indagato o imputato, non munito di procura speciale non può effettuare una valida rinuncia, totale o parziale, all’impugnazione, anche se da lui proposta, a meno che il rappresentato sia presente alla dichiarazione di rinuncia fatta in udienza e non vi si opponga (SU, 12603/2016).

Di avviso parzialmente contrario: mentre per la rinunzia alla impugnazione (ndr. nella sua interezza) è necessario, laddove la stessa non sia fatta dalla parte personalmente, che il dichiarante sia specificamente investito dall'interessato tramite conferimento di procura speciale del relativo potere - nel caso in cui la rinunzia attenga solo ad alcuni fra i motivi di impugnazione, la rinunzia, in quanto afferente ad una valutazione tecnica rimessa alla discrezionale competenza del patrono dell'appellante, può essere fatta anche autonomamente dal difensore che rappresenta la parte in giudizio (Sez. 3, 19142/2021).

La rinuncia ad uno o più motivi di appello circoscrive la cognizione del gravame ai soli capi o punti della decisione ai quali si riferiscono i residui motivi, di tal che l’imputato non può dolersi con il ricorso per cassazione dell’eventuale omessa motivazione in ordine ai motivi rinunciati. Se l’oggetto della rinuncia investe i motivi formulati in punto di responsabilità dall’appellante, è evidente che il giudice, nell’accogliere la richiesta dell’imputato di riduzione della pena riportata in primo grado, non è tenuto ad alcuna specifica motivazione in merito al mancato proscioglimento dell’imputato per taluna delle cause delineate dall’art. 129 per la semplice ragione che – per un verso – a causa dell’effetto devolutivo dell’appello, allorché l’imputato abbia abdicato ai motivi di impugnazione, limitando il thema decidendum del giudizio di secondo grado alla sola misura della pena, la cognizione del giudice di appello è circoscritta esclusivamente ai motivi non rinunciati attinenti proprio e soltanto al trattamento sanzionatorio e che - per altro e congiunto verso - la rinuncia ai motivi di doglianza sulla responsabilità presuppone una pronuncia affermativa della colpevolezza dell’appellante e, per ciò stesso, l’inesistenza di eventuali cause di non punibilità ex art. 129 (Sez. 2, 7455/2018).

L’articolo 589 comma 3 prevede che la dichiarazione di rinuncia all’impugnazione debba essere presentata a uno degli organi competenti a ricevere l’impugnazione “nelle forme e nei modi previsti dagli articoli 581, 582 e 583 ovvero, in dibattimento, prima dell’inizio della discussione”. Dalle norme invocate si evince poi che l’atto di rinuncia deve essere presentato personalmente o a mezzo di incaricato nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento in questione, con conseguente apposizione da parte del pubblico ufficiale addetto dell’indicazione del giorno di presentazione e della persona che l’atto presenta, e sottoscrizione dello stesso pubblico ufficiale (articolo 582, primo comma); oppure l’atto può essere presentato anche nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui le parti private e i difensori si trovano, se è luogo diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento, oppure davanti a un agente consolare all’estero (articolo 582, a) secondo comma); o, ancora, l’atto di rinuncia può essere inviato con telegramma o con raccomandata alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento, così che il pubblico ufficiale addetto alleghi agli atti la busta che contiene l’atto e su questo apponga l’indicazione del giorno della ricezione e la propria sottoscrizione (articolo 583, primo comma); e in quest’ultimo caso, se si tratta di parti private, la sottoscrizione dell’atto deve essere autenticata dal notaio o da altra persona autorizzata o dal difensore (articolo 583, terzo comma). È evidente che tra le modalità previste non è compreso l’invio dell’atto a mezzo fax. Peraltro, non risultando dettata un’espressa sanzione per il caso in cui l’atto di rinuncia venga effettuato in diversa forma, un orientamento di questa Suprema Corte si è schierato nel senso che, non essendo l’articolo 589, terzo comma, presidiato da inammissibilità, la forma diversa può consentire comunque una efficace rinuncia all’impugnazione, essendo sufficienti la sicura provenienza dell’atto dal soggetto a ciò legittimato e una volontà chiaramente espressa. Peraltro, a ben guardare, la chiave ermeneutica deve, secondo un principio generale, identificarsi nella ratio della norma: e la determinazione di specifiche forme manifesta evidentemente una ratio di garanzia non solo e non tanto della ricezione dell’atto, quanto e soprattutto della provenienza certa dell’atto stesso (Sez. 1, 5292/1997, che ha espressamente negato che tale certezza sulla provenienza si realizzi utilizzando come strumento di veicolazione il fax). La stessa condivisibile impostazione è stata seguita da Sez. 4, 35521/2015, per cui “l’atto di rinuncia all’impugnazione trasmesso alla cancelleria del giudice “ad quem” via telefax è affetto da invalidità, dovendosi rispettare per la sua presentazione le forme di cui all’art. 589, comma terzo,  tra le quali non è contemplata l’utilizzazione del fax  idonee a garantire sia la provenienza della rinuncia dal soggetto legittimato sia la sua conformità all’originale”; (riassunzione contenuta in Sez. 3, 26936/2016).