Art. 455 - Decisione sulla richiesta di giudizio immediato
1. Il giudice, entro cinque giorni, emette decreto con il quale dispone il giudizio immediato ovvero rigetta la richiesta ordinando la trasmissione degli atti al pubblico ministero.
1-bis. Nei casi di cui all’articolo 453, comma 1-bis, il giudice rigetta la richiesta se l’ordinanza che dispone la custodia cautelare e’ stata revocata o annullata per sopravvenuta insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Rassegna giurisprudenziale
Decisione sulla richiesta di giudizio immediato (art. 455)
L'eventuale tardività della richiesta di giudizio immediato può essere rilevata solo dal giudice per le indagini preliminari, cui è rimesso il controllo sulla sussistenza dei presupposti per l'accesso al rito speciale e, in primo luogo, il rispetto dei termini fissati dalla legge per l'espletamento di indagini complete ed esaustive, consolidanti l'evidenza probatoria, che rende superflua la celebrazione dell'udienza preliminare. La non sindacabilità da parte del giudice del dibattimento dei presupposti per l'emissione del decreto di giudizio immediato non determina alcuna lesione del diritto di difesa dell'imputato, dovendosi ritenere non rilevante un'eventuale erronea valutazione espressa sul punto dal giudice delle indagini preliminari, dal momento che l'instaurazione del giudizio ordinario comporta, con il dibattimento, la massima espansione delle facoltà e garanzie difensivi (Sez. 6. 33963/2021).
Dal tenore letterale dell’art. 455 e dalla sua lettura logico-sistematica insieme con gli artt. 453 e 454 si evince che il ruolo del GIP assume un rilievo centrale e risolutivo nello sviluppo della sequenza procedimentale che dalla fase delle indagini preliminari è suscettibile di approdo al dibattimento senza il previo contradditorio fra le parti in sede di udienza preliminare.
Lo spettro di valutazione affidato al GIP non attiene a profili di ammissibilità formale, ma è ampio e penetrante, in quanto riguarda la verifica della sussistenza di tutti i presupposti previsti dalla legge, fra loro strettamente correlati e funzionali alla fisiologica e corretta dinamica procedimentale.
Tale giudizio, pur non svolgendosi nelle forme del contraddittorio camerale, non evocabile in relazione alle forme introduttive di questo tipo di rito in ragione delle sue peculiari connotazioni e della sua ratio giustificativa. non può prescindere dal compiuto esame degli argomenti offerti dalla difesa che, in sede d’interrogatorio o mediante memorie presentate ai sensi dell’art. 121, nel contestare la fondatezza dell’accusa, abbia motivatamente censurato la sussistenza dei presupposti per l’eventuale instaurazione del rito.
Lo scrutinio positivo comporta l’emissione del decreto che dispone il giudizio immediato, introduttivo della fase del dibattimento. Al contrario, la carenza di taluno dei presupposti indicati dagli artt. 453, commi 1 e 1-bis, e 454 impone al GIP il rigetto della richiesta avanzata dal PM cui gli atti devono essere conseguentemente restituiti per le sue ulteriori determinazioni in ordine a differenti modalità di esercizio dell’azione penale.
Attesa la sua natura endoprocessuale e meramente strumentale all’interno della più ampia sequenza procedimentale di approdo alla fase del dibattimento, il provvedimento adottato dal giudice per le indagini preliminari è insuscettibile di sindacato da parte del giudice del dibattimento.
Il decreto che dispone il giudizio immediato (sia esso tipico che cosiddetto custodiale) chiude, invero, una fase di carattere endoprocessuale assolutamente priva di conseguenze rilevanti ai fini dell’eventuale condanna dell’imputato, i cui diritti di difesa non sono in alcun modo lesi dalla sua eventuale erronea adozione che può assumere semmai rilievo in ambiti diversi da quello processuale.
Una conclusione del genere non è contraddetta dalla circostanza che il giudice del dibattimento può rilevare l’omesso interrogatorio dell’accusato prima della formulazione della richiesta di giudizio immediato.
Tale vizio è infatti, rilevabile dal giudice del dibattimento in quanto violazione di una norma procedimentale concernente l’intervento dell’imputato, sanzionata di nullità a norma degli artt. 178, comma 1, lett. c) e 180 e non in quanto carenza di un presupposto del rito.
La lettura delle norme che disciplinano l’ammissione del giudizio immediato sin qui delineata non solo è rispettosa dei principi desumibili dalla Costituzione (artt. 3, 24, 97, 101, 111), ma appare coerente con il complessivo assetto del processo penale che attribuisce rilevo centrale al dibattimento, quale sede fondamentale di verifica giurisdizionale in cui può esplicarsi con pienezza e nel contradditorio fra le parti il diritto di difesa.
L’eventuale regressione del processo alla fase precedente in accoglimento di eccezioni difensive volte ad ottenere la declaratoria di nullità del decreto di giudizio immediato per omesso rispetto dei termini previsti dagli artt. 453, comma 1-bis, e 454 sarebbe contrario ai principi dell’ordinamento processuale e ad esigenze di razionalità e di celerità. In un sistema tendenzialmente accusatorio, basato sulla centralità del dibattimento, una volta instaurato il giudizio immediato all’esito delle verifiche del giudice per le indagini preliminari, l’omesso rispetto dei termini è irrilevante, atteso il prevalente interesse dell’imputato alla celebrazione del giudizio in un tempo ragionevole.
Inoltre, l’unico momento in cui il giudice del dibattimento sarebbe in condizione di potere verificare la correttezza della precedente valutazione operata dal GIP in ordine all’evidenza della prova è quello che si colloca al termine dell’istruttoria dibattimentale (SU, 42979/2014).