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Art. 66 - Verifica dell’identità personale dell’imputato

1. Nel primo atto cui è presente l’imputato, l’autorità giudiziaria lo invita a dichiarare le proprie generalità e quant’altro può valere a identificarlo, ammonendolo circa le conseguenze cui si espone chi si rifiuta di dare le proprie generalità o le dà false.

2. L’impossibilità di attribuire all’imputato le sue esatte generalità non pregiudica il compimento di alcun atto da parte dell’autorità procedente, quando sia certa l’identità fisica della persona. In ogni caso, quando si procede nei confronti di un apolide, di una persona della quale è ignota la cittadinanza, di un cittadino di uno Stato non appartenente all'Unione europea ovvero di un cittadino di uno Stato membro dell'Unione europea privo del codice fiscale o che è attualmente, o è stato in passato, titolare anche della cittadinanza di uno Stato non appartenente all'Unione europea, nei provvedimenti destinati a essere iscritti nel casellario giudiziale è riportato il codice univoco identificativo della persona nei cui confronti il provvedimento è emesso.

3. Le erronee generalità attribuite all’imputato sono rettificate nelle forme previste dall’articolo 130.

Rassegna giurisprudenziale

Verifica dell’identità personale dell’imputato (art. 66)

Deve ritenersi sussistente la presunzione che l’imputato declini esattamente le proprie generalità: in siffatta linea, gli artt. 66 e 349 prevedono che l’identificazione dell’imputato e/o dell’indagato avvenga, normalmente, sulla base delle dichiarazioni dallo stesso fornite al pubblico ufficiale.

Tali norme, quindi, non impongono particolari attività di controllo e/o di riscontro, al di là dell’ammonimento circa le conseguenze cui si espone chi fornisce false generalità (art. 66) e dell’ipotesi eccezionale, di cui all’ art. 349 comma 4  che conferma la presunzione di veridicità (la PG è tenuta ad accompagnare l’indagato nei propri uffici e a trattenerlo per il tempo strettamente necessario per l’identificazione, nelle sole ipotesi che l’indagato stesso rifiuti di farsi identificare ovvero fornisca generalità o documenti di identificazione in relazione ai quali sussistono sufficienti elementi per ritenerne la falsità); i problemi riguardanti la identificazione personale dell’indagato e/o dell’imputato non determinano stasi del procedimento, quando ne sia certa l’identità fisica, fino alla sentenza stessa (art. 66 comma 2 ); in caso di errore e/o di accertata falsità delle generalità dichiarate, soccorrono specifici rimedi, con particolare riferimento alla fase esecutiva (art. 668 ) (Sez. 1, 46193/2016).

L’incertezza sull’individuazione anagrafica dell’imputato è irrilevante ai fini della prosecuzione del processo penale, allorché sia certa l’identità fisica della persona nei cui confronti sia stata iniziata l’azione penale, potendosi pur sempre provvedere, come disposto dall’art. 66 comma 3, alla rettifica delle generalità erroneamente attribuite nelle forme previste dall’art. 130 (Sez. 5, 11082/2017).

A norma del combinato disposto degli artt. 66 e 68, solo l’errore sull’identità fisica dell’imputato, e non anche l’errore sulle esatte generalità dello stesso, assume rilievo ai fini della pronuncia di una sentenza liberatoria (Sez. 6, 5816/2017).

L’incertezza circa le generalità dell’imputato, della cui identità fisica si abbia però certezza, non legittima né la pronuncia di assoluzione per non aver commesso il fatto, né la dichiarazione di non doversi procedere per essere ignoto l’autore del reato pur quando l’imputato sia poi risultato irreperibile (Sez. 5, 42397/2015).

L’omessa allegazione al MAE dei dati segnaletici e di ogni altra informazione sull’identità e la nazionalità della persona reclamata non è causa ostativa alla decisione di consegna perché è sufficiente che l’Autorità emittente faccia desumere l’assenza di dubbio in ordine agli elementi utili all’identificazione compiuta della persona reclamata (Sez. 6, 38059/2016).