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Art. 464-septies - Esito della messa alla prova 

1. Decorso il periodo di sospensione del procedimento con messa alla prova, il giudice dichiara con sentenza estinto il reato se, tenuto conto del comportamento dell’imputato e del rispetto delle prescrizioni stabilite, ritiene che la prova abbia avuto esito positivo. A tale fine acquisisce la relazione conclusiva dell’ufficio di esecuzione penale esterna che ha preso in carico l’imputato e fissa l’udienza per la valutazione dandone avviso alle parti e alla persona offesa.

2. In caso di esito negativo della prova, il giudice dispone con ordinanza che il processo riprenda il suo corso.

Rassegna giurisprudenziale

Esito della messa alla prova (art. 464-septies)

Ai sensi dell’art. 464-quater comma 7, l’ordinanza è ricorribile autonomamente per cassazione, anche dalla persona offesa, ma solo se essa non è stata sentita o non ha avuto avviso e, in ogni caso, l’impugnazione proposta non sospende il procedimento.

La valutazione da parte del giudice, non si basa su elementi di prova e non è idonea ad esprimere un compiuto accertamento sul merito dell’accusa e sulla responsabilità sicchè, la decisione assunta, nell’ipotesi di esito positivo della messa alla prova, non potrà avere alcuna incidenza sull’eventuale giudizio civile instaurato per il risarcimento del danno.

Se, allora, la valutazione del giudice circa la natura della riparazione e l’entità del risarcimento collima con le pretese della parte civile non si porrà alcun problema; qualora invece vi sia discordanza, un’eventuale diversa richiesta od altre doglianze della parte civile non determinano necessariamente, se non condivise dal giudice, la revoca dell’ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova né impediscono la pronuncia della sentenza di cui all’art. 464-septies, ma naturalmente non pregiudicano la parte in sede civile.

Nell’ambito dello speciale procedimento in esame, il giudice formula le sue prescrizioni in tema di risarcimento del danno ai sensi dell’art. 464-quinquies e quindi preventivamente rispetto alla decisione circa l’estinzione del reato; se le ritiene adempiute correttamente, pronuncerà sentenza ex art. 464-septies comma 1 che, come si è detto, non pregiudica l’eventuale azione civile, in caso contrario, ed eventualmente anche su sollecitazione della parte offesa, pronuncerà l’ordinanza di cui al comma 2.

Non esiste un terzo genere di pronuncia che, all’effetto estintivo del reato, aggiunga la condanna al risarcimento dei danni ed alla rifusione delle spese in favore della parte civile, per il semplice motivo che, ove il giudice non ritenesse interamente risarcito il danno) non potrebbe dichiarare che la prova ha avuto esito positivo nel rispetto delle prescrizioni stabilite (Sez. 5, 33277/2017).

Le previsioni dettate sia dall’art. 464-septies, comma 2 (secondo cui, in caso di esito negativo della prova, il giudice dispone con ordinanza che il processo riprenda il suo corso), sia dall’art. 464-octies, comma 4 (in base al quale, quando l’ordinanza di revoca è divenuta definitiva, il procedimento riprende il suo corso dal momento in cui era rimasto sospeso e cessa l’esecuzione delle prescrizioni e degli obblighi imposti), inducono a ritenere che, nelle ipotesi indicate, il corso del processo debba riprendere dal momento in cui si è verificata l’interruzione, a seconda del rito in cui la fase incidentale si è innestata.

E, dunque, per quanto concerne il procedimento per decreto, dal momento che l’art. 464-bis, comma 2, ultima parte prevede che la richiesta sia presentata con l’atto di opposizione, il corso del procedimento non potrà che riprendere dall’emissione, da parte del GIP, del decreto di giudizio immediato, salvo che siano state presentate altre richieste subordinate e queste siano ancora da valutare, secondo la disciplina dell’art. 464 (Sez. 1, 28351/2018).

Non sussiste alcun interesse per la parte civile ad impugnare, anche ai soli fini civili, la sentenza dichiarativa dell’estinzione del reato per intervenuta condotta riparatoria in quanto tale pronuncia, limitandosi ad accertare la congruità del risarcimento offerto ai soli fini dell’estinzione del reato, non riveste autorità di giudicato nel giudizio civile per le restituzioni o per il risarcimento del danno e non produce, pertanto, alcun effetto pregiudizievole nei confronti della parte civile (principio affermato in riferimento alla diversa ipotesi di estinzione del reato ai sensi del D. Lgs. 274/2000, art. 35) (Sez. 5, 27392/2008).

L’art.168-bis comma 2 Cod. pen. vincola la messa alla prova alla prestazione di condotte volte alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato nonché, ove possibile, al risarcimento del danno.

L’avere subordinato la concessione della messa alla prova all’impegno risarcitorio dell’imputato e l’avere previsto la revoca o la declaratoria di esito negativo in caso di suo inadempimento (si vedano gli articoli 464-quinquies, 464-septies, 464-octies), induce a ritenere che il risarcimento della vittima sia presupposto imprescindibile di tale istituto, non in via alternativa ma congiunta rispetto alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato (Sez. 5, 33277/2017).

L’ordine di demolizione del manufatto abusivo, pur avendo natura di sanzione amministrativa, non può essere applicato in conseguenza della declaratoria di estinzione per esito positivo del procedimento di sospensione con messa alla prova, pronuncia che – in considerazione del carattere del nuovo istituto di strumento di composizione preventiva e pregiudiziale del conflitto penale, che non sembra prevedere un preventivo accertamento di penale responsabilità – ben difficilmente può essere equiparata alla “sentenza di condanna” richiesta come presupposto dall’art. 31 del TUE (argomenti, sul punto, si traggono da Sez. 2, 53648/2016, secondo cui “la sentenza di proscioglimento per esito positivo della messa alla prova, di cui all’art. 464-septíes, non è idonea ad esprimere un compiuto accertamento sul merito dell’accusa e sulla responsabilità, sicché essa non può essere posta alla base di un contrasto di giudicati tra coimputati per il medesimo reato che abbiano diversamente definito la loro posizione processuale”; si veda anche Sez. 3, 14750/2016, secondo cui “L’ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova, di cui all’art. 464-quater, non determina l’incompatibilità del giudice nel giudizio che prosegua con le forme ordinarie nei confronti di eventuali coimputati, trattandosi di decisione adottata nella medesima fase processuale che non implica una valutazione sul merito dell’accusa ma esclusivamente una delibazione sull’inesistenza di cause di proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 nonché una verifica dell’idoneità del programma di trattamento e una prognosi favorevole di non recidiva”.

Ciò non comporta, evidentemente, che l’ordine di demolizione, in quanto tale, rimanga irrimediabilmente precluso dall’intervenuta estinzione del reato, perché anzi, proprio in forza dell’espressa previsione dell’art. 138-ter Cod. pen., esso potrà e dovrà essere irrogato, ricorrendone i presupposti di legge, dalla autorità amministrativa preposta; significando solo che non ricorrono le condizioni di legge per la concorrente irrogazione da parte del giudice penale, in ragione del particolare esito processuale che non consente l’integrazione del presupposto processuale (sentenza di condanna) previsto dall’art. 31 TUE (Sez. 3, 40451/2018).

Il giudice che dichiari l’estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova, ai sensi dell’art. 168-ter Cod. pen., non può applicare né la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida né la confisca, di competenza del Prefetto, ai sensi dell’art. 224 comma 3 CDS (Sez. 4, 29639/2016).

Nel caso della sanzione amministrativa della revoca della patente, la competenza all’irrogazione della stessa all’esito della positiva messa alla prova e dell’estinzione del reato, va individuata, ai sensi dell’art. 224 CDS, comma 3, in capo al Prefetto (Sez. 4, 6627/2017).