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Art. 626 - Furti punibili a querela dell’offeso

1. Si applica la reclusione fino a un anno ovvero la multa fino a euro 206 (1), e il delitto è punibile a querela della persona offesa:

1) se il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa sottratta, e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente restituita (2);

2) se il fatto è commesso su cose di tenue valore, per provvedere a un grave ed urgente bisogno;

3) se il fatto consiste nello spigolare, rastrellare o raspollare nei fondi altrui, non ancora spogliati interamente del raccolto.

2. Tali disposizioni non si applicano se concorre taluna delle circostanze indicate nei numeri 1, 2, 3 e 4 dell’articolo precedente.

(1) Multa così aumentata dall’art. 113 della L. 689/1981.

(2) La Corte costituzionale, con sentenza 1085/1988, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 626, primo comma, n. 1, nella parte in cui non estende la disciplina ivi prevista alla mancata restituzione, dovuta a caso fortuito o forza maggiore, della cosa sottratta.

Rassegna di giurisprudenza

In tema di furto d’uso, l’uso momentaneo che caratterizza la fattispecie tipica deve essere conforme alla natura e alla destinazione della cosa sottratta (Sez. 5, 42048/2017).

La fattispecie di furto punibile a querela dell’offeso, prevista dall’art. 626, comma primo, n. 3  che consiste nel fatto di spigolare, rastrellare o raspollare nei fondi altrui, non ancora spogliati interamente del raccolto  è configurabile quando siano state effettuate le operazioni di raccolta e ad esse siano sfuggiti residui suscettibili di apprensione da parte dell’avente diritto mediante ulteriore raccolta.

Ne deriva che tale ipotesi non è, invece, configurabile quando le operazioni di raccolta non siano state compiute ed a maggior ragione quando il ciclo di raccolta dei frutti non sia neppure iniziato, sussistendo, in tal caso l’ipotesi di furto comune di cui all’art. 624 (Sez. 5, 36373/2013).

In tema di furto di tenue entità, non rientra nella nozione di “grave ed urgente bisogno” l’esigenza di disporre di energia elettrica per svolgere la propria attività commerciale senza attivare per tempo le procedure necessarie ad ottenerne regolare fornitura (Sez. 4, 33307/2008).

La fattispecie incriminatrice del furto d’uso, come previsto dall’articolo 626, comma secondo, è inapplicabile se concorre taluna delle circostanze aggravanti indicate nei numeri 1, 2, 3 e 4 dell’art. 625, e tale condizione ostativa ricorre anche allorquando tali circostanze siano state valutate come equivalenti alle concesse attenuanti, giacché tale statuizione rileva solo quoad poenam (Sez. 4, 1045/2007).

In tema di furto d’uso, la riconsegna (salve le ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore) della cosa sottratta allo scopo di farne uso temporaneo e con intento di successiva restituzione immediata rimane, pur dopo la sentenza della Corte costituzionale 1089/1988, un elemento caratterizzante dell’attenuata fattispecie incriminatrice non tanto perché l’omessa restituzione si risolve nel recesso dall’originario proposito implicante  anche quando la cosa sia stata contestualmente abbandonata  quella forma di impossessamento che è propria del furto comune, ma soprattutto perché è proprio la riconsegna del bene che, combinandosi con il profilo soggettivo, caratterizzato dal proposito di restituzione, l’elemento che riduce, anche sotto il profilo oggettivo, la gravità dell’illecito (Sez. 2, 2075/2004).

Per la configurabilità del furto d’uso occorrono due elementi essenziali: il primo caratterizzato dal fine esclusivo di fare uso momentaneo della res sottratta; l’altro ha carattere oggettivo e concerne la restituzione che, dopo l’uso, deve essere effettuata. Tale restituzione deve essere volontaria, e cioè deve presentarsi come libera attuazione dell’iniziale intenzione di restituire. Tutte le cause, pertanto, che determinano una coazione alla restituzione, rendono applicabile il titolo comune di furto, e così pure tutte le cause, anche indipendenti dalla volontà del colpevole, che impediscono la restituzione (Sez. 4, 9090/1991).

Elemento costitutivo del delitto di furto d’uso, previsto dall’art. 626, comma primo, n. 1, è la restituzione immediata dopo l’uso (cui va equiparata la mancata restituzione dovuta a caso fortuito o a forza maggiore) della cosa al suo possessore da parte dell’autore della sottrazione. La restituzione, se non implica la materiale consegna della refurtiva al derubato, esige peraltro la reintegrazione di tale soggetto nel possesso della cosa (Sez. 4, 3104/1990).

Non è configurabile il tentativo in ordine al furto d’uso. Invero, tale minore incriminazione del delitto di furto richiede, quanto all’elemento oggettivo, l’avvenuta restituzione, e questa a sua volta presuppone l’avvenuto impossessamento della cosa sottratta e il susseguente uso, sia pure momentaneo, della cosa stessa. Né alla restituzione può essere equiparata la semplice intenzione di restituire.

Da ciò consegue l’inammissibilità del tentativo, che presuppone il non avvenuto impossessamento. Il furto d’uso non è configurabile quando ricorre una delle aggravanti previste nei primi quattro numeri dell’art. 625 (Sez. 2, 5631/1983).