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Art. 371-bis - False informazioni al pubblico ministero o al procuratore della Corte penale internazionale (1) (2)

1. Chiunque, nel corso di un procedimento penale, richiesto dal pubblico ministero o dal procuratore della Corte penale internazionale di fornire informazioni ai fini delle indagini, rende dichiarazioni false ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito, è punito con la reclusione fino a quattro anni (3).

2. Ferma l’immediata procedibilità nel caso di rifiuto di informazioni, il procedimento penale, negli altri casi, resta sospeso fino a quando nel procedimento nel corso del quale sono state assunte le informazioni sia stata pronunciata sentenza di primo grado ovvero il procedimento sia stato anteriormente definito con archiviazione o con sentenza di non luogo a procedere (4).

3. Le disposizioni di cui ai commi primo e secondo si applicano, nell’ipotesi prevista dall’articolo 391-bis, comma 10, del codice di procedura penale, anche quando le informazioni ai fini delle indagini sono richieste dal difensore (5).

 

(1) Rubrica così modificata dall’art. 10, comma 4, lett. b), L. 237/2012.

(2) Articolo aggiunto dall’art. 11, primo comma, DL 306/1992, convertito con modificazioni in L. 356/1992 e così modificato dall’art. 25, L. 332/1995.

(3) Comma così modificato dall’art. 10, comma 4, lett. a), L. 237/2012.

(4) Comma aggiunto dall’art. 25, L. 332/1995.

(5) Comma aggiunto dall’art. 19, L. 397/2000.

Rassegna di giurisprudenza

Elemento oggettivo

Non vale ad integrare il reato di false informazioni al pubblico ministero, ex art. 371-bis, la condotta di colui che non riveli quanto a sua conoscenza alla PG, ancorché la stessa abbia proceduto alla sua audizione su delega del magistrato titolare delle indagini, atteso che soggetto attivo del reato di cui trattasi è solo chi sia richiesto dal PM di fornire informazioni utili ai fini delle indagini (Sez. 6, 39280/2018).

La fattispecie prevista e punita dall’art. 371-bis è stata introdotta nell’ordinamento allo scopo di colmare la lacuna derivante dalla mancata previsione della possibilità di perseguire penalmente chi abbia reso dichiarazioni false o reticenti al PM (Sez. 6, 5255/2000).

L’art. 371-bis è stato introdotto nell’ordinamento allo scopo di contrastare gli inconvenienti derivanti da un possibile uso strumentale ed insidioso della facoltà di tacere, ovvero anche di mentire, innanzi all’AG ed ha conseguentemente come destinatari i soggetti su cui non grava l’obbligo di rispondere alla medesima AG, ma che possono comunque rendere dichiarazioni utilizzabili in seno al procedimento penale (Sez. 6, 10129/2015).

 

Sospensione del processo

Secondo il ricorrente, la previsione di cui all’ art. 371-bis, comma 2, secondo la quale “Ferma l’immediata procedibilità nel caso di rifiuto di informazioni, il procedimento penale, negli altri casi, resta sospeso fino a quando nel procedimento nel corso del quale sono state assunte le informazioni sia stata pronunciata sentenza di primo grado ovvero il procedimento sia stato anteriormente definito con archiviazione o con sentenza di non luogo a procedere” va letta nel senso che tale sospensione vada disposta necessariamente in fase di indagini, su iniziativa esclusiva del PM, individuando peraltro delle conseguenze negative sulla regolarità del processo laddove tale sospensione risulti disposta in una fase successiva.

Tale interpretazione non è condivisibile per cui né l’atto in questione ha le caratteristiche di abnormità che ne consentirebbero l’impugnazione (non prevista in via ordinaria) né, comunque, è irregolare. La ratio della disposizione dimostra come il “condizionamento” logico dell’un procedimento (quello in cui fu resa la dichiarazione) rispetto all’altro (quello che consegue alla falsa dichiarazione) non possa ritenersi una pregiudizialità in senso tecnico. Innanzitutto lo esclude la stessa limitazione della sospensione del procedimento ex art. 371-bis che opera solo per una parte dell’ambito delle condotte sanzionate dalla disposizione. Non opera, difatti, per il caso del rifiuto di riferire informazioni, per il quale la procedibilità è immediata.

Poi lo esclude il fatto che una simile regola non opera per il reato di falsa testimonianza che, mutatis mutandis, è certamente simile sotto il profilo della pregiudizialità logica rispetto al processo in cui è resa.

La diversa ratio della disposizione, invece, è ben chiarita dalla Corte Costituzionale la quale, con sentenza 61/1998 affermò «.... che la ratio della disciplina .... è ravvisabile ... nell’esigenza di garantire la libertà morale e di autodeterminazione della persona indagata per il reato di false informazioni da forme di condizionamento psicologico esercitabili dal pubblico ministero nel momento in cui nel procedimento principale l’organo dell’accusa è “processualmente” interessato alla formazione della prova».

L’individuazione della ratio della norma, quindi, fa comprendere la ragione della diversa disciplina per il “rifiuto” (non vi è dubbio tra vera/falsa dichiarazione e, anzi, vi è certezza della reticenza) e per la falsa testimonianza che interviene nel processo, davanti al giudice ed in contraddittorio. Quindi la sospensione non trova ragione in una regola di pregiudizialità “sostanziale” né la sua disciplina è equiparata alle pregiudiziali obbligatorie ex art. 3 CPP o facoltative (questioni civili od amministrative, art. 479 CPP) quanto alla decisione.

Del resto, la decisione adottata nel corso del procedimento nel quale fu resa la dichiarazione ritenuta falsa non fa di per sé stato nel procedimento ex art. 371-bis se non secondo la regola generale desumibile dall’art. 630 CPP in tema di revisione ex art. 630 lett. a) CPP che intende evitare che vi possano essere accertamenti inconciliabili dello stesso fatto; nel caso del reato in questione, ad esempio, ben può la sentenza nel processo principale ritenere inattendibile la dichiarazione resa al PM (se utilizzata per le contestazioni o quale prova nel giudizio abbreviato) ed il giudice del processo ex art. 371-bis ritenere che la inattendibilità non rappresenti di per sé un’adeguata prova del mendacio. Inoltre è anche possibile che tale sentenza (o archiviazione etc) non accerti alcunché sull’oggetto della dichiarazione che si ritiene falsa.

Poste queste premesse si può rispondere in termini negativi alla questione posta dal ricorrente secondo il quale la sospensione del procedimento va disposta nel corso delle indagini e, se invece intervenga successivamente, va disposta la regressione del procedimento, affermazione che equivale a dire che vi sia preclusione all’esercizio dell’azione penale. Si deve confermare la interpretazione secondo cui è escluso che questa sospensione rappresenti una mancanza, sia pure temporanea, di una condizione di esercizio dell’azione penale; per cui non è questa una possibile ragione perché debba collocarsi necessariamente nella fase delle indagini ovvero prima dell’esercizio dell’azione penale (Sez. 6, 10908/2019).

 

Legittimazione all’opposizione all’archiviazione

Non è legittimato a proporre opposizione alla richiesta di archiviazione il soggetto danneggiato per il delitto di false dichiarazioni al PM, nel quale persona offesa è esclusivamente lo Stato-collettività.

Nel delitto di cui all’art. 371-bis che, come quello di falsa testimonianza, tutela il bene giuridico dell’ordinato svolgimento dell’attività giudiziaria, persona offesa è esclusivamente lo Stato-collettività, e ciò in base alla considerazione che la fattispecie descritta dalla norma non contempla tipicamente altre vittime del reato cui poter riconoscere una posizione qualificata rispetto a qualsiasi danneggiato dal reato, né il privato danneggiato da tali reati può dirsi, sia pure implicitamente, titolare o contitolare dell’interesse preso in considerazione dalla su indicata norma incriminatrice, come sopra definito.

Ne consegue che, essendo la facoltà di proporre opposizione alla richiesta di archiviazione attribuita dall’art. 410 CPP esclusivamente alla persona offesa, e non al semplice danneggiato dal reato, anche se denunciante, quest’ultimo non è legittimato a proporre opposizione (Sez. 7, 42285/2018).

 

Rapporti con altre fattispecie

Tra il delitto di false dichiarazioni rese al PM e quello di favoreggiamento dichiarativo, commesso con la condotta di false o reticenti informazioni rese alla PG, si evidenzia una sostanziale omogeneità del bene protetto dalle fattispecie che consiste nella funzionalità di ciascuna fase rispetto agli scopi propri nei quali le esigenze investigative (specialmente agli inizi del procedimento) e quelle della ricerca della verità (specialmente nella fase finale del processo) si sommano, sicché gli artt. 378, 371-bis e 372 finiscono per presidiare ciascuno una fase distinta del procedimento e del processo, restando simmetricamente esclusa  per predominante giurisprudenza – l’eventualità che la stessa condotta integri la violazione di più d’una di tali norme secondo lo schema del concorso formale di reati (art. 81) (Corte costituzionale, sentenza 75/2009).