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Art. 404 - Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio o danneggiamento di cose (1)

1. Chiunque, in luogo destinato al culto, o in luogo pubblico o aperto al pubblico, offendendo una confessione religiosa, vilipende con espressioni ingiuriose cose che formino oggetto di culto, o siano consacrate al culto, o siano destinate necessariamente all'esercizio del culto, ovvero commette il fatto in occasione di funzioni religiose, compiute in luogo privato da un ministro del culto, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000.

2. Chiunque pubblicamente e intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibili o imbratta cose che formino oggetto di culto o siano consacrate al culto o siano destinate necessariamente all'esercizio del culto è punito con la reclusione fino a due anni.

(1) Articolo così sostituito dall'art. 8, L. 85/2006.

Rassegna di giurisprudenza

L'art. 404, nel testo antecedente alla L. 85/2006 (Modifiche al codice penale in materia di reati di opinione), stabiliva che "Chiunque, in un luogo destinato al culto, o in un luogo pubblico o aperto al pubblico, offende la religione dello Stato, mediante vilipendio di cose che formino oggetto di culto, o siano consacrate al culto, o siano destinate necessariamente all'esercizio del culto, è punito con la reclusione da uno a tre anni (comma 1). La stessa pena si applica a chi commette il fatto in occasione di funzioni religiose, compiute in luogo privato da un ministro del culto cattolico (comma 2)".

La ratio della norma  come ben si comprende sin dalla rubrica  consisteva nell'approntare una particolare tutela penale alla religione cattolica, allora religione dello Stato, sanzionando qualsiasi condotta che costituisse un'offesa allo stesso culto, un atteggiamento gravemente irriverente ed oltraggioso, manifestato attraverso il vilipendio delle cose comunque legate alla religione medesima, poiché oggetto di culto (ad esempio, il Crocifisso), a questo consacrate (la chiesa quale edificio) o destinate per necessità all'esercizio dello stesso (gli arredi).

Una fattispecie, quindi, che mirava a tutelare l'essenza più profonda della religione cattolica, il suo intimo portato spirituale, qualora offesi attraverso condotte che si fossero dirette, materialmente, su specifiche "cose" legate al culto stesso; così come il precedente art. 403 sanzionava l'offesa alla religione mediante vilipendio delle persone che la professavano, e l'art. 402 puniva il vilipendio di questa tout court.

Proprio da tale carattere, poi, derivava che qualora l'offesa si fosse manifestata anche attraverso condotte ulteriori rispetto al vilipendio in sé (verbale, gestuale), e con riguardo a questo non necessarie, quali il danneggiamento o l'imbrattamento delle cose medesime, il delitto di cui all'art. 404 avrebbe concorso con l'art. 639 in tema di deturpamento e imbrattamento di cose altrui, attesa la diversità dell'oggetto giuridico tutelato e del fondamento della disposizione.

Questo contesto normativo, però, è mutato (per quel che qui rileva) con la L. 85/2006, che ha sostituito la lettera dell'art. 404 con la seguente, peraltro modificandone significativamente anche la rubrica (Offesa a una confessione religiosa mediante vilipendio o danneggiamento di cose): "Chiunque, in luogo destinato al culto, o in luogo pubblico o aperto al pubblico, offendendo una confessione religiosa, vilipende con espressioni ingiuriose cose che formino oggetto di culto, o siano consacrate al culto, o siano destinate necessariamente all'esercizio del culto, ovvero commette il fatto in occasione di funzioni religiose, compiute in luogo privato da un ministro del culto, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000 (comma 1).

Chiunque pubblicamente e intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibili o imbratta cose che formino oggetto di culto o siano consacrate al culto o siano destinate necessariamente all'esercizio del culto è punito con la reclusione fino a due anni (comma 2)".

Orbene, due elementi di novità risultano particolarmente rilevanti rispetto alla disciplina precedente: 1) la tutela penale del culto, qualora offeso attraverso l'aggressione alle cose che ad esso ineriscono, non è più limitata alla religione cattolica, ma estesa a tutte le confessioni riconosciute dallo Stato italiano (ciò in esito all'accordo del 18/2/1984 tra l'Itala e la Santa Sede  "Modifiche al concordato lateranense"  ratificato con la I. 25 marzo 1985, n. 121, a mente della quale "si considera non più in vigore il principio richiamato dai Patti lateranensi della religione cattolica come la sola religione dello Stato italiano"); 2) la norma oggi comprende ogni forma di offesa alla confessione che si estrinsechi sulle "cose di culto" ed a danno di queste, tanto che si manifesti attraverso il vilipendio (l'ingiuria verbale o gestuale), quanto a mezzo del danneggiamento delle cose medesime, come analiticamente descritto nel citato comma 2.

Condotta, quest'ultima, che il legislatore ha quindi voluto spogliare della sua portata "ordinariamente" economica, quale delitto contro il patrimonio (art. 639), individuandone la ratio sanzionatrice soltanto  e diversamente  nell'essere strumento di offesa alle confessioni religiose, che ben può esser realizzata anche attraverso la distruzione, il deterioramento o l'imbrattamento di un edificio di culto (Sez. 3, 41821/2015).