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Art. 512-bis - Trasferimento fraudolento di valori (1)

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali o di contrabbando, ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli articoli 648, 648-bis e 648-ter, è punito con la reclusione da due a sei anni.

(1) Articolo introdotto dal D.Lgs. 21/2018, in sostituzione dell’art. 12-quinquies, comma 1, DL 306/1992.

Rassegna di giurisprudenza

Il delitto di trasferimento fraudolento di valori è un reato istantaneo con effetti permanenti, che si consuma nel momento in cui viene realizzata l’intestazione fittizia, sicché, per potersi affermare il concorso da parte di soggetto terzo è necessario dimostrare che questi abbia fornito il proprio contributo materiale o morale nel momento stesso dell’attribuzione fraudolenta, non avendo invece alcuna rilevanza l’eventuale ausilio assicurato al permanere della situazione antigiuridica conseguente alla condotta criminosa (fattispecie nella quale la ricorrente che, in qualità di dipendente di una banca, avrebbe consentito ai soci occulti di una società di operare sui conti della stessa, era stata sottoposta a misura cautelare personale per concorso nel reato di trasferimento fraudolento di valori (Sez. 2, 16520/2021).

Ai fini della configurabilità del reato di intestazione fittizia di beni, in caso di assunzione della qualità di socio occulto o di titolare di fatto di un'attività economica preesistente, non è sufficiente l'accertamento della mera disponibilità del bene da parte di chi non ne risulti essere formalmente titolare, in quanto occorre verificare la provenienza dal predetto delle risorse economiche impiegate per il suo acquisto e la finalità di eludere l'applicazione di misure di prevenzione (Sez. 2, 16543/2021)

L’art. 12-quinquies della L. 356/1992 è stato abrogato e sostituito, con identica formulazione, dall’art. 512-bis inserito dal DLGS 21/2018. Lo “scopo elusivo” che connota il dolo specifico prescinde dalla concreta possibilità dell’adozione di misure di prevenzione patrimoniali all’esito del relativo procedimento, essendo integrato anche soltanto dal fondato timore dell’inizio di esso, a prescindere da quello che potrebbe esserne l’esito (Sez. 2, 22954/2017). Inoltre, il delitto di trasferimento fraudolento di valori è un reato di pericolo astratto, essendo sufficiente, per la sua commissione, che l’agente, sottoposto o sottoponibile ad una misura di prevenzione, compia un qualsiasi negozio giuridico al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali; ne consegue che la valutazione circa il pericolo di elusione della misura va compiuta ex ante, su base parziale, ovvero, alla stregua delle circostanze che, al momento della condotta, erano conosciute o conoscibili da un uomo medio in quella determinata situazione spazio-temporale (Sez. 2, 11881/2018). Infine, la struttura del reato ora previsto dall’art. 512-bis, a concorso necessario, non esclude l’ipotesi che il terzo intestatario risulti non punibile per mancanza di dolo, ferma restando la responsabilità dell’altro, essendo ben possibile che il terzo difetti della consapevolezza necessaria ad integrare l’elemento soggettivo del reato sotto il profilo della finalità di eludere l’applicazione delle disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniale, per le più svariate ragioni, anche per essere stato ingannato dal concorrente necessario (o per essere, ad esempio, stati prospettati al terzo intestatario ragioni di natura fiscale per procedere alla fittizia intestazione) (Sez. 2, 14100/2019).

Il trasferimento della norma di riferimento art. 12-sexies DL 306/1992  nel nuovo articolo 240-bis, per effetto dell’art. 6 del DLGS 21/2018, volto a realizzare la cosiddetta “riserva di codice”, non ne ha mutato neanche in minima parte i contenuti di sostanza e di forma, nonché l’ambito applicativo, ora come allora esteso al sequestro durante la fase delle indagini preliminari, in quanto misura prodromica alla confisca, ex art. 321, comma 2, CPP (Sez. 2, 9673/2019).

Il delitto di trasferimento fraudolento di valori richiede, da un punto vista oggettivo, che taluno abbia attribuito fittiziamente ad altri la titolarità o la disponibilità di denaro, beni o altre utilità allo scopo di sottrarli ad una misura di prevenzione patrimoniale; dal punto di vista soggettivo, che tutti i concorrenti nel reato abbiano agito con il dolo specifico di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniale. D’altra parte, il delitto di trasferimento fraudolento di valori è un reato istantaneo con effetti permanenti, che si consuma nel momento in cui viene realizzata l’attribuzione fittizia. Ne discende che, affinché possa affermarsi il concorso nel reato di trasferimento fraudolento di valori del soggetto che non sia intestatario fittizio né effettivo dominus del bene intestato in capo ad altri, ma che sia  appunto  “terzo” rispetto all’operazione realizzata a fini elusivi, è necessario dimostrare che questi abbia fornito il proprio contributo materiale o morale nel momento (stesso) dell’attribuzione fraudolenta. Nessuna rilevanza può pertanto assumere l’eventuale ausilio assicurato al permanere della situazione antigiuridica conseguente alla condotta criminosa, quale appunto lo svolgimento, per conto dell’interponente, dell’attività di gestione del bene trasferito fittiziamente (Sez. 6, 13843/2019).

Il delitto di cui all’art. 12-quinquies DL  306/1992 è una fattispecie a forma libera che si concretizza nell’attribuzione fittizia della titolarità o disponibilità di denaro o altro bene o utilità e consiste in una situazione di apparenza formale della titolarità del bene, difforme dalla realtà sostanziale, con la conseguenza che colui che si rende fittiziamente titolare di tali beni con lo scopo di aggirare le norma in materia di prevenzione patrimoniale o di contrabbando, o di agevolare la commissione dei reati di ricettazione, riciclaggio o impiego di beni di provenienza illecita, risponde a titolo di concorso nella stessa figura criminosa posta in essere da chi ha operato la fittizia attribuzione in quanto con la sua condotta cosciente e volontaria contribuisce alla lesione dell’interesse protetto dalla norma (Sez. 2, 8452/2019).

Sebbene la fattispecie ex art. 12-quinquies DL 306/1992 sia intitolata “trasferimento fraudolento di valori” il che farebbe pensare ad un “passaggio” di titolarità di beni da un soggetto ad un altro con modalità fittizie o simulatorie, di modo che sembrerebbe necessario accertare in primo luogo se tale passaggio vi sia stato e in secondo luogo se esso rivesta carattere fittizio, si ritiene che questa lettura puramente formale ed esteriore della norma non sia condivisibile poiché i contorni della fattispecie in esame ed in particolare la condotta attiva, devono essere esattamente individuati attraverso il contenuto precettivo della disposizione normativa e alla luce della sua ratioIl precetto dell’art. 12-quinquies parla precisamente di “attribuzione fittizia” ad altri della “titolarità o disponibilità” di denaro, beni od altre utilità ed individua espressamente la finalità della norma (quale elemento oggetto di dolo specifico) nell’intento di impedire l’elusione di misure di prevenzione patrimoniali o di contrabbando ovvero l’agevolazione di delitti di ricettazione, riciclaggio o impiego di beni di provenienza illecita. L’individuazione della materialità del delitto in esame nella “attribuzione fittizia della titolarità o disponibilità” di denaro, beni od altre utilità, consente di affermare che il legislatore prescinde da concetti giuridico-formali. In primo luogo, infatti, l’impiego dei termini “disponibilità” e “titolarità”, inidonei a caratterizzare soltanto la condizione del possessore o quella del proprietario, rispondono all’esigenza di ricondurre nell’ambito della previsione normativa tutte quelle situazioni, anche non inquadrabili secondo precisi schemi civilistici, nelle quali tuttavia il soggetto viene a trovarsi in un rapporto di signoria con il bene. In secondo luogo, il termine “attribuzione” prescinde da un trasferimento in senso tecnico-giuridico o, per meglio dire, non descrive quali debbano essere le modalità della fittizia attribuzione, rimandando, non a negozi giuridici tipicamente definiti ovvero a precise forme negoziali, ma piuttosto ad una indeterminata casistica, individuabile soltanto attraverso la comune caratteristica del mantenimento dell’effettivo potere sul bene “attribuito” in capo al soggetto che effettua l’attribuzione ovvero per conto o nell’interesse del quale l’attribuzione medesima viene compiuta; richiedendo, pertanto, l’accertamento che denaro, beni od altre utilità che appaiono nella “titolarità o disponibilità” di un soggetto, in realtà siano riconducibili ad un soggetto diverso. In altri termini, il legislatore, nella consapevolezza della complessità dei moderni sistemi economico-finanziari, non indica i meccanismi, che possono essere molteplici, diversi e non classificabili in astratto, attraverso i quali dovrebbe realizzarsi la “attribuzione fittizia”, ma lascia libero il giudice di merito di procedere a tutti gli accertamenti del caso al fine di pervenire ad un giudizio, non vincolato necessariamente da criteri giuridico- formali, ma soltanto rispettoso dei parametri normativi di valutazione delle prove o degli indizi emergenti da elementi fattuali o logici. Questo deve ritenersi sia il significato del principio, già formulato e da ribadire, secondo il quale il delitto in esame è una fattispecie a forma libera, che si concretizza nell’attribuzione fittizia della titolarità o della disponibilità di qualsiasi cosa, di denaro o un’altra utilità, realizzata in qualsiasi forma. Il fatto-reato nella sua struttura consiste, quindi, in una situazione di apparenza giuridica e formale della titolarità o disponibilità del bene, difforme dalla realtà, e nel realizzare consapevolmente e volontariamente tale situazione. Si tratta in altri termini, della dolosa determinazione di una situazione di apparenza giuridica e formale della titolarità o disponibilità del bene, difforme dalla realtà, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale o di contrabbando ovvero al fine di agevolare la commissione di reati relativi alla circolazione di mezzi economici di illecita provenienza, non essendo previsto dalla fattispecie incriminatrice che la provvista per le intestazioni fittizie debba avere natura illecita. La finalità elusiva che connota il in esame può riguardare non solo la fase iniziale della procedura di prevenzione patrimoniale (quando la stessa sia già in atto o, ancor prima, quando non sia ancora stata intrapresa ma possa fondatamente presumersene l’inizio), ma anche fase finale della procedura, nella tensione a precludere qualsiasi spazio di elusione al divieto. Il riferimento alle mere disposizioni di legge anziché alle misure (già in essere o ancora sub indice) evidenzia icasticamente (solo) l’abbassamento della soglia di punibilità della fattispecie (che è a forma libera come sopra detto), ancor prima che una misura di prevenzione patrimoniale sia stata emessa od anche solo richiesta, ma non esclude che possa configurarsi il reato anche dopo che la misura sia stata disposta quando la manovra elusiva si inserisca nella fase esecutiva della procedura ablativa. Occorre avere riguardo, infatti, alla ratio della norma incriminatrice che richiamando le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali ( e non personali) si correla alla finalità ad esse sottesa che è quella di inibire al proposto lo svolgimento di attività di impresa (e non solo di sottrargli la disponibilità di beni ) con la conseguenza che l’attribuzione fittizia integra il delitto di cui all’art. 12-quinquies quando volta a consentire al proposto, cui è inibito il normale svolgimento di attività di impresa, di continuare a svolgere tale attività  (Sez. 2, 8452/2019).

Il delitto di trasferimento fraudolento di valori è un reato istantaneo con effetti permanenti (Sez. 2, 15792/2015).

Il delitto di trasferimento fraudolento di valori, pur avendo natura di reato istantaneo con effetti permanenti, si consuma, qualora la condotta criminosa si articoli in una pluralità di attribuzioni fittizie, nel momento in cui viene realizzata l’ultima di esse, sì che la serie concatenata di atti trasformativi realizza un’azione unitaria che si qualifica con il raggiungimento dell’assetto stabile e definitivo della nuova “apparenza” della compagine sociale (Sez. 2, 47452/2015).

In relazione al delitto di trasferimento fraudolento di valori, colui che si rende fittiziamente titolare di denaro, beni o altre utilità, al fine di eludere le norme in materia di prevenzione patrimoniale, ne risponde, a titolo di concorso, non solo con chi ha operato la fittizia attribuzione, ma anche con coloro che, in modo convergente e previa intesa, ne hanno consapevolmente favorito o agevolato la condotta elusiva (Sez. 2, 4450/2019).

Integra la fattispecie criminosa di trasferimento fraudolento di valori la condotta di partecipazione societaria, quale socio occulto, per l’esercizio di un’attività economica preesistente, che faccia assumere la contitolarità della proprietà aziendale e degli utili prodotti, e che sia finalizzata all’elusione delle disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale, in quanto l’interposizione fittizia ricorre anche quando sia riferibile solo ad una quota del bene in oggetto (Sez. 1, 1265/2019).

Il reato di cui all’art. 12-quinquies del DL 306/1992 è una fattispecie a forma libera, comprensiva di ogni condotta che comporti il concreto risultato di una volontaria attribuzione fittizia della titolarità o della disponibilità di denaro o di altre utilità, al fine di eludere le norme in materia di misure di prevenzione patrimoniali e il controllo dei cespiti mafiosi. Ne consegue che, sul piano dell’elemento soggettivo, la connotazione essenziale del delitto di cui si controverte è la consapevole determinazione, in qualsiasi forma realizzata, di una situazione di difformità tra titolarità formale  meramente apparente  e titolarità di fatto di un determinato patrimonio, qualificata dal perseguimento delle finalità fraudolente descritte dalla norma in esame (Sez. 1, 1265/2019).

Costituiscono condotte idonee a concretizzare un’ipotesi di interposizione fittizia, rilevante ai sensi dell’art. 12-quinquies del DL 306/1992, sia quelle che riguardano attività elusive concernenti il bene aziendale nella sua interezza sia quelle riferibili a una quota delle attività imprenditoriali sia quelle in cui un soggetto diventa socio occulto di un’impresa già esistente, assumendo il ruolo di compartecipe ai profitti (Sez. 1, 1265/2019).

Il delitto di trasferimento fraudolento di valori deve ritenersi integrato anche in presenza di condotte aventi ad oggetto beni non provenienti da delitto, in accordo con la “ratio” dell’incriminazione che persegue unicamente l’obiettivo di evitare manovre dei soggetti potenzialmente assoggettabili a misure di prevenzione, dirette a non far figurare la loro disponibilità di beni o altre utilità, a prescindere dalla provenienza di questi (Sez. 2, 13448/2016).

Il reato di intestazione fittizia si distingue dal delitto di riciclaggio di cui all’art. 648-bis proprio perché mentre in questa ultima fattispecie é necessario che i beni su cui vengano poste in essere le condotte incriminate siano provenienza di delitto, nell’altra si persegue solo l’obiettivo di evitare manovre dei potenziali assoggettabili a misure di prevenzione, volte a non far figurare la loro disponibilità di beni o altre utilità, a prescindere dalla provenienza di questi da delitto, che se provata può integrare altri reati (Sez. 2, 14088/2019).

Ai fini della integrazione della fattispecie di cui all’art. 12-quinquies del DL 306/1992, è necessaria l’attribuzione fittizia ad altri della titolarità o della disponibilità di denaro, beni o altre utilità, sicché, in ossequio al principio di tassatività, non assume rilievo il simulato trasferimento dei compiti di amministrazione di una società commerciale, anche nel caso in cui la condotta è finalizzata alla elusione dell’applicazione di misure di prevenzione patrimoniali (Sez. 2, 5266/2019).

Il delitto di trasferimento fraudolento di valori non è un reato plurisoggettivo improprio, ma è una fattispecie a forma libera che si concretizza nell’attribuzione fittizia della titolarità o disponibilità di denaro o altro bene o utilità e consiste in una situazione di apparenza formale della titolarità del bene, difforme dalla realtà sostanziale, con la conseguenza che colui che si rende fittiziamente titolare di tali beni con lo scopo di aggirare le norma in materia di prevenzione patrimoniale o di contrabbando, o di agevolare la commissione dei reati di ricettazione, riciclaggio o impiego di beni di provenienza illecita, risponde a titolo di concorso nella stessa figura criminosa posta in essere da chi ha operato la fittizia attribuzione in quanto con la sua condotta cosciente e volontaria contribuisce alla lesione dell’interesse protetto dalla norma. Ai fini dell’integrazione del reato di intestazione fittizia di beni, non è sufficiente l’accertamento della mera disponibilità del bene da parte di chi non ne risulta essere formalmente titolare, in quanto occorre la prova, sia pur indiziaria, della provenienza delle risorse economiche impiegate per il suo acquisto da parte del soggetto che intenda eludere l’applicazione di misure di prevenzione (Sez. 2, 12680/2019).

Qualora ad una prima condotta di fittizia attribuzione di beni o di utilità seguano operazioni dirette ad attribuire, sempre fittiziamente, nuove utilità agli stessi o a diversi soggetti, deve escludersi che si tratti di un post-fatto non punibile, se tali operazioni sono dirette al medesimo scopo di eludere le disposizioni normative in materia di misure di prevenzione patrimoniale (Sez. 2, 11881/2018).

La Corte costituzionale (sentenza 33/2018) ha dichiarato l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 12-sexies, comma 1, DL 306/1992, prendendo atto della costante interpretazione della norma da parte della giurisprudenza di legittimità, secondo la quale esso richiede, a fondamento della presunzione di illegittima acquisizione del bene sottoposto a confisca  oltre ai requisiti costituiti dalla condanna per determinati reati e della sproporzione del patrimonio del condannato con l’acquisto del bene  che il bene stesso sia entrato nel patrimonio dello stesso in un ambito di cosiddetta «ragionevolezza temporale». Ha precisato il giudice delle leggi, richiamando varie pronunce di legittimità, che «il momento di acquisizione del bene non dovrebbe risultare, cioè, talmente lontano dall’epoca di realizzazione del “reato spia” da rendere ictu oculi irragionevole la presunzione di derivazione del bene stesso da una attività illecita, sia pure diversa e complementare rispetto a quella per cui è intervenuta condanna»; è così salvaguardata l’esigenza «di evitare una abnorme dilatazione della sfera di operatività dell’istituto della confisca “allargata”, il quale legittimerebbe altrimenti  anche a fronte della condanna per un singolo reato compreso nella lista  un monitoraggio patrimoniale esteso all’intera vita del condannato». La giurisprudenza di legittimità è saldamente ancorata a questo principio (Sez. 2, 14100/2019).

Per la configurabilità del delitto di trasferimento fraudolento di valori è necessario che l’attribuzione della titolarità o della disponibilità della cosa, pur non inquadrabile nell’ambito di rigorosi schemi civilistici, comporti, quantomeno, il fittizio conferimento di un’apprezzabile signoria sulla “res” (Sez. 2, 9652/2019).

Ai fini della configurabilità del reato di trasferimento fraudolento di valori, è sufficiente l’accertamento dell’attribuzione fittizia ad altri della titolarità o della disponibilità di denaro, beni o altre utilità, senza che al giudice sia anche richiesto l’apprezzamento della concreta capacità elusiva dell’operazione patrimoniale accertata, trattandosi di situazione estranea agli elementi costitutivi del fatto incriminato (Sez. 5, 40278/2016).

Ai fini della configurabilità del delitto di trasferimento fraudolento di valori, non occorre la preventiva emanazione delle misure di prevenzione, né la pendenza del relativo procedimento, bastando soltanto che l’autore ne possa temere l’instaurazione (Sez. 2, 22954/2017).

L’espressione “attribuzione fittizia della titolarità o della disponibilità di denaro, beni o altre utilità” ha una valenza ampia che rinvia non soltanto alle forme negoziali tradizionalmente intese, ma a qualsiasi tipologia di atto idonea a creare un apparente rapporto di signoria tra un determinato soggetto e il bene, rispetto al quale permane intatto il potere di colui che effettua l’attribuzione, per conto  o nell’interesse  del quale l’attribuzione è operata; ne consegue che anche l’affitto di un ramo di azienda può integrare un caso di attribuzione fittizia, diretta a creare una realtà giuridica apparente nell’interesse del reale “dominus” (Sez. 2, 52616/2014).

È inammissibile il ricorso che, a fronte di una approfondita valutazione, da parte del TDR, degli elementi reddituali del nucleo familiare interessato dal sequestro, ripropone, sotto il profilo della omessa o carente motivazione, questioni riguardanti l’accertamento della sproporzione (Sez. 2, 18951/2017).

In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria prevista dall’art. 12-sexies DL 306/1992, quando il provvedimento è stato adottato nei confronti di soggetti estranei al procedimento penale, la legittimazione a richiedere il riesame o a proporre appello, è limitata all’aspetto della presunzione di interposizione di persona in base alla quale la misura cautelare è stata disposta, onde far valere l’effettiva titolarità o disponibilità del bene e l’inesistenza di relazioni di “collegamento” con l’imputato, rimanendo la stessa esclusa in relazione a profili diversi del provvedimento, sui quali le persone estranee al sequestro non hanno titolo alcuno ad interloquire (Sez. 2, 15804/2015).

La presunzione relativa circa l’illecita accumulazione patrimoniale, prevista nella speciale ipotesi di confisca di cui all’art. 12-sexies del DL 306/1992 opera, oltre che in relazione ai beni del condannato, anche in riferimento ai beni intestati al coniuge dello stesso, qualora la sproporzione tra il patrimonio nella titolarità del coniuge e l’attività lavorativa svolta dallo stesso, confrontata con le altre circostanze che caratterizzano il fatto concreto, appaia dimostrativa della natura simulata dell’intestazione (Sez. 2, 3620/2014).

Anche il delitto di trasferimento fraudolento di valori può fungere da reato presupposto dei delitti di cui agli artt. 648-bis e 648-ter (Sez. 2, 33076/2016).