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Art. 47 - Errore di fatto

1. L’errore sul fatto che costituisce il reato esclude la punibilità dell’agente. Nondimeno, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.

2. L’errore sul fatto che costituisce un determinato reato non esclude la punibilità per un reato diverso.

3. L’errore su una legge diversa dalla legge penale esclude la punibilità, quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce il reato.

Rassegna di giurisprudenza

Concreta errore sulla legge penale, come tale inescusabile, sia quello che cade sulla struttura del reato, sia quello che incide su norme, nozioni e termini propri di altre branche del diritto, introdotte nella norma penale ad integrazione della fattispecie criminosa, dovendosi intendere per «legge diversa dalla legge penale» ai sensi dell’art. 47 quella destinata in origine a regolare rapporti giuridici di carattere non penale e non esplicitamente incorporata in una norma penale, o da questa non richiamata anche implicitamente (Sez. 4, 14011/2015).

Per "legge diversa dalla legge penale", ai sensi dell’art. 47, si deve intendere quella destinata in origine a regolare rapporti giuridici di carattere non penale e non esplicitamente incorporata in una norma penale, o da questa non richiamata neppure implicitamente (Sez. F, 37608/2018).

La disciplina dell’errore sul fatto non si applica nel caso disciplinato dall’art. 116, che presuppone l’assenza di volontà del fatto più grave (Sez. 1, 56133/2018).

L’errore sulla natura, costituente reato, del fatto oggetto di denuncia non è scriminato dal momento che esso costituisce proprio l’elemento strutturale della fattispecie incriminatrice e non ricade su «legge diversa dalla legge penale» che, se ignorata, determina la non punibilità (Sez. 7, 43512/2018).

L’errore per essere determinante deve far sorgere il convincimento nel soggetto circa l’esistenza di una situazione che non corrisponde alla realtà, ma che se fosse tale legittimerebbe la condotta tenuta: l’errore sul fatto che, ai sensi dell’art. 47, esime dalla punibilità, è quello che cade su un elemento materiale del reato e che consiste in una difettosa percezione o in una difettosa ricognizione della percezione che alteri il presupposto del processo volitivo, indirizzandolo verso una condotta viziata alla base; mentre, se la realtà è stata esattamente percepita nel suo concreto essere, non v’è errore sul fatto, bensì errore sull’interpretazione tecnica della realtà percepita e sulle norme che la disciplinano, ininfluente ai fini dell’applicazione della citata disposizione (Sez. 1, 38337/2017).

L’errore di fatto ex art. 47, quale falsa rappresentazione che possa escludere la sussistenza dell’elemento psicologico, in tanto può avere influenza giuridico-penale in quanto il soggetto si rappresenti la realtà di fatti che se in concreto effettivamente esistenti escluderebbero l’antigiuridicità del suo comportamento (Sez. 6, 3485/1983, richiamata da Sez. 3, 388/2019).

L’errore su una legge diversa da quella penale esclude la punibilità solo se ha cagionato un errore sul fatto che costituisce il reato (art. 47, comma terzo, Sez. 3, 33039/2016, che, in un caso analogo, relativo al rilascio di permesso di costruire un manufatto abusivo sul presupposto dell’esistenza di una prassi comunale in ragione della quale erano state già consentite altre edificazioni aventi le medesime caratteristiche, ha affermato il principio per il quale non è escluso l’elemento soggettivo del reato di abuso di ufficio allorquando una prassi diffusa si sia inserita in un contesto giuridico amministrativo, se non contrario, incerto in ordine alla possibilità di realizzare l’attività contestata, dovendo il pubblico dipendente, o comunque la persona addetta ad un pubblico servizio, astenersi dal porre in essere comportamenti dubbi ed acquisire dai competenti organi amministrativi le necessarie informazioni ed assicurazioni circa la legittimità dell’attività svolta, in modo da adempiere a quell’onere informativo che può rendere scusabile l’errore sulla legge penale. In senso analogo, Sez. 6, 35813/2007) (riassunzione dovuta a Sez. 3, 41239/2018).

L’errore su legge diversa da quella penale di cui all’art. 47, comma terzo, non rileva nel caso di norme da ritenersi incorporate nel precetto penale, fra le quali rientrano quelle che attribuiscono ad un bene il carattere della pignorabilità, trattandosi di disposizioni che, in quanto espressamente richiamate dall’art. 388, comma sesto, attraverso lo specifico riferimento alle cose o ai crediti "pignorabili", ne costituiscono parte integrante (Sez. 6, 27941/2016).

In tema di omicidio del consenziente, il consenso è elemento costitutivo del reato, sicché ove il reo incorra in errore circa la sussistenza del consenso trova applicazione la previsione dell’art. 47, in base al quale l’errore sul fatto che costituisce un determinato reato non esclude la punibilità per un reato diverso, nel caso di specie individuabile nel delitto di omicidio volontario (Sez. 1, 12928/2016).

Il delitto previsto dall’art. 95 DPR 115/2002 sanziona la falsa attestazione circa la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l’ammissione con specifica determinazione del reddito complessivo valutabile a tali fini, determinato secondo le modalità dell’art. 76, (art. 79, comma 1, lett. c). E l’art.76 fa rinvio alla dichiarazione dei redditi IRPEF. Seppure non si possa ignorare che la norma incriminatrice, per quanto rapporti la falsità della dichiarazione sostitutiva al modello dell’art. 483, la esprima in effetti in una previsione complessa, tanto non esclude la chiarezza del dato normativo, insuscettibile di essere frainteso.

Come è stato chiarito dalle Sezioni unite (SU, 6591/2009) la dichiarazione non ha, infatti, ad oggetto la sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio, bensì i dati da cui l’istante la induce ("determina") quale risultato, suscettibile di valutazione discrezionale seppur vincolata dell’organo destinatario, come nel caso della dichiarazione IRPEF, su cui si modella.

Fine della norma incriminatrice è, dunque, quello di soddisfare la necessità della compiuta ed affidabile informazione del destinatario che, a fronte della complessità e del tenore dell’istanza cui è speculare la valutazione da svolgere, ha urgenza di decidere. Da tale presupposto discende il corollario per cui la norma richiamata dall’art. 95 DPR 115/2002, debba configurarsi come legge extrapenale integratrice del precetto penale, in quanto si tratta di regola posta proprio al fine di individuare i dati che devono essere portati a conoscenza del magistrato per valutare, in primo luogo, l’ammissibilità dell’istanza e, successivamente, la sussistenza delle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

L’imputato, ove chieda il riconoscimento dell’errore di fatto, è comunque tenuto ad allegare con la necessaria specificità gli elementi che ne consentano l’affermazione (Sez. 4, 18412/2018).