Art. 168 - Revoca della sospensione (1)
1. Salva la disposizione dell’ultimo comma dell’art. 164, la sospensione condizionale della pena è revocata di diritto qualora, nei termini stabiliti, il condannato:
1) commetta un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole, per cui venga inflitta una pena detentiva, o non adempia agli obblighi impostigli (1);
2) riporti un’altra condanna per un delitto anteriormente commesso a pena che, cumulata a quella precedentemente sospesa, supera i limiti stabiliti dall’articolo 163 (2).
2. Qualora il condannato riporti un’altra condanna per un delitto anteriormente commesso, a pena che, cumulata a quella precedentemente sospesa, non supera i limiti stabiliti dall’art. 163, il giudice, tenuto conto dell’indole e della gravità del reato, può revocare l’ordine di sospensione condizionale della pena.
3. La sospensione condizionale della pena è altresì revocata quando è stata concessa in violazione dell’articolo 164, quarto comma, in presenza di cause ostative. La revoca è disposta anche se la sospensione è stata concessa ai sensi del comma 3 dell’articolo 444 del codice di procedura penale (2).
(1) Articolo così sostituito dall’art. 13, DL 99/1974.
(2) Comma aggiunto dall’art. 1, L. 128/2001.
Rassegna di giurisprudenza
A differenza della revoca facoltativa della sospensione condizionale della pena ai sensi dell'art. 168 comma 2, la revoca obbligatoria o «di diritto» ex art. 168 comma 1 e quella ex art. 168 comma 3 che può essere disposta anche dal giudice di appello e, in mancanza di impugnazione, dal PM hanno natura dichiarativa e di mero accertamento in quanto ha riguardo ad effetti di diritto sostanziale che si producono ope legis e possono essere rilevati in ogni momento sia dal giudice della cognizione sia dal giudice dell'esecuzione che sia investito della relativa domanda (petitum), quale che siano le ragioni poste a fondamento (Sez. 1, 24998/2022).
Il giudice dell'esecuzione può legittimamente provvedere sulla richiesta del PM di revocare la sospensione condizionale della pena concessa in sede di cognizione in relazione a più sentenze di condanna, soltanto dopo aver provveduto sulla contestuale istanza del condannato di verificare la sussistenza dei presupposti per unificare - in executivis - i fatti giudicati con le predette sentenze sotto il vincolo della continuazione; è infatti evidente che il giudizio sulla operatività di eventuali cause di revoca di diritto del beneficio di cui all'art. 163 e sul superamento dei limiti di pena stabiliti dalla legge per la sua concessione costituisce un necessario posterius rispetto a quello sulla sussistenza del reato continuato, il cui riconoscimento sarebbe destinato a comportare - in ragione della concezione unitaria del reato ai fini del trattamento sanzionatorio - l'applicazione di un'unica pena sul cui risultato complessivo dovrà essere commisurata ogni successiva valutazione ex artt. 163 e segg. (Sez. 1, 2887/2022).
Dal combinato disposto degli artt. 164 e 168 deve trarsi il principio secondo il quale, da una parte, la valutazione della possibilità e opportunità della seconda sospensione condizionale, di per sé ostativa alla revoca della precedente, è di competenza esclusiva del giudice della cognizione non potendo trovare applicazione in sede esecutiva mentre, dall’altra, il giudice dell'esecuzione, a fronte di una seconda condanna inflitta e non sospesa, pur ricorrendone la possibilità quanto ai limiti di pena, non può che limitarsi a revocare la prima sospensione, conformemente al suo ruolo che non gli consente di valutare diversamente situazioni già giudicate in sede di cognizione (Sez. 1, 11612/2021).
Il tenore dell'art. 168 comma 3, secondo cui «la sospensione condizionale della pena è [...] revocata quando è stata concessa in violazione dell'articolo 164, quarto comma, in presenza di cause ostative», induce a ritenere che il rimedio revocatorio si imponga anche al cospetto dell'originaria legittimità formale del provvedimento — non sussistendo, al momento della sua adozione, la causa ostativa — ed in considerazione della violazione del precetto contenuto nell'art. 164 comma 4, sebbene determinatasi ed accertata in epoca successiva (Al riguardo la Corte ha stabilito la prevalenza del profilo di sostanziale illegittimità del progressivo formarsi dei diversi giudicati rispetto alla apparente conformità a norma, con riferimento alla situazione illo tempore esistente, della pronunzia con la quale è stata disposta la sospensione condizionale, e nel conseguente apprezzamento della funzione dello strumento revocatorio introdotto dal legislatore nel 2001, inteso a ripristinare la legalità e ad assicurare la complessiva coerenza del sistema così da evitare che la parallela promozione di autonomi procedimenti penali e lo sfalsamento dell'irrevocabilità dei relativi accertamenti si traducano nella frustrazione dell'obiettivo, chiaramente enunciato dal legislatore, di contenere entro i limiti indicati l'applicazione del beneficio ex art. 163 (Sez. 1, 9310/2021).
La dichiarazione di estinzione del reato oggetto di sentenza di applicazione della pena, ai sensi dell’art. 445 comma 2 c.p.p., impedisce la revoca della sospensione condizionale della pena concessa con la medesima sentenza, anche se si accerti che nel quinquennio decorrente dalla data di irrevocabilità della stessa il soggetto abbia commesso ulteriore delitto (Sez. 2, 4833/2021).
Il provvedimento di revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena previsto dal comma 3 dell’art. 168, e più specificatamente in tutti quei casi in cui il beneficio della sospensione venga concesso in presenza della cause ostative indicate al comma 4 dell’art. 164, ha natura dichiarativa, riguardando infatti effetti di diritto sostanziale che si producono ope legis e sono quindi rilevabili in ogni momento tanto dal giudice della cognizione che dal giudice dell’esecuzione ex art. 674 CPP anche in assenza di impugnazione del PM sul punto (Sez. 7, 3047/2019).
La revoca della sospensione condizionale della pena concessa con precedente sentenza è consentita solo se i fatti oggetto del giudizio risultano commessi entro il quinquennio dal passaggio in giudicato della sentenza che concede il beneficio, a nulla rilevando che il beneficio stesso fosse revocabile da sentenze intermedie, che viceversa hanno optato per una diversa valutazione (Sez. 6, 48276/2018).
Legittimamente il beneficio della sospensione condizionale della pena è negato dal giudice in base a prognosi sfavorevole nella quale rientrano, oltre le sentenze di condanna riportate dall’imputato, anche i precedenti giudiziari di cui all’art. 133 in quanto il giudizio prognostico ex art. 164, comma primo, per altro, è del tutto indipendente dai limiti relativi alla misura della pena fissati dall’art. 163 che determinano la concedibilità in astratto del beneficio ma non certo il contenuto favorevole della prognosi (Sez. 4, 114/2019).
In tema di sospensione condizionale della pena, nel caso in cui il beneficio venga subordinato all’adempimento dell’obbligo di risarcimento del danno, il giudice della cognizione non è tenuto a svolgere alcun accertamento preventivo sulle condizioni economiche dell’imputato, salva l’ipotesi in cui emergano situazioni che ne facciano dubitare della capacità economica di adempiere ovvero quando tali elementi siano forniti dalla parte interessata. (Sez. 4, 50028/2017).
Peraltro, la questione dell’impossibilità ad adempiere potrà essere posta innanzi al GE il quale, una volta accertata l’assoluta impossibilità di adempiere, non potrà revocare il beneficio (Sez. 5, 12614/2015); inoltre, un simile accertamento comporterebbe la necessità di una istruttoria nel contraddittorio delle parti, che potrebbe rivelarsi inutile, non precludendo al soggetto interessato di dimostrare, in sede esecutiva, la modifica peggiorativa della propria situazione economica (Sez. 5, 12614/2015).
Il giudice, pur non essendo tenuto a svolgere un preventivo accertamento delle condizioni economiche dell’imputato, deve effettuare un motivato apprezzamento di esse, qualora l’imputato abbia diligentemente allegato specifiche circostanze dirette a dimostrare l’assoluta incapacità a soddisfare la condizione imposta (Sez. 6, 11371/2008). Invero, se agli atti risulta già acquisita la prova del grave ed attuale disagio economico dell’imputato, tale da non necessitare di ulteriori accertamenti per escludere la possibilità di provvedere al risarcimento del danno, di esso occorrerà tener conto (Sez. 5, 5722/2019).
L’assoluta impossibilità di adempiere impedisce la revoca del beneficio, una volta accertata dal giudice dell’esecuzione (Sez. 3, 3197/2008).
Ai fini della revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena per inadempimento dell'obbligo di prestazione di attività non retribuita in favore della collettività, il giudice di merito, nel riscontrare l'inadempimento del condannato, è tenuto a verificare se la prestazione lavorativa fosse esigibile e se, dunque, detto inadempimento fosse rimproverabile, dovendo poi valutare, solo successivamente all'esito positivo di tale scrutinio, l'eventuale inattività o scarsa collaborazione del condannato a soddisfare l'obbligo cui sia stato subordinato il beneficio (La Corte, dichiarando inammissibile il motivo di ricorso, ha evidenziato che il giudice territoriale aveva formulato un giudizio negativo non tanto per avere interrotto l’imputata la prestazione lavorativa, quanto, piuttosto, per essersi del tutto disinteressata della procedura, omettendo, una volta superata la condizione di temporanea indisposizione, di prendere contatto con il comune di residenza per il prosieguo del trattamento) (Sez. 1, 7195/2021).
L'inosservanza dell'obbligo cui è subordinato il beneficio della sospensione condizionale della pena e che viene imposto a tutela del soggetto vittima del reato per sollecitare l'adempimento da parte dell'obbligato, interessato a realizzare la condizione sospensiva per non essere sottoposto ad espiazione della pena, non comporta la revoca automatica del beneficio, poiché è riconosciuta al soggetto interessato, in sede di esecuzione, la possibilità di allegare l'assoluta impossibilità e l'estrema difficoltà dell'adempimento, mentre compete al giudice di verificare la attendibilità e la rilevanza della situazione ostativa dedotta (Sez. 1, 17830/2021).