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Art. 660 - Molestia o disturbo alle persone

1. Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516 (1).

(1) Ammenda così aumentata ai sensi dell’art. 113, L. 689/1981.

Rassegna di giurisprudenza

La previsione della norma incriminatrice, circa la molestia o il disturbo recati “col mezzo del telefono”, va intesa comprendendo nella tipicità del fatto anche la condotta posta in essere attraverso il mezzo del citofono (per le condotte di disturbo poste in essere attraverso la corrispondenza elettronica sgradita, che provochi turbamento o, quanto meno, fastidio, Sez. 1, 24510/2010; per quella posta in essere con sms: Sez. 1, 30294/2011; precedentemente: Sez. 6, 8759/1978, che ha ritenuto che nella ampia dizione di cui all’art. 660 del disturbo recato col mezzo del telefono fossero compresi anche le condotte di molestia recate con altri analoghi mezzi di comunicazione a distanza).

Ebbene la comunicazione effettuata con lo strumento del citofono, alla luce di una contestualità sincrona, tra azione del chiamante e del chiamato, che risponde in estemporanea, replica esattamente la struttura tipica della condotta di molestia recata con il mezzo del telefono. In realtà lo strumento di comunicazione diviene mezzo commissivo necessario del fatto, non in ragione della sua caratteristica tecnica e della definizione nominalistica datane dalla disposizione, ma in quanto strumento che permette, appunto, la comunicazione a distanza in termini di contestualità, inglobando nella previsione dell’incriminazione quelle condotte che, pur poste in essere con uno strumento diverso dal telefono, producono un risultato analogo a quello che si concretizza attraverso l’uso del telefono stesso.

Nella specie, l’impiego del citofono presenta un’unica variante di natura tecnica. Esso, cioè, non permette di comunicare in maniera indifferenziata, con altri utenti. Consente, piuttosto, il solo contatto con il soggetto servito dall’impianto di comunicazione a distanza.

Ciò, tuttavia, non rivela alcuna diversità strutturale sul piano della tipicità normativa, tra i due mezzi tecnici, né enuclea varianti rispetto al risultato prodotto con l’impiego del telefono. La condotta di molestia o di disturbo è attuata, cioè, anche avvalendosi del citofono, collocato presso l’abitazione, attraverso l’impiego di un mezzo di comunicazione a distanza, che realizza un effetto di interlocuzione contestuale a distanza e che rientra, pertanto, nella piena tipicità della disposizione incriminatrice.

Del resto, non si è mancato di annotare che l’azione tipica, ove si svolga o venga recepita in luogo privato, è da commettersi “con il mezzo del telefono” ed in tale dizione rientra anche l’utilizzo, per finalità di petulanza o altro biasimevole motivo, di strumenti di comunicazione a distanza analoghi e tesi a produrre il medesimo effetto, come il citofono di una abitazione (Sez. 7, 42379/2017) (riassunzione dovuta a Sez. 7, 8584/2019).

Il reato previsto dall’art. 660 e la molestia che ne contraddistingue il nucleo centrale d’offesa ha come elemento costitutivo il particolare motivo che connota la condotta dell’autore. Esso si obiettivizza nell’azione normativamente descritta, che deve essere compiuta “per petulanza o per altro biasimevole motivo”, aspetto che entra nella tipicità strutturale della fattispecie e ne integra un requisito costitutivo. Nell’ipotesi di reciprocità e/o di ritorsione delle molestie, pertanto, manca quest’ultima condizione, cui è subordinata l’illiceità penale del fatto (Sez. 1, 26303/2004).

Non è configurabile il reato di molestia o disturbo alle persone previsto dall’art. 660 allorché vi sia reciprocità o ritorsione delle molestie, in quanto in tal caso non ricorre la condotta tipica descritta dalla norma, e cioè la sua connotazione “per petulanza o altro biasimevole motivo”, cui è subordinata l’illiceità penale del fatto (Sez. 1, 23262/2016).

Il reato di molestia di cui all’art. 660 non è necessariamente abituale, per cui può essere realizzato anche con una sola azione di disturbo o di molestia, purché ispirata da biasimevole motivo o avente il carattere della petulanza, che consiste in un modo di agire pressante ed indiscreto, tale da interferire sgradevolmente nella sfera privata di altri (Sez. 1, 459/2019).

Ai fini della configurabilità del reato di molestie, previsto dall’art. 660, per petulanza si intende un atteggiamento di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nella altrui sfera di libertà, con la conseguenza che la pluralità di azioni di disturbo integra l’elemento materiale costitutivo del reato (Sez. 1, 6908/2012).

Ai fini della sussistenza del reato ex art. 660, gli intenti perseguiti dall’agente sono del tutto irrilevanti una volta che si sia accertato che comunque, a prescindere dalle motivazioni alla base del comportamento, esso è connotato dalla caratteristica della petulanza, ossia da quel modo di agire pressante, ripetitivo, insistente, indiscreto e impertinente che finisce, per il modo stesso in cui si manifesta, per interferire sgradevolmente nella sfera della quiete e della libertà delle persone (fattispecie in tema di telefonate ingiustificate ripetute in ogni ora della giornata) (Sez. 1, 13555/1999).

La disposizione di cui all’art. 660 punisce la molestia commessa col mezzo del telefono, e, quindi, anche la molestia posta in essere attraverso l’invio di ‘short message system’ (SMS) trasmessi attraverso sistemi telefonici mobili o fissi, i quali non possono essere assimilati a messaggi di tipo epistolare, in quanto il destinatario di essi è costretto, sia “de auditu” che “de visu”, a percepirli, con corrispondente turbamento della quiete e tranquillità psichica, prima di poterne individuare il mittente, il quale in tal modo realizza l’obiettivo di recare disturbo al destinatario (Sez. 5, 55847/2018).