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Violenze e molestie sul lavoro nell'ordinamento italiano: profili penalistici e le modifiche all’esame del legislatore

Christus deus
Ph. Luca Martini / Christus deus

Violenze e molestie sul lavoro nell'ordinamento italiano: profili penalistici e le modifiche all’esame del legislatore

Disposizioni per il contrasto delle molestie sessuali, con particolare riferimento all'ambiente di lavoro, esame della giurisprudenza e del testo in discussione al Senato che intende introdurre l’art. 609-ter.1 del codice penale.

In materia di violenze e molestie, anche sessuali in ambiente lavorativo sono in procinto di essere deliberate importanti modifiche atte a prevenire e a contrastare le molestie e le molestie sessuali nei luoghi e nei rapporti di lavoro.

Il diritto penale italiano non prevede attualmente per le molestie sessuali in ambito lavorativo una fattispecie ad hoc.

A livello giurisprudenziale le molestie sessuali sul lavoro sono state, a seconda della gravità e delle modalità dei comportamenti molesti, sussunte in vari reati.

Molestia definizione condotta

Più in generale è necessario ricordare che secondo la dottrina (Manzini) molestia è ogni attività che alteri dolorosamente o fastidiosamente l'equilibrio psico-fisico normale di una persona. Tale definizione dottrinale del concetto di molestia è stata peraltro ripresa dalla giurisprudenza (Cass., sez. I, Sentenza 24 marzo 2005, n. 19718), secondo cui tale elemento è costituito da tutto ciò che altera dolosamente, fastidiosamente e importunamente lo stato psichico di una persona, con azione durevole o momentanea; non è necessario che tale condotta integri (anche) un serio attentato al bene della integrità morale della persona offesa.

Nei casi di molestie più gravi, concretizzatisi in toccamenti di zone erogene (si vedano a titolo esemplificativo Cass., sez. III, Sentenza 27 marzo 2014, n. 36704; Cass., sez. III, Sentenza 26 settembre 2013, n. 42871), la giurisprudenza ha ritenuto integrato il reato di violenza sessuale di cui all'articolo 609-bis c.p..

In giurisprudenza si è altresì affermato che tra i casi di minore gravità di cui all'articolo 609 bis, ultimo comma, possono annoverarsi comportamenti di molestia sessuale consistenti in atti concludenti, mentre sono da considerarsi esclusi quei comportamenti che si risolvono, ad esempio, in ossessivi corteggiamenti o in assillanti proposte, ove "lo sfondo sessuale" costituisce soltanto un motivo e non un elemento della condotta (Cass., sez. III, Sentenza 15 novembre 1996, n. 1040).

Nel caso invece in cui la molestia sul lavoro si sia concretizzata nel ricattare la lavoratrice, ponendola ripetutamente di fronte alla scelta tra il sottomettersi alle avances e il perdere il posto di lavoro, è stato ritenuto integrato il reato di violenza privata.

Secondo la giurisprudenza, ai fini della configurabilità del delitto di violenza privata, non è richiesta una minaccia verbale o esplicita, essendo sufficiente un qualsiasi comportamento od atteggiamento, sia verso il soggetto passivo, sia verso altri, idoneo ad incutere timore ed a suscitare la preoccupazione di subire un danno ingiusto, finalizzato ad ottenere che, mediante tale intimidazione, il soggetto passivo sia indotto a fare, tollerare od omettere qualcosa (Cass., sez. V, Sentenza 24 febbraio 2017, n. 29261).

E' appena il caso di ricordare che, sempre secondo la giurisprudenza, integra il reato di "tentata" violenza privata, la condotta del datore di lavoro che convochi la dipendente rientrata al lavoro dopo un periodo di astensione obbligatoria per maternità - in un locale fatiscente e le prospetti di farla lavorare in un luogo degradato ed in condizioni invivibili nel caso di mancata accettazione delle condizioni imposte dalla società preordinate ad ottenere contro la sua volontà le dimissioni o il prolungamento del periodo di allontanamento dal lavoro mediante l'astensione facoltativa postpartum (Cass., sez. V, Sentenza 30 aprile 2012, n. 36332).

Il datore di lavoro - è importante ricordare - può essere responsabile anche nel caso in cui le molestie sessuali siano commesse da altri soggetti come i superiori gerarchici della dipendente. In tal caso, però, la sua responsabilità è solo civile e limitata al risarcimento del danno ovvero alla summenzionata reintegrazione nel posto di lavoro. Qualora invece dolosamente il datore di lavoro non adotti provvedimenti a tutela del lavoratore molestato, è configurabile in capo al medesimo un concorso nel reato e si rientra nella responsabilità penale. Nell’ipotesi invece in cui l’autore delle molestie sessuali sia proprio il datore di lavoro, questi si renderà, oltre che inadempiente agli obblighi contrattuali, responsabile penalmente e, quindi, sarà tenuto a risarcire non solo il danno biologico, ma anche il danno morale patito dal dipendente.

Convenzione OIL sull'eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro

La Legge 15 gennaio 2021, n. 4, ha autorizzato la ratifica da parte dell'Italia - ratifica successivamente eseguita - della Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n. 190 sull'eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro (adottata a Ginevra il 21 giugno 2019).

Ai sensi dell'articolo 14 della medesima Convenzione, essa entrerà in vigore per l'Italia dodici mesi dopo la registrazione della ratifica italiana da parte del Direttore generale dell'Ufficio Internazionale del Lavoro.

Si ricorda, in sintesi, che la Convenzione richiede che ciascuno Stato (al quale si applichi la medesima) si impegni: ad adottare leggi e regolamenti che definiscano e proibiscano la violenza e le molestie nel mondo del lavoro; ad assumere misure adeguate atte a prevenire la violenza e le molestie nel mondo del lavoro; ad adottare leggi e regolamenti che richiedano ai datori di lavoro di intraprendere misure, adeguate e proporzionate al rispettivo livello di controllo, in materia di prevenzione degli atti summenzionati di violenza e molestia; a stabilire misure adeguate ai fini dell'effettività della tutela - anche giurisdizionale - in materia (nonché ai fini della protezione della riservatezza); ad adoperarsi ai fini della messa a disposizione dei datori di lavoro, dei lavoratori e delle rispettive organizzazioni, nonché delle autorità competenti, di misure di orientamento, di risorse, di strumenti di formazione o di altri supporti, con riferimento ai temi della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro.

 

Al Senato il 21 ottobre le Commissioni Giustizia e Lavoro in sede referente in vista del 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, hanno accelerato i lavori dell’esame congiunto del testo unificato che comprende le tre proposte di legge presentate in materia, Disposizioni per la tutela della dignità e della libertà della persona contro le molestie e le molestie sessuali, con particolare riferimento ai luoghi di lavoro.
 

Molestie sul lavoro: testo all’esame Senato

Il testo per ora concordato prevede per il contrasto delle molestie sul lavoro e per il riordino degli organismi e dei comitati di parità e pari opportunità all’art. 1:  

La presente legge, in attuazione dei princìpi contenuti negli articoli 2, 3, 4, 32, 35 e 37 della Costituzione e in conformità alla Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n. 190 sull'eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, adottata a Ginevra il 21 giugno 2019, di cui alla legge 15 gennaio 2021, n. 4, stabilisce le misure atte a prevenire e a contrastare le molestie e le molestie sessuali nei luoghi e nei rapporti di lavoro, come definite dall'articolo 26, commi 1 e 2, del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, come modificato dalla presente legge.

Nell'articolo 26 del citato codice di cui al decreto legislativo n. 198 del 2006 i commi 1, 2 e 2-bis sono sostituiti dai seguenti: “1. Sono considerate come discriminazioni anche le molestie, ovvero quegli atteggiamenti o comportamenti indesiderati e ripetuti, anche se verificatisi in un'unica occasione, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.

2. Sono altresì considerate come discriminazioni le molestie sessuali, ovvero quei comportamenti indesiderati, anche se verificatisi in un'unica occasione, o ripetuti a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo. Costituisce altresì molestia sessuale, ai sensi del presente comma, qualsiasi forma di pressione grave, anche non ripetuta, esercitata su una lavoratrice o su un lavoratore allo scopo, reale o apparente, di ottenere un atto di natura sessuale in favore del medesimo autore della condotta o di un soggetto terzo.

2-bis. Sono altresì considerati come discriminazione il trattamento o i trattamenti meno favorevoli subiti da una lavoratrice o da un lavoratore per il fatto di aver rifiutato i comportamenti di cui ai commi 1 e 2 o di esservisi sottomessi”.

Art. 2. (Obblighi del datore di lavoro ed attività di altri soggetti)

1. Nell'articolo 26 del citato codice di cui al decreto legislativo n. 198 del 2006 il comma 3-ter è sostituito dal seguente: “3-ter. I datori di lavoro, pubblici e privati, sono tenuti, ai sensi dell'articolo 2087 del codice civile, ad assicurare condizioni di lavoro tali da garantire l'integrità fisica e morale e la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori, anche concordando con le organizzazioni sindacali dei lavoratori le iniziative più opportune, di natura informativa e formativa, al fine di prevenire le molestie e le molestie sessuali nei luoghi di lavoro. Le pubbliche amministrazioni, le imprese, gli altri datori di lavoro, i sindacati, i lavoratori e le lavoratrici, nonché i comitati unici di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni, istituiti all'interno di ciascuna amministrazione ai sensi dell'articolo 57, comma 01, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si impegnano ad assicurare nei luoghi di lavoro il mantenimento di un ambiente in cui sia rispettata la dignità di ognuno e siano favorite le relazioni interpersonali, basate su princìpi di eguaglianza e di reciproca correttezza. A tale scopo, all'interno dei luoghi di lavoro, pubblici e privati, è adottato un apposito codice di comportamento, negoziato tra le parti. Le pubbliche amministrazioni, per prevenire e contrastare le molestie e le molestie sessuali nei luoghi di lavoro, si avvalgono altresì dei suddetti comitati unici di garanzia”.

2. Le pubbliche amministrazioni informano i propri dipendenti circa il ruolo, le funzioni, le competenze e i recapiti dei comitati unici di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni, istituiti all'interno di ciascuna amministrazione ai sensi dell'articolo 57, comma 01, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Esse predispongono altresì piani formativi di prevenzione contro le molestie e le molestie sessuali sui luoghi di lavoro, destinati ai dirigenti e ai componenti dei suddetti comitati unici, e adottano codici etici o codici di condotta quali strumenti di prevenzione delle medesime molestie.

3. All'articolo 2, comma 222-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, dopo il quinto periodo è inserito il seguente: “Un'ulteriore quota, pari al 3 per cento dei medesimi risparmi di spesa, è destinata all'attuazione dei piani formativi di prevenzione contro le molestie e le molestie sessuali sui luoghi di lavoro, adottati dalle stesse Amministrazioni e destinati ai dirigenti e ai componenti dei comitati unici di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni, istituiti all'interno di ciascuna amministrazione ai sensi dell'articolo 57, comma 01, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001”.

4. Qualora siano denunciati al datore di lavoro i comportamenti di cui all'articolo 26, commi 1 e 2, del citato codice di cui al decreto legislativo n. 198 del 2006, come modificato dalla presente legge, egli ha l'obbligo di porre in atto procedure tempestive e imparziali, nell'ambito delle facoltà previste dalla legge 20 maggio 1970, n. 300, di contestazione e conseguente accertamento dei fatti, assicurando la riservatezza dei soggetti coinvolti. Nel caso di accertamento dei medesimi fatti, il datore di lavoro ha l'obbligo di denunciarli entro le successive quarantottore e adotta, nei confronti del responsabile di tali comportamenti, i provvedimenti disciplinari secondo i relativi ordinamenti.

Art. 3. (Tutela delle persone che denunciano una molestia sul luogo di lavoro)

1. Per la lavoratrice o il lavoratore che denunci, all'interno o all'esterno dell'ambiente di lavoro, una molestia o una molestia sessuale sul luogo di lavoro, ovvero che presenti querela per le medesime, si applicano le tutele di cui all'articolo 26, comma 3-bis, del citato codice di cui al decreto legislativo n. 198 del 2006.

2. Qualora la denuncia di molestie o di molestie sessuali sul luogo di lavoro sia presentata all'Ispettorato nazionale del lavoro, di cui al decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, il medesimo Ispettorato vigila, a decorrere dalla data della denuncia, sullo stato del rapporto di lavoro della lavoratrice o del lavoratore denunciante, al fine di assicurarne la tutela ai sensi del comma 1.

3. Qualora la lavoratrice o il lavoratore, anteriormente, contestualmente o successivamente alla denuncia o querela di cui al comma 1, presenti dimissioni volontarie, l'Ispettorato nazionale del lavoro può promuovere l'intervento delle organizzazioni sindacali.

Art. 4. (Ulteriori tutele per le vittime di molestie sessuali sul luogo di lavoro)

1. Il congedo di cui all'articolo 24 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, si applica anche alle donne che abbiano presentato, per molestia sessuale sul luogo di lavoro, una denuncia, all'interno o all'esterno dell'ambiente di lavoro, o una querela.

2. La lavoratrice o il lavoratore, qualora, in base a sentenza, anche di primo grado, o a provvedimento disciplinare, anche di primo grado, risulti vittima di molestie sessuali, ha diritto, senza subire penalizzazioni, a richiedere la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale, verticale od orizzontale, ove ne sussista la disponibilità nell'organico. Il rapporto di lavoro a tempo parziale così instaurato è nuovamente trasformato in qualunque momento, a richiesta della lavoratrice o del lavoratore interessato, in rapporto di lavoro a tempo pieno, compatibilmente con le esigenze del datore di lavoro. La lavoratrice o il lavoratore che, in base ad uno dei provvedimenti di cui al primo periodo del presente comma, risulti vittima di molestie sessuali ha diritto a svolgere la prestazione di lavoro, pubblico o privato, in modalità agile, come disciplinata dal capo II della legge 22 maggio 2017, n. 81, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione.

Art. 5. (Consigliere e consiglieri di parità)

1. Nell'articolo 12 del citato codice di cui al decreto legislativo n. 198 del 2006 dopo il comma 5 è aggiunto il seguente: “5-bis. I datori di lavoro portano a conoscenza delle lavoratrici e dei lavoratori le funzioni, le competenze e i recapiti delle consigliere e dei consiglieri di parità mediante affissione di idoneo avviso in un ambiente del luogo di lavoro accessibile a tutti”.

2. Nell'articolo 15, comma 1, del citato codice di cui al decreto legislativo n. 198 del 2006 dopo la lettera g) è aggiunta la seguente: “g-bis) assistenza e consulenza, su richiesta, anche nell'eventuale ambito del tentativo di conciliazione di cui all'articolo 410 del codice di procedura civile, in favore delle lavoratrici e dei lavoratori che subiscono atti di molestia sessuale, garantendo la riservatezza sulle informazioni apprese, qualora richiesta dagli interessati”.

Art. 6. (Campagne di comunicazione)

1. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali promuove la realizzazione di campagne di comunicazione dirette ad informare e sensibilizzare sul fenomeno delle molestie sui luoghi di lavoro e sugli strumenti di tutela esistenti nei casi di denuncia e di querela.

2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le pubbliche amministrazioni interessate provvedono alle attività di cui al presente articolo nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Art. 7. (Delega al Governo per il contrasto delle molestie sul lavoro)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi al fine di contrastare ogni forma di violenza o molestia nei luoghi di lavoro, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) incentivazione dell'istituzione, nei modelli di organizzazione e gestione aziendale di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, di gruppi di lavoro a prevalente composizione femminile col compito di monitorare la correttezza dei comportamenti aziendali e di prevenire il verificarsi di molestie o violenze sui luoghi di lavoro;

b) introduzione di misure premiali, anche fiscali, per gli enti che adottano i modelli di cui alla lettera a) e contestuale previsione di un sistema centralizzato di controllo sugli effettivi risultati conseguiti in termini di promozione della parità di genere e delle pari opportunità e di contrasto delle molestie e violenze sui luoghi di lavoro.

Art. 8. (Delega al Governo per il riordino degli organismi e dei comitati di parità e pari opportunità)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi al fine di provvedere al riordino dei vari organismi e comitati di parità e pari opportunità, che operano a livello nazionale, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi: a) eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali;

b) razionalizzazione delle competenze delle strutture che svolgono funzioni omogenee;

c) limitazione del numero delle strutture di supporto a quelle strettamente indispensabili al funzionamento degli organismi;

d) creazione di un organismo nazionale di controllo sulle molestie sul posto di lavoro con compiti di monitoraggio degli episodi commessi, di adozione di azioni di prevenzione e formazione; e) coordinamento dell'attività degli organismi e dei comitati di parità e pari opportunità con i comitati paritetici sul fenomeno del mobbing.

Art. 9. (Introduzione dell'articolo 609-ter.1 del codice penale in materia di molestie sessuali)

1. Dopo l'articolo 609-ter del codice penale è inserito il seguente: “Art. 609-ter.1 - (Molestie sessuali) - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, con minacce, atti o comportamenti indesiderati, anche se verificatisi in un'unica occasione, o ripetuti a connotazione sessuale, in forma verbale o gestuale, reca a taluno molestie o disturbo violando la dignità della persona è punito con la pena della reclusione da 2 a 4 anni. La pena è aumentata della metà se dal fatto, commesso nell'ambito di un rapporto di educazione, istruzione o formazione ovvero nell'ambito di un rapporto di lavoro, di tirocinio o di apprendistato, anche di reclutamento o selezione, con abuso di autorità o di relazioni di ufficio, deriva un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo. Il delitto è punibile a querela della persona offesa. La querela può essere proposta entro dodici mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il reato ed è irrevocabile. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 61”.