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Greta Beccaglia: non sono molestie ma è violenza sessuale

Il caso eclatante accaduto in televisione alla giornalista Greta Beccaglia
Violenza sessuale
Violenza sessuale

Greta Beccaglia: non sono molestie ma è violenza sessuale

Greta Beccaglia il palpeggiamento è violenza sessuale e non rileva l’intenzione di scherno o dileggio dell’autore del palpeggiamento.

 

Greta Beccaglia il fatto

La scena è stata vista da tutti ed ora Il tifoso della Fiorentina che sabato sera, dopo la partita Empoli-Fiorentina ha palpeggiato la giornalista sportiva Greta Beccaglia è stato identificato dalla polizia di Empoli: si tratta di un 45enne residente in provincia di Ancona. Gli agenti lo hanno identificato incrociando il video della molestia con quelli delle telecamere di sorveglianza dello stadio.

Nelle prossime ore la polizia farà rapporto in Procura, dopo che Greta Beccaglia avrà sporto denuncia. Il reato ipotizzato è violenza sessuale.

Ora cosa rischia il palpeggiatore? Il tentativo di ridimensionare l’accaduto : “Voglio farle le scuse ufficiali” avrebbe detto l’uomo al Corriere Fiorentino “Non è assolutamente un atto di sessismo. Avevamo perso e ho fatto quel gesto in un momento di stizza e per goliardia. Non avrei mai pensato a tutto quello che sta succedendo. Il mio avvocato sta cercando l’avvocato della giornalista: voglio farle le scuse ufficiali.

Le scuse rivolte a Greta Beccaglia basteranno ad evitargli l’accusa di violenza sessuale?

La Corte di Cassazione recentemente in un caso analogo a quello di Greta Beccaglia, avvenuto ai danni di una donna capotreno ha stabilito che palpeggiare il fondo schiena è una violenza sessuale e non rileva che il gesto sia repentino e senza l’intenzione di offendere sessualmente la persona offesa.

Nel caso esaminato dalla cassazione sezione III con la sentenza n. 24872 del 2021, l’imputato aveva ammesso di aver toccato, per un attimo, il fondoschiena della persona offesa, ma solo in modo scherzoso, senza avere l’intenzione che la sua condotta potesse integrare gli estremi del delitto di violenza sessuale.
 

Cassazione motivazione della sentenza

La materialità del fatto è pacifica e non oggetto di contestazione.
Secondo quanto accertato in sede di merito, il giorno del fatto, la persona offesa, mentre si trovava a svolgere la sua attività professionale di capotreno su un convoglio della linea Varese-Treviglio, chiese il biglietto a un passeggero identificato nell’imputato - che questi non era in grado dimostrare, rifiutandosi di acquistarne uno sul treno. Richiesto dei documenti di identificazione, l’imputato disse di non averli, sicché fu invitato dalla capotreno a scendere dal convoglio alla prima fermata utile. Dopo una prima riluttanza, resosi copto che la capotreno stava chiedendo l’intervento delle forze dell’ordine, l’imputato si decise a scendere dal convoglio, ma, mentre stava seguendo la capotreno verso l’uscita, prima le palpeggiò il sedere, gesto che durò diversi secondi, quindi le diede un calcio sulle natiche.

Ciò posto, si rammenta che il delitto di cui all’art. 609 bis c.p., è posto a presidio della libertà personale dell’individuo, che deve poter compiere atti sessuali in assoluta autonomia e libertà, contro ogni possibile condizionamento, fisico o morale, e contro ogni non consentita e non voluta intrusione nella propria sfera intima. La libertà sessuale, quale espressione della personalità dell’individuo, trova la sua più alta forma di tutela nella proclamazione della inviolabilità assoluta dei diritti dell’uomo, riconosciuti e garantiti dalla Repubblica in ogni formazione sociale (art. 2 Cost.), e nella promozione del pieno sviluppo della persona che la Repubblica assume come compito primario (art. 3 Cost., comma 2).

La libertà di disporre del proprio corpo a fini sessuali è assoluta e incondizionata e non incontra limiti nelle diverse intenzioni che l’altra persona possa essersi prefissa. L’assolutezza del diritto tutelato non tollera, nella chiara volontà del legislatore, possibili attenuazioni che possano derivare dalla ricerca di un fine ulteriore e diverso dalla semplice consapevolezza di compiere un atto sessuale, fine estraneo alla fattispecie e non richiesto dall’art. 609 bis c.p., per qualificare la penale rilevanza della condotta.

Coerentemente alla natura del bene tutelato e alla centralità della persona offesa, unica titolare del diritto, nè il dolo specifico ("al fine di"), nè alcun movente esclusivo ("al solo scopo di") contribuiscono alla tipizzazione dell’offesa, la quale è soggettivamente ascrivibile all’agente a titolo di dolo generico.

La valorizzazione di atteggiamenti interiori sposterebbe il disvalore della condotta incriminata dalla persona che subisce la limitazione della libertà sessuale a chi la viola. Diversamente da quanto ritenuto dal ricorrente, l’atto deve essere definito come "sessuale" sul piano obiettivo, non su quello soggettivo delle intenzioni dell’agente. Se, perciò, il fine di concupiscenza non concorre a qualificare l’atto come sessuale, il fine ludico o di umiliazione della vittima non lo esclude (Sez. 3, n. 25112 del 13/02/2007, Rv. 236964; Sez. 3, n. 35625 del 11/07/2007, Polifrone, Rv. 237294).

Per l’integrazione dell’elemento soggettivo non è perciò necessario che la condotta sia specificamente finalizzata al soddisfacimento del piacere sessuale dell’agente, essendo sufficiente che questi sia consapevole della natura oggettivamente "sessuale" dell’atto posto in essere volontariamente, ossia della sua idoneità a soddisfare il piacere sessuale o a suscitarne lo stimolo, a prescindere dallo scopo perseguito (Sez. 3, n. 3648 del 03/10/2017, dep. 25/01/2018, T., Rv. 272449: fattispecie di palpeggiamento dei glutei e del seno delle persone offese; Sez. 3, n. 21020 del 28/10/2014, dep. 21/05/2015, P.G. in c. C., Rv. 263738: fattispecie di palpeggiamenti e schiaffi sui glutei della vittima, nella quale la Corte ha escluso che l’eventuale finalità ingiuriosa dell’agente escludesse la natura sessuale della condotta).

L’elemento soggettivo del reato di violenza sessuale, dunque, è integrato dal dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di compiere un atto invasivo e lesivo della libertà sessuale della persona offesa non consenziente, sicché non è necessario che detto atto sia diretto al soddisfacimento dei desideri dell’agente, nè rilevano possibili fini ulteriori - di concupiscenza, di gioco, di mera violenza fisica o di umiliazione morale - dal medesimo perseguiti (Sez. 3, n. 4913 del 22/10/2014, dep. 03/02/2015, P., Rv. 262470).

Nel caso di specie, la Corte territoriale si è attenuta ai principi ora richiamati, correttamente ritenendo, per un verso, che l’atto fosse oggettivamente qualificabile come sessuale, in relazione al distretto corporeo della persona offesa attinto, e, per altro verso, che l’imputato fosse perfettamente consapevole che il toccamento dei glutei di una donna è una condotta con una oggettiva connotazione sessuale, il che integra il dolo richiesto dalla fattispecie in esame, essendo del tutto irrilevante, per i motivi appena indicati, che l’imputato abbia posto in essere la condotta per dileggio e/o per scherno.

Violenza sessuale articolo 609 bis c.p.