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Art. 674 - Getto pericoloso di cose

1. Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a euro 206 (1).

(1) Ammenda così aumentata ai sensi dell’art. 113, L. 689/1981.

Rassegna di giurisprudenza

Il reato descritto dall’art. 674 non si perfeziona quando i comportamenti enucleati nella norma sono idonei a danneggiare cose e non persone (Sez. 3, 1996/2017).

La fattispecie contravvenzionale descritta dall’art. 674 non prevede due distinte ed autonome ipotesi di reato, ma un reato unico, in quanto la condotta consistente nel provocare emissioni di gas, vapori o fumo rappresenta una species del più ampio genus costituito dal gettare o versare cose atte ad offendere, imbrattare o molestare persone (Sez. 3, 37495/2011).

Le emissioni di cui alla seconda ipotesi (riferita a gas, vapori o fumo) rientrano già nell’ampio significato dell’espressione “gettare cose”, di cui in realtà costituiscono una specie, e sono state espressamente previste dalla norma unicamente per specificare che si tratta di attività disciplinata per legge e per tale motivo ritenuta dal legislatore di un qualche interesse pubblico e generale.

Con riguardo alla seconda parte della norma, che viene in rilievo nel caso in esame, se è pacifica l’integrazione della fattispecie in presenza anche di “molestie olfattive”, promananti da impianto munito di autorizzazione, non di meno, si registrano nella giurisprudenza di legittimità diverse conclusioni in relazione alle condizioni per la ricorrenza del reato, allorché l’evento di molestia sia conseguente all’attività industriale in presenza/assenza/rispetto delle condizioni dell’autorizzazione.

Secondo un primo orientamento la configurabilità del reato di getto pericoloso di cose è esclusa in caso di emissioni provenienti da attività autorizzata o disciplinata dalla legge e contenute nei limiti normativi o dall’autorizzazione, in quanto il rispetto dei predetti limiti implica una presunzione di legittimità del comportamento (Sez. 3, 37495/2011). In queste pronunce si è precisato che all’inciso “nei casi non consentiti dalla legge” deve riconoscersi un valore rigido e decisivo, tale da costituire una sorta di spartiacque tra il versante dell’illecito penale, da un lato, e dell’illecito civile, dall’altro.

A questo orientamento si oppone altro filone giurisprudenziale secondo cui il reato di getto pericoloso di cose è integrabile indipendentemente dal superamento dei valori limite di emissione eventualmente stabiliti dalla legge, in quanto anche un’attività’ produttiva di carattere industriale autorizzata può procurare molestie alle persone, per la mancata attuazione dei possibili accorgimenti tecnici.

Si è, in particolare precisato che, in tema di getto pericoloso di cose, l’evento di molestia provocato dalle emissioni di gas, fumi o vapori si ha non solo nei casi di emissioni inquinanti in violazione dei limiti di legge, ma anche nel caso di superamento del limite della normale tollerabilità ex art. 844 CC, la cui tutela costituisce la “ratio” della norma incriminatrice (Sez. 3, 14467/2016).

Quanto poi allo specifico tema delle “molestie olfattive”, quando non esiste una normativa statale che prevede disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori, la giurisprudenza di legittimità ha individuato il criterio della “stretta tollerabilità” quale parametro di legalità dell’emissione, attesa l’inidoneità ad approntare una protezione adeguata all’ambiente ed alla salute umana di quello della “normale tollerabilità”, previsto dall’art. 844 CC (Sez. 3, 2475/2007). E ciò in quanto anche un’attività produttiva di carattere industriale autorizzata può procurare molestie alle persone, per la mancata attuazione dei possibili accorgimenti tecnici e dell’osservanza del principio di precauzione che deve informare l’attività produttiva potenzialmente in grado di arrecare disturbo e molestie alla salute delle persone.

Secondo questo orientamento, di recente ribadito da Sez. 3, 36905/2015, è configurabile il reato di getto pericoloso di cose in caso di produzione di “molestie olfattive” mediante un impianto munito di autorizzazione per le emissioni in atmosfera, in quanto non esiste una normativa statale che prevede disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori, con conseguente individuazione, quale parametro di legalità dell’emissione, del criterio della “stretta tollerabilità”, e non invece, di quello della “normale tollerabilità” previsto dall’art. 844 CC, attesa l’inidoneità di quest’ultimo ad assicurare una protezione adeguata all’ambiente ed alla salute umana.

Si ritiene, tuttavia non si possa prescindere dal dato normativo dell’art. 674 che espressamente vieta le emissioni di gas, di vapori o di fumo atti a cagionare l’evento di molestia alle persone, “molestia” che, come affermato da una risalente ma condivisibile pronuncia, ricomprende tutte le situazioni di fastidio, disagio, disturbo e comunque di turbamento della tranquillità e della quiete che producono un impatto negativo, anche psichico, sull’esercizio delle normali attività quotidiane di lavoro e di relazione, situazioni che non comprendono il danno o anche il pericolo di danno alla salute e/o all’ambiente, casi nei quali altre sono le fattispecie incriminatrici applicabili. In sostanza, si ritiene che per le attività produttive occorra distinguere l’ipotesi che siano svolte senza autorizzazione (perché non prevista o perché non richiesta o ottenuta) oppure in conformità alle previste autorizzazioni.

Nella prima ipotesi, il contrasto con gli interessi protetti dalla disposizione di legge va valutato secondo criteri di “stretta tollerabilità”, mentre laddove l’attività è esercitata secondo l’autorizzazione e senza superamento dei limiti di questa, si deve fare riferimento alla “normale tollerabilità” delle persone quale si ricava dal contenuto dell’art. 844 CC. Qualora sia riscontrata l’autorizzazione e il rispetto dei limiti di questa, una responsabilità potrà comunque sussistere qualora l’azienda non adotti quegli accorgimenti tecnici ragionevolmente utilizzabili per ulteriormente abbattere l’impatto sulla realtà esterna (Sez. 3, 54209/2018).

Ai fini della sussistenza del reato di cui all’art. 674 è necessario che le condotte consistenti nel gettare o versare abbiano attitudine concreta a molestare persone, non essendo sufficiente una attitudine potenzialmente idonea alla molestia. Trattasi, invero, di reato di pericolo per la cui integrazione non occorre un effettivo nocumento alle persone, essendo sufficiente l’attitudine a cagionare effetti dannosi.

Il requisito dell’attitudine ad “offendere”, “imbrattare” o “molestare” non deve essere poi accertato mediante perizia, ben potendo il giudice ricavare tale dato in qualsiasi altro modo (anche mediante escussioni testimoniali). L’elemento, tuttavia, che non può difettare ai fini della sussistenza del reato è correlato alla concretezza della offesa o della molestia alle persone (Sez. 3, 48381/2018).

Al fine di definire il concetto di "molestia" che integra il reato di cui all’art. 674, occorre distinguere tra l'attività produttiva svolta senza l'autorizzazione dell'autorità preposta, per la quale il contrasto con gli interessi tutelati va valutato secondo criteri di "stretta tollerabilità", e quella esercitata secondo l'autorizzazione e senza superamento dei limiti da essa consentiti, per la quale ipotesi si deve far riferimento al criterio della "normale tollerabilità" delle persone che si ricava dall'art. 844 c.c. e che ricorre sempre che l'azienda abbia adottato gli accorgimenti tecnici ragionevolmente utilizzabili per abbattere l'impatto delle emissioni sulla realtà esterna (Sez. 3, 23582/2020).

È configurabile il reato contestato di getto pericoloso di cose in caso di produzione di “ molestie olfattive “ mediante un impianto munito di autorizzazione per le emissioni in atmosfera, in quanto non esiste una normativa statale che prevede disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori, con conseguente individuazione, quale parametro di legalità dell’emissione, del criterio della “stretta tollerabilità”, e non invece, di quello della “normale tollerabilità” previsto dall’art. 844, attesa l’inidoneità di quest’ultimo ad assicurare una protezione adeguata all’ambiente ed alla salute umana (Sez.3, 50123/2018).

La clausola «nei casi non consentiti dalla legge», contemplata nell’art. 674, non è riferibile alla condotta di getto o versamento pericoloso di cose di cui alla prima parte della norma citata, ma esclude il reato solo per le emissioni di gas, vapori o fumo che sono specificamente consentite attraverso limiti tabellari o altre determinate disposizioni amministrative (Sez. 3, 41694/2018).

In tema di getto pericoloso di cose l’evento di molestia provocato dalle emissioni di gas, fumi o vapori è apprezzabile a prescindere dal superamento di eventuali limiti previsti dalla legge, essendo sufficiente il superamento del limite della normale tollerabilità ex art. 844 CC (Sez. 3, 40220/2018).

Concretizzando  la contravvenzione di cui all’art. 674  una situazione di pericolo per l’incolumità della persona che resta offesa dalla condotta descritta nella citata disposizione, è sufficiente per la sussistenza dell’elemento materiale del reato che la realizzazione di tale condotta sia idonea a mettere in pericolo l’interesse protetto mentre per quello psicologico non hanno rilevanza alcuna i motivi e il fine perseguiti dal soggetto, essendo solo necessario che la condotta sia attribuibile all’agente quanto meno sotto il profilo del comportamento colposo (Sez. 1, 40065/2018).