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Art. 386 - Procurata evasione

1. Chiunque procura o agevola l’evasione di una persona legalmente arrestata o detenuta per un reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

2. Si applica la reclusione da tre a dieci anni se il fatto è commesso a favore di un condannato alla pena di morte o all’ergastolo.

3. La pena è aumentata se il colpevole, per commettere il fatto, adopera alcuno dei mezzi indicati nel primo capoverso dell’articolo precedente.

4. La pena è diminuita:

1) se il colpevole è un prossimo congiunto;

2) se il colpevole, nel termine di tre mesi dall’evasione, procura la cattura della persona evasa o la presentazione di lei all’autorità.

5. La condanna importa in ogni caso l’interdizione dai pubblici uffici.

Rassegna di giurisprudenza

La condotta di procurata evasione implica un’attività materiale determinante nella fase di attuazione o anche solo di preparazione dell’evasione, ovvero anche un’attività volta a rendere più facile l’esecuzione del programma; mentre la fattispecie di favoreggiamento personale può ravvisarsi solo quando l’agente presti un aiuto ex post all’autore di un reato al di fuori di un pregresso accordo (Sez. 6, 11503/2014).

Ai fini della configurabilità del delitto di procurata evasione, è sufficiente che il soggetto in cui favore la condotta venga compiuta sia “legalmente” arrestato in relazione alle circostanze obiettivamente sussistenti al momento dei fatti, anche se poi non venga aperto un procedimento penale con riferimento allo specifico reato per il quale è stata applicata la misura pre-cautelare (Sez. 6, 16460/2015).

Risponde del reato di cui all’art. 386 anche colui che abbia agevolato l’evasione di una persona in stato di arresto presso la propria abitazione (Sez. 6, 14612/2006).

Il reato di procurata evasione previsto dall’art. 386 è perpetrabile anche con una condotta omissiva (Sez. 6, 3251/1991).

Non integra l’ipotesi criminosa prevista dall’art. 386, neanche nella forma dell’agevolazione, la condotta di chi, avendo assunto l’obbligo anomalo di riaccompagnare in carcere un detenuto allo scadere del permesso concessogli ai sensi dell’art. 30 Ord. pen., senza facilitare in alcun modo il mancato rientro nell’istituto penitenziario, tralasci di adempierlo (Sez. 6, 5241/1988).