Art. 443 - Commercio o somministrazione di medicinali guasti

1. Chiunque detiene per il commercio, pone in commercio o somministra medicinali guasti o imperfetti è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 103 (1).

(1) Multa così aumentata dall’art. 113 della L. 689/1981.

Rassegna di giurisprudenza

Il delitto colposo di cui all’art. 452, in relazione all’art. 443, si configura già in caso di detenzione di medicinali scaduti in quanto da un lato sussiste una presunzione assoluta di pericolosità del medicinale basata sulla previsione di perdita di efficacia dello stesso e dall’altro per la integrazione del reato è sufficiente la mera imperfezione del farmaco sussistente dopo la data di scadenza (Sez. 3, 29661/2004).

L’art. 443, rubricato come “Commercio o somministrazione di medicinali guasti”, punisce il fatto di chi “detiene per il commercio, pone in commercio o somministra medicinali guasti o imperfetti”. La detenzione per il commercio può sussistere anche se manchi la vendita o anche la esposizione in vendita, bastando la conservazione della cosa destinata al commercio in qualsiasi luogo, che valga a generare il convincimento che si tratti in realtà di detenzione per il commercio.

La punibilità è quindi anticipata ed il reato è di pericolo e non di danno. Il medicinale scaduto è imperfetto e la presunzione si fonda sulla previsione della perdita di efficacia del farmaco scaduto. Il commercio, in economia, realizza lo scambio di beni mobili o immobili, e di servizi sul mercato in cambio di moneta. Come si legge nella Relazione al Re al codice penale, pone in commercio chi in qualsiasi modo idoneo offre al pubblico, direttamente o a mezzo di altri le cose delle quali si tratta. La nozione di commercio equivale alla messa in circolazione del medicinale.

La norma pertanto intende coprire tutti i comportamenti che portano alla diffusione del bene ed in tal senso deve essere intesa l’endiadi “Commercio e somministrazione” indicativa appunto di una progressione che intende coprire tutte le modalità con cui il bene entra nel circuito della distribuzione. Si va dalla prodromica detenzione per il commercio, punita ex se, al commercio effettivo ed alla somministrazione che, pur senza realizzare l’esercizio di un commercio, porta però all’uso comune i medicinali (comprende quindi, anche la cessione a titolo gratuito).

È quindi condivisibile, e va ribadita, la prevalente giurisprudenza di legittimità, secondo cui “in tema di configurabilità dell’ipotesi criminosa di cui all’art. 443, la detenzione per il commercio e la detenzione per la somministrazione di medicinali non costituiscono situazioni differenti, perché entrambi funzionali e dirette all’uso effettivo del farmaco; ne consegue che la detenzione per la somministrazione è un aspetto della prima previsione contenuta nell’art. 443” (Sez. 1, 7311/2017).

Quanto ai reati di cui all’art. 443 e agli artt. 6 e 147 DLGS 219/2006, le rispettive norme configurano rispettivamente un delitto e una contravvenzione, il cui concorso trova fondamento nella diversità dei beni protetti, tendendo il delitto alla tutela della pubblica incolumità, e specificamente della salute pubblica, dai fatti di comune pericolo e la contravvenzione alla tutela del servizio farmaceutico (Sez. 1, 16411/2017).

Nell’ottica della disposizione di cui all’art. 443, deve intendersi per medicinale qualunque sostanza o preparato, che venga presentato come caratterizzato da proprietà curative o profilattiche delle malattie umane e che sia quindi destinato ad essere somministrato all’uomo. La nozione di imperfezione si correla invece alla difformità dalle prescrizioni scientifiche e dai principi della scienza medica o farmacologica e alla mancanza delle condizioni necessarie per evitare ogni pericolo nell’uso del farmaco e per renderlo idoneo al suo scopo.

L’inefficacia terapeutica è infatti sufficiente, unitamente alla mancata rispondenza del farmaco alle leges artis, ad integrare gli estremi del reato, senza che occorra l’effettiva nocività o pericolosità per la salute pubblica, trattandosi di un reato di pericolo presunto, nell’ottica del quale, cioè, il pericolo non è un requisito di fattispecie ma soltanto la ratio dell’incriminazione penale (Sez. 6, 24244/2015).

Il cosiddetto trattamento Stamina costituisce a tutti gli effetti un medicinale imperfetto, tale dovendosi ritenere, fra gli altri, quello non preparato secondo le rigorose prescrizioni scientifiche o secondo i precetti della tecnica farmaceutica, la cui somministrazione è considerata pericolosa dal legislatore a prescindere dai concreti effetti negativi o anche dall’assenza di effetti prodotti sulla salute dei pazienti, atteso che il pericolo non è un requisito del fatto, ma la ratio stessa dell’incriminazione penale (Sez. 6, 24243/2015).

Il farmaco è imperfetto ogni qual volta la sua composizione non corrisponda a quella dichiarata ed autorizzata, ritenendo non necessario accertare se, in concreto, il prodotto sia eventualmente inefficace dal punto di vista terapeutico o pericoloso per l’incolumità pubblica perché il pericolo non è un requisito del fatto, ma la “ratio” stessa dell’incriminazione penale (Sez. 2, 21348/2015).

Anche per le fattispecie criminose strutturate con riferimento ad un evento di pericolo astratto o presunto, pur non incompatibili in via di principio con il dettato costituzionale, purché non irrazionali e arbitrarie,  è sempre devoluto al sindacato del giudice penale l’accertamento in concreto dell’offensività specifica della singola condotta, in difetto di ciò venendo la fattispecie a rifluire nella figura del reato impossibile (fattispecie in tema di farmaco imperfetto) (Corte di appello di Torino, Sez. 4, 4625/2019).

La detenzione di medicinali guasti o imperfetti per la somministrazione cade sotto la previsione di cui all’art. 433, non avendo nessun fondamento la distinzione tra detenzione per il commercio e detenzione per la somministrazione, per la ragione che sia l’una che l’altra rendono probabile, o quanto meno possibile, l’utilizzazione concreta del medicinale guasto o imperfetto a scopo terapeutico, che il legislatore ha inteso evitare e prevenire con la norma incriminatrice citata (Sez. 1, 7476/1995).

In senso contrario: la detenzione per la somministrazione di medicinali guasti o imperfetti non integra il reato consumato previsto dall’art. 443, ma ben può concretare, in tesi, una ipotesi di tentativo punibile ex art. 56, quando costituisca atto idoneo diretto in modo non equivoco alla somministrazione e sia accompagnata dalla consapevolezza del guasto o della imperfezione del medicinale (Sez. 1, 4140/1995).

Ai fini della sussistenza del reato di commercio o somministrazione di medicinali guasti, nel caso in cui sia stata accertata la detenzione per la vendita, nei locali di una farmacia, di medicinali aventi validità scaduta, non è necessario provare anche la effettiva somministrazione degli stessi (Sez. 1, 2906/2008).