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Art. 64 - Aumento di pena nel caso di una sola circostanza aggravante

1. Quando ricorre una circostanza aggravante, e l’aumento di pena non è determinato dalla legge, è aumentata fino a un terzo la pena che dovrebbe essere inflitta per il reato commesso.

2. Nondimeno, la pena della reclusione da applicare per effetto dell’aumento non può superare gli anni trenta.

Rassegna di giurisprudenza

Mentre i meccanismi di aumento della pena previsti nell’art. 99 trovano la loro massima espansione nel momento in cui la recidiva è applicata singolarmente (o in concorso con altre aggravanti non speciali), al contrario, le suddette peculiarità sfumano nel momento in cui l’aggravante speciale della recidiva si trova a concorrere con altra aggravante speciale. In questo caso, se la recidiva è ritenuta, ex art. 63, comma 4, aggravante speciale più grave, si applicano tutte le regole dell’art. 99. Ma, se la recidiva è ritenuta, fra le due o più aggravanti, quella meno grave, allora perde ogni specificità ed è trattata come una «normale» aggravante speciale secondo lo statuto previsto dall’art. 63, comma 4, che, sul punto, è sicuramente, norma speciale valevole in ogni ipotesi di concorso fra aggravanti speciali.

Ciò comporta che, ove, come nel caso di specie, l’aggravante speciale della recidiva, sia considerata meno grave, il giudice: a) può aumentare la pena determinata sulla base dell’aggravante speciale più grave; b) ove il giudice ritenga di aumentare la pena anche per la recidiva, l’aumento va determinato sulla base del combinato disposto dell’art. 63, comma 4 cod. pen. e art. 64, comma 1 e, quindi, da un minimo di un giorno ad un massimo del terzo della pena base e non secondo gli automatismi disciplinati dall’art. 99. In sintesi, quindi, in tema di concorso di circostanze aggravanti ad effetto speciale, alla recidiva che concorre con altra aggravante speciale e rispetto a questa ritenuta meno grave si applica integralmente la disciplina di cui all’art. 63, comma 4, con la conseguenza che il giudice, quand’anche la recidiva sia di natura obbligatoria e comporti un aumento predeterminato della pena, può procedere all’ulteriore aumento di pena e, ove ritenga di apportarlo, è vincolato al limite di cui al combinato disposto degli artt. 63, comma 4, e 64, comma 1, e cioè «fino ad un terzo della pena prevista per il reato commesso» (Sez. 2, 9365/2015, richiamata da Sez. 6, 13843/2018).

Alla recidiva che concorre con altra aggravante speciale, infatti, si applica integralmente la disciplina di cui all’art. 63, comma quarto, che consente però al giudice di procedere all’ulteriore aumento di pena e, ove ritenga di apportarlo, è vincolato al limite di cui al combinato disposto degli artt. 63, comma quarto, e 64, comma primo, “fino ad un terzo della pena prevista per il reato commesso” (Sez. 2, 9365/2015).

La disposizione di cui all’art. 219 comma 2 n. 1 LF postula l’unificazione quoad poenam di fatti-reato autonomi e non sovrapponibili tra loro, facendo ricorso alla categoria teorica della circostanza aggravante, della quale presenta sicuri indici qualificanti, come il nomen iuris, «circostanze», adottato nella rubrica e la generica formula utilizzata per individuare la variazione di pena in aggravamento («le pene [..] sono aumentate»), che implica il necessario richiamo all’art. 64, unica disposizione che consente di modulare la detta variazione sanzionatoria, aggiungendo, altresì, come sia indubbio che, sul piano formale, si è di fronte a una circostanza aggravante.

In definitiva l’art. 219, comma secondo, n. 1, LF, disciplina, nella sostanza, un’ipotesi di concorso di reati autonomi e indipendenti, che il legislatore unifica fittiziamente agli effetti della individuazione del regime sanzionatorio nel cumulo giuridico, facendo ricorso formalmente allo strumento tecnico della circostanza aggravante (SU, 21039/2011).