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Art. 70 - Circostanze oggettive e soggettive

1. Agli effetti della legge penale:

1) sono circostanze oggettive quelle che concernono la natura, la specie, i mezzi, l’oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell’azione, la gravità del danno o del pericolo, ovvero le condizioni o le qualità personali dell’offeso;

2) sono circostanze soggettive quelle che concernono la intensità del dolo o il grado della colpa, o le condizioni e le qualità personali del colpevole, o i rapporti fra il colpevole e l’offeso, ovvero che sono inerenti alla persona del colpevole.

2. Le circostanze inerenti alla persona del colpevole riguardano la imputabilità, e la recidiva.

Rassegna di giurisprudenza

Se la provocazione, quale circostanza attenuante prevista in linea generale dall’art. 62 n. 4, non può che essere obiettiva per l’espressa esclusione del rilievo della putatività contenuta nel terzo comma dell’art. 59 in relazione alle circostanze attenuanti e aggravanti, non vi è invece alcuna ragione per escludere dalla sfera di applicazione dell’art. 59, comma 4, relativo alla positiva valutazione delle circostanze putative di esclusione della pena, la provocazione prevista dall’art. 599 quale «causa di non punibilità» per i reati di ingiurie e diffamazione (Sez. 5, 37950/2017).

La circostanza aggravante della transnazionalità è di natura oggettiva e si estende quindi ai concorrenti nel reato in forza del disposto dell’art. 59 secondo il quale le circostanze che aggravano la pena sono valutate a carico dell’agente soltanto se da lui conosciute ovvero ignorate per colpa o ritenute inesistenti per errore determinato da colpa (Sez. 2, 56338/2018).

L’aggravante delle più persone riunite è oggettiva concernendo le modalità dell’azione e dunque riguarda anche ai correi non presenti sul luogo della consumazione del reato, essendo sufficiente che sia rispettato il criterio di attribuzione psicologica indicato dall’art. 59. Pertanto l’aggravante in questione è attribuibile anche ai correi non presenti sul luogo del reato se gli stessi erano a conoscenza del fatto che la rapina sarebbe stata consumata da più persone riunite o se ignoravano per colpa tale circostanza (Sez. 2, 31199/2014).

L’aggravante della minorata difesa ha natura obiettiva e, come tale, naturalmente si comunica, ai sensi dell’art. 118, ai concorrenti che ne conoscessero i presupposti (Sez. 1, 48108/2008).

L’aggravante dei motivi abietti o futili, pur avendo natura soggettiva, è estensibile al concorrente che, con il proprio volontario contributo, abbia dato adesione alla realizzazione della condotta, con ciò maturando e facendo propria la particolare declinazione del dolo che abbia assistito quest’ultima (Sez. 1, 13596/2012).

La natura oggettiva delle aggravanti della detenzione di armi e della destinazione del prezzo, prodotto o profitto dei delitti commessi al finanziamento di attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo è stata affermata dalle Sezioni unite (SU, 25191/2014) le quali che essa va riferita all’attività dell’associazione in quanto tale e non necessariamente alla condotta del singolo partecipe, sicché essa è valutabile a carico di tutti i componenti del sodalizio di tipo mafioso, sempre che essi siano stati a conoscenza dell’avvenuto reimpiego di profitti delittuosi, ovvero l’abbiano ignorato per colpa o per errore determinato da colpa.

La natura oggettiva deriva dal fatto che il perseguimento della finalità descritta nell’art. 416-bis, sesto comma, mediante i proventi dei delitti al pari della disponibilità di armi per il conseguimento degli obiettivi della compagine associativa costituiscono una connotazione obiettiva dell’associazione e ne qualificano la pericolosità al pari del suo carattere armato.

Non è dunque, rilevante, con riguardo ad entrambe le circostanze, che l’impiego di armi o la destinazione del profitto conseguito al finanziamento delle attività illecite non siano evincibili dal fatto specifico ascritto all’imputato né che il singolo partecipe ne abbia effettiva consapevolezza benché, ai fini della imputazione soggettiva, sia necessario, ai sensi dell’art. 59, comma 2, un ulteriore passaggio e, cioè la verifica che l’agente ignori, per colpa il possesso di armi da parte degli associati e la destinazione dell’avvenuto reimpiego.

Con riguardo all’aggravante dell’associazione armata, si ritiene  che per l’accertamento della ricorrenza ben può assumere rilievo il fatto notorio della detenzione di strumenti di offesa in capo ad un determinato sodalizio mafioso, a condizione che detta detenzione sia desumibile da indicatori concreti - quali fatti di sangue ascrivibili al sodalizio o risultanze di titoli giudiziari, intercettazioni, dichiarazioni od altre fonti - di cui il giudice deve specificamente dare conto nella motivazione del provvedimento.

L’aggravante di cui all’art. 416-bis, sesto comma, cod. pen. ricorre quando gli associati cercano di penetrare in un determinato settore della vita economica e si pongono nelle condizioni di influire sul mercato finanziario e sulle regole della concorrenza, finanziando, in tutto o in parte, le attività con il prezzo, il prodotto o il profitto di delitti. L’aggravante in esame stabilisce una precisa correlazione logico-causale tra le diverse finalità indicate nel terzo comma dell’art. 416-bis, colte nella loro proiezione dinamico-strutturale, essendo delineato un chiaro nesso funzionale tra la consumazione di delitti, la gestione di attività imprenditoriali, la realizzazione di vantaggi ingiusti, intesi o quale derivazione da attività economiche sanzionate come contravvenzione o quali aspetti complementari al controllo delle attività economiche.

L’apporto di capitale deve corrispondere ad un reinvestimento delle utilità procurate dalle azioni delittuose. Il riferimento all’attività economiche è da intendere come intervento in strutture produttive dirette a prevalere, nel territorio di insediamento, sulle altre strutture che offrano beni e servizi.

La ratio di tale previsione è da ravvisare nella necessità di introdurre uno strumento normativo in grado di colpire più efficacemente l’inserimento delle associazioni mafiose nei circuiti dell’economia legale grazie alla maggiore liquidità derivante da delitti, costituenti una sostanziale progressione criminosa rispetto al reato-base, così concretizzando una più articolata e incisiva offesa degli interessi protetti... L’interpretazione letterale del sesto comma, la sua lettura logico-sistematica nel contesto complessivo dell’art. 416-bis e la sua ragione giustificativa inducono a ritenere che la previsione normativa si applichi esclusivamente alle ipotesi di reimpiego in attività economiche e non in altre finalità programmatiche dell’associazione.

Sotto questo profilo non appare, quindi, condivisibile quell’orientamento dottrinale che, valorizzando l’assenza di distinzione in ordine alla liceità formale delle attività finanziate, ritiene che la circostanza aggravante sussista anche quando il finanziamento di origine delittuosa interessi attività economiche di per sé penalmente illecite.

La lettura coordinata dei commi terzo e sesto dell’art. 416-bis, la chiara distinzione, presente nel terzo comma, tra “delitti” e “attività economiche”, il riferimento specifico alla provenienza da “delitti” del prezzo, del prodotto o del profitto, destinate a finanziare, almeno in parte, le attività economiche, portano ad escludere l’applicabilità dell’aggravante di cui al sesto comma al caso in cui i componenti dell’associazione mafiosa reimpieghino in ulteriori attività economiche gli utili provenienti dalle attività imprenditoriali, costituenti l’espressione della seconda finalità descritta dal terzo comma (c.d. finalità di monopolio).

Ne consegue che, ai fini della sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416-bis, sesto comma, non è necessario che il singolo associato s’interessi personalmente di finanziare, con i proventi dei delitti, le attività economiche, di cui i partecipi dell’associazione mafiosa intendano assumere o mantenere il controllo (Sez. 6, 52881/2018).

La circostanza aggravante ex art. 7 L. 203/1991 sotto i due diversi profili della agevolazione della organizzazione e del metodo mafioso ha carattere oggettivo siccome attinente alle modalità dell’azione, con la conseguenza che essa si estende a tutti concorrenti ex art. 70 (Sez. 2, 17689/2018).

In senso contrario: sotto il profilo c.d. dell’agevolazione mafiosa, l’aggravante prevista dall’art. 7, comma 1, L. 203/1991, in quanto incentrata su una particolare motivazione a delinquere e sulla specifica direzione finalistica del dolo e della condotta, configura una circostanza soggettiva, a differenza dell’uso del metodo mafioso che invece si connota per il carattere oggettivo, derivando quell’aggravante dalle modalità di realizzazione dell’azione criminosa (Sez. 6, 29816/2017, richiamata adesivamente da Sez. 6, 8891/2018).

L’aggravante di cui all’art. 61 n. 10 è sicuramente oggettiva, riguardando una qualità personale delle persone offese e, come tale, si comunica a tutti i correi ai sensi dell’art. 118, ivi inclusi quelli che la ignorino per colpa (Sez. 5, 49680/2017).

L’aggravante prevista dal comma quarto dell’art. 74 DPR 309/1990 (associazione armata) può essere riconosciuta in capo ai partecipi del sodalizio solo se può postularsi una loro colpevolezza anche in relazione a tale aspetto, che richiede, in base a quanto previsto dal comma secondo dell’art. 59, quantomeno un coefficiente di prevedibilità concreta da parte loro della disponibilità delle armi da parte dell’associazione (Sez. 6, 49458/2015).

La recidiva è una circostanza aggravante soggettiva in quanto inerente alla persona del colpevole (SU, 35738/2010).

In tema di estorsione, la circostanza aggravante della commissione del fatto ad opera di un partecipe all’associazione di tipo mafioso non richiede che tutti gli agenti rivestano tale qualità, in quanto a seguito della sostituzione del testo dell’art. 118 ad opera dell’art. 3 L. 19/1990, al concorrente non si comunicano più le circostanze soggettive concernenti i motivi a delinquere, l’intensità del dolo, il grado della colpa e quelle relative all’imputabilità ed alla recidiva, ma sono ancora valutate riguardo a lui le altre circostanze soggettive indicate dall’art. 70, primo comma, n. 2, cioè quelle attinenti alle qualità personali del colpevole (Sez. 2, 29854/2017).

La circostanza aggravante della qualità di custode di cui all’art. 349 cpv., poiché non inerisce alla persona del colpevole, come definita dall’art. 70, cpv., ma costituisce una condizione o qualità personale dell’agente (art. 70, comma 1, n. 2), ha natura soggettiva e si comunica ai correi che ne siano a conoscenza o che l’abbiano colpevolmente ignorata o colpevolmente ritenuta inesistente (Sez. 6, 6577/2011).

In senso contrario: la circostanza aggravante della qualità di custode di cui all’art. 349 cpv. ha natura oggettiva e si comunica ai concorrenti quando sia servita ad agevolare l’esecuzione del reato (Sez. 3, 5029/2012).

L’attenuante del ravvedimento operoso di cui all’art. 73, comma 7 DPR 309/1990 costituisce una circostanza speciale di carattere oggettivo (art. 70, comma 1, n. 1) riguardando i mezzi, l’oggetto, il tempo e il luogo dell’azione e ai fini della sua sussistenza non è sufficiente il mero dato della offerta delle informazioni possedute, ma occorre che dette informazioni siano in grado di consentire il perseguimento di un risultato utile di indagine che, senza la collaborazione stessa, non si sarebbe potuto perseguire (Sez. 6, 53962/2016).

La circostanza aggravante speciale che figura nel sesto comma dell’art. 416-bis, nota anche come aggravante del cd. riciclaggio, attiene al tema del programma delittuoso. Essa ricorre nelle ipotesi in cui le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto o il profitto dei delitti. L’interpretazione dell’elemento circostanziale in esame non può, pertanto, prescindere dall’intima essenza del fatto-reato base.

La circostanza aggravante può diventare, infatti, coessenziale alla struttura associativa allorquando essa riesca a conseguire la specifica finalità che la caratterizza, sul piano della tipicità formale, nella parte descrittiva di cui al terzo comma della disposizione in esame. Infatti, se l’associazione “di tipo mafioso”, attraverso la forza di intimidazione e l’omertà che derivano dal vincolo associativo acquisisce, tra le altre finalità, in modo diretto o indiretto il controllo di attività economiche con l’impiego di risorse illecite, si concretizza l’attuazione nella massima espansione del programma criminoso.

L’agire plurisoggettivo, infatti, non risulta solo diretto a conseguire il controllo dell’attività economica, secondo la tipica metodica finalistica dell’azione associativa. Esso, piuttosto, consegue quel risultato, raggiungendo l’obiettivo, attraverso il riciclaggio dei profitti illeciti, mezzo commissivo che nella descrizione normativa è ritenuta forma di maggiore pericolosità. Scopo siffatto diviene, pertanto, l’epilogo naturale dell’azione del gruppo mafioso ed obiettivo normale cui gli associati protendono, indirizzandosi al relativo conseguimento l’attuazione del programma criminoso.

Afferendo, pertanto, alla progettualità delittuosa comune che caratterizza la finalità associativa e, in parte, risultandone la concretizzazione specifica, l’aggravante del cd. reimpiego ha carattere oggettivo e risulta da recuperare allo statuto di cui all’art. 70. Essa si applica a tutti i partecipi del delitto associativo che risultino a conoscenza del reimpiego stesso o che lo abbiano ignorato per colpa o per errore determinato da colpa (Sez. 1, 816/2017).

La circostanza aggravante di cui all’art. 4, n. 7-bis, L. 75/1958 ha natura oggettiva perché riguarda le condizioni personali della persona offesa (art. 70, comma 1) ed in quanto tale si estende a tutti i correi che anche solo per colpa la ignorino (art. 59, comma 2) (Sez. 3, 1003/2017).

La circostanza aggravante di cui al secondo comma n. 2 dell’art. 605, ossia l’esser stato il sequestro di persona commesso da un pubblico ufficiale con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni, è di natura soggettiva, ma rientrando tra quelle concernenti “le qualità personali del colpevole” e non tra quelle “inerenti alla persona del colpevole” (tassativamente indicate nel secondo comma dell’art. 70), non è soggetta al regime dell’art. 118, bensì a quello di cui all’art. 59, secondo comma, onde si comunica al correo se dallo stesso conosciuta o ignorata per colpa (Sez. 5, 46340/2012).

L’aggravante di cui all’art. 577, ultimo comma, non è inerente alla persona del colpevole (art. 70, comma 3), ma circostanza soggettiva che, se conosciuta o ignorata per colpa, si comunica al concorrente ai sensi dell’art. 59, comma 2 (Sez. 1, 297/1992).

L’attenuante della riparazione del danno è soggettiva quanto agli effetti, ai sensi dell’art. 70, ma è oggettiva, ai fini del suo contenuto, sicché nel conflitto di interessi tra reo e vittima del reato, la prevalenza dell’interesse di quest’ultima prevale (Sez. 2, 12366/2010).