x

x

Art. 721 - Elementi essenziali del giuoco d’azzardo. Case da giuoco

1. Agli effetti delle disposizioni precedenti:

1) sono giuochi d’azzardo quelli nei quali ricorre il fine di lucro e la vincita o la perdita è interamente o quasi interamente aleatoria;

2) sono case da giuoco i luoghi di convegno destinati al giuoco d’azzardo, anche se privati, e anche se lo scopo del giuoco è sotto qualsiasi forma  dissimulato.

Rassegna di giurisprudenza

Il gioco del poker, di cui la variante Hold’em ripete in astratto le caratteristiche, è pacificamente riconducibile nel novero dei giochi d’azzardo, in quanto rispetto all’abilità del giocatore risulta comunque preponderante l’alea, dipendendo la vincita della singola smazzata dalle carte cambiate con quelle presenti nel mazzo, ovverosia dalla loro combinazione con quelle rimaste in possesso del giocatore, mentre la durata delle partite e l’entità delle poste risulta indefinita, così da consentire il conseguimento di vantaggi economicamente valutabili anche di rilevante entità.

È pur vero che la natura del gioco di azzardo deve essere valutata con riferimento alle modalità del suo esperimento in concreto che la giurisprudenza di legittimità  anche alla luce del parere del Consiglio di Stato 3237 del 22 ottobre 2008 secondo il quale il gioco del poker può perdere le intrinseche caratteristiche di illiceità in presenza di alcune specifiche modalità di svolgimento, che individua nel gioco a “torneo”, con previsione di un importo di iscrizione particolarmente contenuto, nel divieto di possibilità per il giocatore di rientrare in gioco una volta esaurita la propria posta, nella previsione di premi non in denaro e nella impossibilità di organizzare più di un torneo nella stessa giornata e nella stessa località  ha escluso quando il fine di lucro venga di fatto annullato in presenza di una posta del tutto irrilevante o talmente tenue da far ritenere insussistente il fine di un guadagno economicamente apprezzabile (Sez. 3, 32835/2013 che ha affermato che l’organizzazione di tornei di poker nella variante del “Texas Hold’em”, con posta in gioco costituita esclusivamente dalla sola quota d’iscrizione, l’assegnazione di un numero uguale di gettoni, di valore solo nominale, per ciascun giocatore, senza possibilità di rientrare in gioco acquistando altri gettoni, con preventiva individuazione del premio finale non costituisce esercizio di gioco d’azzardo quando, considerate le concrete modalità di svolgimento del gioco, risulti preponderante l’abilità del giocatore sull’alea ed irrilevante il fine di lucro rispetto a quello prettamente ludico) (Sez. 3, 58308/2018).

Risulta dunque necessario ricostruire il quadro normativo che disciplina la messa a disposizione del pubblico delle apparecchiature cosiddette “totem”. Deve innanzitutto richiamarsi, sul punto, Sez. 3, 37391/2013.

Essa si riferisce proprio ad apparecchiature “totem” collegate al sito www.playnet.island.com e prende specificamente in esame la direttiva 2000/31/CE, evidenziando che la stessa prevede, nel preambolo al punto 16, che: «L’esclusione dei giochi d’azzardo dal campo d’applicazione della presente direttiva riguarda soltanto i giochi di fortuna, le lotterie e le scommesse che comportano una posta pecuniaria. Essa non riguarda le gare promozionali o i giochi che hanno l’obiettivo di incoraggiare la vendita di beni o servizi e in cui gli eventuali pagamenti servono unicamente ad acquisire i beni o servizi promossi». Si tratta di una puntualizzazione che è evidentemente strumentale alla disposizione contenuta nell’art. 1, secondo cui «La presente direttiva non si applica: [...] d) alle seguenti attività dei servizi della società dell’informazione: i giochi d’azzardo che implicano una posta pecuniaria in giochi di fortuna, comprese le lotterie e le scommesse».

Occorre ricordare al riguardo che la fornitura e l’uso di offerte transfrontaliere di gioco d’azzardo costituisce un’attività economica rientrante nell’ambito di applicazione dell’art. 56 del Trattato, come evidenziato nella sentenza della CGUE nella causa Gambelli (n. C-243/01). Di qui la necessità di precisare nel corpo della direttiva che per un verso essa non trova applicazione nel caso in cui l’offerta riguardi un gioco d’azzardo e, per altro verso, di definire il concetto di gioco d’azzardo rilevante per l’applicazione della direttiva stessa.

L’art. 6 della direttiva stabilisce poi, alla lettera d), che «i concorsi o giochi promozionali, qualora siano permessi dallo Stato membro in cui è stabilito il prestatore, devono essere chiaramente identificabili come tali; le condizioni di partecipazione devono essere facilmente accessibili e presentate in modo chiaro ed inequivocabile». Si introduce così una rilevante distinzione tra i beni che sono oggetto di commercio ed i giochi promozionali accessori alla vendita del bene. Questi ultimi, com’è dato agevolmente rilevare dal tenore della norma, possono essere addirittura vietati dallo Stato membro in cui è stabilito il prestatore e, dunque, a fortiori assoggettabili senz’altro ad autorizzazione.

Di tali principi si è tenuto evidentemente conto nell’emanazione del DLGS 70/2003 recante l’attuazione di tale direttiva. All’art. 1, comma 2, lettera g), il decreto legislativo prevede che: «Non rientrano nel campo di applicazione del presente decreto: i giochi d’azzardo, ove ammessi, che implicano una posta pecuniaria, i giochi di fortuna, compresi il lotto, le lotterie, le scommesse, i concorsi pronostici e gli altri giochi come definiti dalla normativa vigente, nonché quelli nei quali l’elemento aleatorio è prevalente».

La sentenza 37391/2013 afferma, dunque, che il DLGS in questione esclude che i giochi di fortuna o quelli in cui l’alea rappresenti elemento prevalente possano rientrare nell’ambito devoluto dalla Direttiva 2000/31 CE e, a fortiori, ciò deve valere per i giochi di tale specie che abbiano mero carattere promozionale, come avviene per i “totem”. In base al regime della direttiva e del d.lgs. di attuazione, nulla legittima la mancata richiesta dell’autorizzazione da parte del gestore di uno dei punti di accesso per la partecipazione ai giochi, ai sensi dell’art. 88 TULPS, così come modificato dalla legge n. 73 del 2010, art. 2-ter.

Il richiamato art. 2-ter stabilisce, infatti, che «L’art. 88 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al R.D. 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che la licenza ivi prevista, ove rilasciata per esercizi commerciali nei quali si svolge l’esercizio e la raccolta di giochi pubblici con vincita in denaro, è da intendersi efficace solo a seguito del rilascio ai titolari dei medesimi esercizi di apposita concessione per l’esercizio e la raccolta di tali giochi da parte del Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato».

E  secondo la sentenza del 2013  «è chiaramente vincita in denaro anche quella che comporta un risparmio sull’acquisto di un prodotto».

Peraltro, il comma 2-ter si integra con il disposto del comma 2-bis che prevede: «Fermo quanto previsto dalla L. 7 luglio 2009, n. 88, art. 24 in materia di raccolta del gioco a distanza e fuori dei casi ivi disciplinati, il gioco con vincita in denaro può essere raccolto dai soggetti titolari di valida concessione rilasciata dal Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato esclusivamente nelle sedi e con le modalità previste dalla relativa convenzione di concessione, con esclusione di qualsiasi altra sede, modalità o apparecchiatura che ne permetta la partecipazione telematica; è conseguentemente abrogata il d.l. 30 settembre 2005, n. 203, art. 11-quinquiesdecies, comma 11, lettera b), convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248».

Ora, interessa rilevare che già il DL 203/2005, art. 11-quinquiesdecies, comma 11, lettera b), consentiva la raccolta a distanza di giochi pubblici attraverso l’utilizzo di “totem” solo all’interno delle Agenzie, negozi e corner di scommesse e tale attività poteva essere esercitata solo ed esclusivamente da soggetti concessionari del gioco. La richiamata sentenza afferma, in sostanza  con riferimento al quadro normativo all’epoca vigente  che, qualora si tratti di gioco d’azzardo (o di giochi ad esso assimilabili ai sensi dell’art. 1, comma 2, lettera g), la vincita deve comunque essere considerata pecuniaria, anche se si esprime in beni o servizi e non in denaro, perché i giochi d’azzardo non possono essere fatti rientrare nell’ambito della disciplina del DLGS 70/2003.

Deve dunque ritenersi, a contrario, che i totem che consentano di effettuare giochi che non rientrano nell’esclusione fissata dal richiamato art. 1, comma 2, lettera g), DLGS 70/2003 non siano sottoposti al regime autorizzatorio di cui all’art. 88 TULPS. Non pare utilizzabile, in senso contrario a tali conclusioni, la formulazione l’art. 7, comma 3-quater, del decreto “Balduzzi” (DL 158/2012, convertito, con modificazioni, dalla L. 189/2012)  comunque entrato in vigore dopo i fatti oggetto del presente procedimento  perché esso anzi conferma che è in linea generale vietata la messa a disposizione presso qualsiasi pubblico esercizio di apparecchiature che, attraverso la connessione telematica, consentano ai clienti di giocare sulle piattaforme di gioco messe a disposizione dai concessionari on-line, fatte comunque salve le sanzioni previste per chi eserciti illecitamente attività di offerta di giochi con vincita in denaro.

La normativa di settore ha invece subito una decisiva modifica ad opera dell’art. 1, comma 923, L. 208/2015, il quale ha previsto che «Ferma restando l’applicazione dell’articolo 1, comma 646, lettera b), della legge 23 dicembre 2014, n. 190, in caso di violazione dell’articolo 7, comma 3-quater, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, il titolare dell’esercizio è punito con la sanzione amministrativa di euro 20.000; la stessa sanzione si applica al proprietario dell’apparecchio.

Il divieto di cui al precedente periodo e la sanzione ivi prevista si applicano, altresì, nell’ipotesi di offerta di giochi promozionali di cui al decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, per il tramite di qualunque tipologia di apparecchi situati in esercizi pubblici idonei a consentire la connessione telematica al web. Il titolare della piattaforma dei giochi promozionali è punito con la sanzione amministrativa da euro 50.000 a euro 100.000».

Dunque, la disposizione appena riportata espressamente depenalizza, prevedendo una sanzione amministrativa la violazione dell’articolo 7, comma 3-quater, del decreto “Balduzzi”, il quale si riferisce  come visto  alle apparecchiature che, consentano ai clienti di giocare su piattaforme di concessionari on-line. Inoltre, essa estende il regime sanzionatorio amministrativo ai giochi promozionali di cui al DLGS 70/2003, effettuati per il tramite di apparecchi situati in esercizi pubblici, tra i quali devono intendersi ricompresi i “totem” che consentano giochi che non rientrano nelle categorie contemplate dal richiamato art. 1, comma 2, lettera g), del DLGS 70/2003.

Resta da definire il regime sanzionatorio per la messa a disposizione del pubblico di apparecchi “totem” che rientrano nelle esclusioni fissate dal richiamato art. 1, comma 2, lettera g), DLGS 70/2003, perché consentono giochi d’azzardo. Come già rilevato sia in sede penale (Sez. 3, 6183/2015), sia in sede civile (Sez. 6 civile, 101/2016, la quale si riferisce proprio ad apparecchiature “totem”), le caratteristiche e le prescrizioni per gli apparecchi o congegni per il gioco, la cui installazione è consentita esclusivamente negli esercizi commerciali o pubblici o nelle aree aperte al pubblico ovvero nei circoli privati ed associazioni autorizzati, sono fissate dai commi 6 e 7 dell’art. 110 TULPS, che hanno subito nel tempo numerose modificazioni.

Tra le varie categorie contemplate da tali disposizioni non vi è quella degli apparecchi che consentano giochi di puro azzardo: vi è, anzi, l’espresso divieto di riprodurre il gioco del poker (comma 6, lettera a, confermato dal successivo comma 7-bis). Sono però considerati leciti gli apparecchi nei quali, «insieme con l’elemento aleatorio, sono presenti anche elementi di abilità, che consentono al giocatore la possibilità di scegliere, all’avvio o nel corso della partita, la propria strategia, selezionando appositamente le opzioni di gara ritenute più favorevoli tra quelle proposte dal gioco, il costo della partita non supera 1 euro, la durata minima della partita è di quattro secondi e che distribuiscono vincite in denaro, ciascuna comunque di valore non superiore a 100 euro, erogate dalla macchina» (comma 6, lettera a).

E la violazione dei commi 6 e 7 richiamati è sanzionata in via amministrativa dal successivo comma 9 dello stesso articolo, il quale punisce, alla lettera c), «chiunque sul territorio nazionale distribuisce od installa o comunque consente l’uso in luoghi pubblici od aperti al pubblico od in circoli ed associazioni di qualunque specie di apparecchi o congegni non rispondenti alle caratteristiche ed alle prescrizioni indicate nei commi 6 o 7 e nelle disposizioni di legge ed amministrative attuative di detti commi, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria di 4.000 euro per ciascun apparecchio». Le considerazioni appena svolte escludono anche la configurabilità del reato ex art. 718.

Come già affermato nella richiamata sentenza 6183/2014, la disciplina dell’art. 110, commi 6, 7, TULPS si pone in rapporto di specialità con la disciplina penalistica del gioco d’azzardo, laddove qualifica come leciti, sottoponendoli ai provvedimenti di assenso previsti dalla legge, giochi che in astratto rientrerebbero nella categoria dei giochi d’azzardo di cui all’art. 721, perché in essi ricorrono sia il fine di lucro sia l’aleatorietà della vincita. Tali giochi sono invece consentiti, in considerazione delle loro particolari caratteristiche, perché giocati attraverso apparecchiature elettroniche e con puntate di modesta entità economica. E le eventuali violazioni del regime fissato dai commi 6 e 7 dell’art. 110 sono  come visto  sanzionate in via amministrativa ai sensi del successivo comma 9 (Sez. 3, 30803/2017).