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Art. 450 - Delitti colposi di pericolo

1. Chiunque, con la propria azione od omissione colposa, fa sorgere o persistere il pericolo di un disastro ferroviario, di una inondazione, di un naufragio, o della sommersione di una nave o di un altro edificio natante, è punito con la reclusione fino a due anni.

2. La reclusione non è inferiore a un anno se il colpevole ha trasgredito ad una particolare ingiunzione dell’autorità diretta alla rimozione del pericolo.

Rassegna di giurisprudenza

L’articolo 449, non a caso rubricato “delitti colposi di danno” – va chiarito ove mai residuassero dubbi – punisce anche a titolo di colpa la sola ipotesi dolosa aggravata di cui al secondo comma dell’articolo 434, e non anche quella di pericolo di cui al primo comma. Occorre, in altri termini, che si realizzi un evento di danno.

Per la configurabilità del delitto di disastro colposo, in altri termini, è necessario che l’evento sì verifichi, diversamente dall’ipotesi dolosa, nella quale la soglia di punibilità è anticipata al momento in cui sorge il pericolo per la pubblica incolumità e, qualora il disastro si verifichi, risulterà integrata la fattispecie aggravata prevista dal citato art. 434, comma 2 (Sez. 4,  4675/2007): le condotte meramente prodromiche rispetto al già più volte indicato evento di pericolo non rilevano.

Una tale lettura della norma trova ulteriore conforto nel successivo art. 450, che in contrapposizione al precedente, relativo ai delitti colposi di danno, riguarda i delitti colposi di mero pericolo. Tale fattispecie anticipa la tutela rispetto a quella delineata dal precedente art. 449, incriminando anche le condotte che fanno solo sorgere o persistere il pericolo di un evento disastroso.

La norma, tuttavia, non si riferisce indiscriminatamente a tutte le fattispecie di disastro, bensì solo ad alcune analiticamente indicate: disastro ferroviario, inondazione, naufragio sommersione. Si tratta di un’opzione normativa che non è casuale e trova esplicita spiegazione anche nella relazione ministeriale al progetto di codice, ove si spiega che l’esclusione della fattispecie colposa di pericolo di crollo trova giustificazione nella preoccupazione che lo sviluppo edilizio possa essere frenato da frequenti accertamenti tecnici connessi a tale fattispecie.

La stessa differenziazione nell’anticipazione del punto di rilevanza penale delle ipotesi di disastro nominato rispetto a quelle di natura innominata se da un lato si aggancia alla voluntas legis di tutelare maggiormente le situazioni di pericolo relative ai cd. disastri catalogati (che per loro natura hanno una notevole carica di dannosità), dall’altro può giustificare la indicazione per la punibilità di fattispecie apparentemente anche meno distruttive come possono essere appunto i crolli delle civili abitazioni: per queste infatti deve necessariamente lasciarsi un ambito discrezionale al giudice per consentire di discernere (per escluderne la rilevanza penale) le ipotesi limite come potrebbe essere quella che del crollo di un modesto appartamento (in zona isolata) abitato da una sola persona.

In proposito, dunque, si ritiene che vada qui ribadito l’indirizzo secondo il quale, in tema di delitti contro l’incolumità pubblica, le condotte colpose integranti pericolo di crollo di una costruzione non configurano il delitto di cui all’art. 449, che richiede il verificarsi di un disastro inteso come disfacimento dell’opera (Sez. 4, 1897/2009 che ha escluso che il grave, genetico disastro statico di un edificio, tanto rilevante da determinare pericolo di collasso, configurasse la fattispecie di disastro innominato colposo) (Sez. 4, 39128/2018).

Attraverso le fattispecie collocate nel titolo sesto del codice penale, relativo ai reati contro l’incolumità pubblica, al cui interno trovano collocazione, per quello che qui interessa, il capo primo dedicato ai delitti dolosi di comune pericolo mediante violenza ed il capo terzo dedicato ai delitti colposi di comune pericolo, il codificatore ha inteso proteggere la sfera superindividuale di beni primari quali la vita, l’integrità fisica, la salute. La tecnica di conformazione delle incriminazioni è assai variegata e frutto di precise e tecnicamente dosate scelte di politica criminale.

Per quel che qui interessa, è possibile partire dalla considerazione che il nucleo centrale di tale categoria di illeciti è costituita, nell’ambito dei reati dolosi di cui al primo capo, dalle fattispecie di disastro, ordinariamente configurate come reati di pericolo astratto. Vi compare un definito evento, contrassegnato da tipica pericolosità in relazione ai beni primari cautelati: un evento di pericolo, appunto.

Si tratta di figure nelle quali non è affidata al giudice la concreta valutazione ex post della pericolosità della condotta, ma è la norma che descrive alcune situazioni tipicamente caratterizzate, nella comune esperienza, per il fatto di recare con sé una rilevante possibilità di danno alla vita o all’incolumità personale. Si tratta di reati come l’incendio, l’inondazione, la frana, la valanga, il disastro ferroviario, il naufragio.

L’evocazione di tali drammatiche contingenze tipiche, storicamente ben note alla legislazione penale, chiama in causa l’idea di indeterminatezza del danno che caratterizza i reati di comune pericolo. Si è infatti in presenza di eventi dotati di forza dirompente e quindi in grado di coinvolgere numerose persone, in un modo che non è precisamente definibile o calcolabile. Rispetto a tali eventi, non è richiesta l’analisi a posteriori di specifici decorsi causali che è invece propria degli illeciti che coinvolgono una o più persone determinate.

Al contrario, ciò che caratterizza il pericolo per la pubblica incolumità è semplicemente la tipica, qualificata possibilità che le persone si trovino coinvolte nella sfera d’azione dell’evento disastroso descritto dalla fattispecie, esposte alla sua forza distruttiva. Di qui l’idea di indeterminatezza. La struttura delle fattispecie è normalmente astratta; sicché al giudice è solo richiesto di verificare l’esistenza di un fatto conforme al modello tipico. Per tale ragione, i reati in questione mostrano un rapporto di tensione con il principio costituzionale di offensività: non può infatti escludersi l’eventualità che l’evento di pericolo conforme al tipo non rechi con sé una concreta misura di possibile pregiudizio per i beni cautelati.

Tale pericolo può essere arginato da un lato in via interpretativa, conferendo alle sintetiche espressioni utilizzate dal codificatore per descrivere gli eventi in questione un significato che esprima, appunto, l’idea di accadimenti macroscopici, dirompenti e quindi potenzialmente lesivi nella dimensione indeterminata e superindividuale cui si è già sopra fatto cenno; dall’altro, nella fase giudiziale, accertando che il caso concreto presenti le caratteristiche di tipica offensività insite nella fattispecie astratta. Tale itinerario interpretativo è segnato anche dalla nota sentenza 286/1974.

La Corte costituzionale, investita della questione di costituzionalità degli artt. 423 e 428, l’ha ritenuta infondata “tenendo anche conto che per la sussistenza dei reati di naufragio e di incendio di cosa aliena è necessario che si verifichi un evento che possa qualificarsi, appunto, naufragio od incendio, cioè un evento tale che sia potenzialmente idoneo - se pur non concretamente a creare la situazione di pencolo per la pubblica incolumità (per l’incendio sono richieste la vastità, la violenza, la capacità distruttiva, la diffusibilità del fuoco)”.

Tale pronunzia, sebbene riferita a due specifiche categorie di disastri, propone con tutta evidenza enunciazioni di carattere generale che definiscono indubitabilmente il disastro come un evento macroscopico- tipicamente pericoloso. Il codificatore, come si è accennato, ha tuttavia variegato la disciplina con diversi schemi. In qualche caso, nell’ambito degli illeciti dolosi, ha anticipato ulteriormente la tutela rispetto all’evento di pericolo.

Ad esempio nel danneggiamento seguito da incendio di cui all’art. 424 si punisce la condotta di chi appicca il fuoco se dal fatto sorge pericolo di un incendio. Una tecnica analoga si riscontra nella fattispecie di danneggiamento seguito da naufragio di cui all’art. 429 ed in quella di pericolo di disastro ferroviario causato da danneggiamento di cui all’art. 431.

In altri casi, invece, il tipo comprende la verificazione di un pericolo concreto. Ad esempio, nell’ambito della fattispecie di naufragio o sommersione di natante ovvero di caduta di un aeromobile di proprietà dell’agente (art. 428 comma 3), è richiesto non solo che l’evento disastroso sia potenzialmente, astrattamente idoneo a creare la situazione di pericolo ma altresì che dal fatto derivi concreto pericolo per la pubblica incolumità.

E basterebbe questa constatazione a dimostrare che nelle fattispecie (come quella in esame) nelle quali manca l’evocazione di un pericolo concretamente cagionato, si è in presenza di fattispecie di pericolo astratto. In tale complessivo quadro, presenta particolare interesse sotto diversi aspetti la fattispecie di cui all’art. 434, richiamata dall’art. 449, relativa al collo di costruzioni o altri disastri dolosi. Essa da un lato anticipa la tutela sanzionando la condotta di attentato contrassegnata dal mero pericolo di crollo della costruzione, dall’altro chiede il concreto pericolo per la pubblica incolumità. La norma, inoltre, con l’espressione “un altro disastro” delinea la fattispecie di disastro innominato.

Tale previsione, come emerge anche dalla relazione al progetto del codice, è ispirata all’esigenza di colmare eventuali lacune che si possono verificare nella previsione degli eventi disastrosi illeciti per effetto della evoluzione della tecnica. Di tale fattispecie si è occupata la Corte costituzionale (sentenza 327/2008) chiamata a valutare il dubbio di illegittimità costituzionale alla luce del principio di determinatezza. La Corte, nel dichiarare non fondata la questione, ha proposto alcune riflessioni che risultano interessanti anche ai fini del presente giudizio.

Si rammenta che il principio di indeterminatezza è volto da un lato ad evitare che il giudice assuma un ruolo creativo individuando in luogo del legislatore i confini tra il lecito e l’illecito; e dall’altro è finalizzato a garantire la libera autodeterminazione individuale, consentendo al destinatario della norma penale di apprezzare le conseguenze giuridiche della propria condotta. Quanto alla specifica espressione “disastro” utilizzata nell’articolo richiamate” la Corte osserva che senza dubbio si tratta di formula sommaria capace di assumere nel linguaggio comune una gamma di significati ampiamente diversificati. Tuttavia la valenza del termine è illuminata dalla finalità dell’incriminazione e dalla sua collocazione nel sistema dei delitti contro la pubblica incolumità.

Si tratta di evento diverso ma comunque omogeneo, sul piano delle caratteristiche strutturali, rispetto ai disastri contemplati negli articoli compresi nel capo relativo ai delitti di comune pericolo mediante violenza. Esso pertanto è caratterizzato dai tratti distintivi delle fattispecie di disastro tipiche, costituite da un evento distruttivo di proporzioni straordinarie anche se non necessariamente immani, atto a produrre effetti dannosi gravi, complessi ed estesi con conseguente pericolo per la vita e per l’integralità fisica di un numero indeterminato di persone. Tale interpretazione, conclude la Corte, è del resto conforme alla elaborazione giurisprudenziale di legittimità.

Da quanto precede emerge una prima significativa conclusione, conformata sulle fattispecie dolose cui si è sin qui fatto cenno: il disastro, nominato o innominato che sia, costituisce un evento fortemente connotato sul piano naturalistico e contrassegnato da forza distruttiva di dimensioni assai rilevanti. Come si è accennato, l’ordinamento penale contempla altresì, in qualche caso, la ulteriore anticipazione della tutela, prevedendo (è il caso dell’art. 434) la fattispecie di attentato, contrassegnata dal pericolo di crollo o di disastro innominato, aggravata dalla verificazione dell’evento Resta da rapportare le indicate conclusioni all’ambito colposo definito dagli artt. 449 e 450.

Quanto all’art. 449 è in primo luogo di rilevante interesse l’intitolazione “delitti colposi di danno”, che trova specificazione nella descrizione della fattispecie costituita dalla produzione, per colpa, di un incendio o di un altro disastro preveduto dal capo primo. La dizione non lascia adito a dubbi: nell’ambito colposo rileva solo la situazione in cui si sia realizzato l’evento di pericolo tipico costituito da disastro nominato o innominato, inteso come accadimento poderoso, nei termini cui si è già sopra fatto cenno.

Tale conclusione è stata del resto già raggiunta in sede di legittimità quando ha affermato che per la configurabilità del delitto di disastro colposo (artt. 434 e 449) è necessario che l’evento si verifichi, diversamente dall’ipotesi dolosa (art. 434 comma 1), nella quale la soglia per integrare il reato è anticipata al momento in cui sorge il pericolo per la pubblica incolumità e, qualora il disastro si verifichi, risulterà integrata la fattispecie aggravata prevista dal secondo comma dello stesso art. 434.

Dunque, già la connotazione testuale dell’incriminazione esclude che nell’ambito colposo definito dall’art. 449 possano indistintamente rilevare condotte meramente prodromiche rispetto al già più volte indicato evento di pericolo. Tale lettura della norma trova ulteriore conforto nel successivo art. 450 che, in contrapposizione al precedente, relativo ai delitti colposi di danno, riguarda i delitti colposi di mero pericolo.

Tale fattispecie anticipa la tutela rispetto a quella delineata dal precedente art. 449, incriminando anche le condotte che fanno solo sorgere o persistere il pericolo di un evento disastroso. La norma, tuttavia, non si riferisce indiscriminatamente a tutte le fattispecie didisastro, bensì solo ad alcune analiticamente indicate: disastro ferroviario, inondazione, naufragio, sommersione.

Si tratta di un’opzione normativa che, con tutta evidenza, non è casuale e trova esplicita spiegazione anche nella relazione ministeriale al progetto di codice, ove si spiega che l’esclusione della fattispecie colposa di pericolo di crollo trova giustificazione nella preoccupazione che lo sviluppo edilizio possa essere frenato da frequenti accertamenti tecnici connessi a tale fattispecie.

Anche la complessa articolazione della disciplina da ultimo esaminata conferma la frammentarietà che caratterizza la conformazione del tipo, nell’ambito degli illeciti di cui al titolo sesto. Il legislatore ha espresso nel codice scelte selettive, anche attraverso variegate tecniche d’incriminazione: una frammentarietà che è il frutto di ben meditate scelte di politica criminale, di cui occorre evidentemente tenere rispettosamente conto.

Da quanto precede occorre inferire che il codificatore ha ritenuto, in ambito colposo, di anticipare la tutela, sanzionando alcune determinate situazioni fattuali nelle quali l’evento di pericolo, cioè il disastro quale accadimento macroscopico, non si è verificato; ma si è determinata una situazione concreta che ha implicato il pericolo di verificazione di disastro (Sez. 4, 22671/2014).

I delitti colposi di pericolo contro l’incolumità pubblica di cui all’art. 450 si perfezionano al momento dell’effettiva esistenza di un pericolo che l’evento temuto si verifichi, in quanto incriminano anche le condotte che fanno solo sorgere o persistere il pericolo di un evento disastroso (Sez. 4, 9969/2010).