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Art. 608 - Abuso di autorità contro arrestati o detenuti

1. Il pubblico ufficiale, che sottopone a misure di rigore non consentite dalla legge una persona arrestata o detenuta di cui egli abbia la custodia, anche temporanea, o che sia a lui affidata in esecuzione di un provvedimento dell’Autorità competente, è punito con la reclusione fino a trenta mesi.

2. La stessa pena si applica se il fatto è commesso da un altro pubblico ufficiale, rivestito, per ragione del suo ufficio, di una qualsiasi autorità sulla persona custodita.

Rassegna di giurisprudenza

II reato di cui all’art. 608 è integrato da condotte vessatorie perpetrate da pubblici ufficiali nei confronti di persona arrestata o detenuta, sottoposta a misure di rigore non consentite dalla legge, di guisa che la sfera di libertà personale del soggetto passivo subisca un’ulteriore restrizione, oltre quella legale, che è insita nella detenzione stessa (Sez. 5, 22203/2017).

Se è vero che per configurare il reato di cui all’art. 608 non basta l’impiego della violenza nei confronti della persona in custodia (Sez. 6, 9003/1982), è del pari vero che atti di violenza fisica, pur riconducibili a ulteriori ipotesi di reato (percosse, lesioni e simili), ben possono integrare anche la fattispecie tipica della norma in rassegna laddove incidano sulla sfera di libertà personale del soggetto passivo, determinandone una limitazione aggiuntiva rispetto a quella consentita (Sez. 5, 29004/2012). In tale ultimo caso il delitto punito dall’art. 608 concorrerà con quelli di percosse, lesioni e simili (Sez. 5, 26022/2018).

Nel paradigma normativo dell’art. 608 rientrano tutte le condotte “vessatorie” che finiscano con il significativamente aggravare le condizioni della carcerazione per il detenuto che le ha subite (come, ad esempio, nel caso di appartenenti alla polizia penitenziaria che impongano ai detenuti affidati alla loro custodia di rimanere immobili, di camminare a capo chino o di eseguire flessioni) (Sez. 5, 22203/2017).

Il reato di abuso di autorità contro arrestati o detenuti ha come oggetto la libertà personale e non basta, perché sia configurabile, l’impiego di violenza, occorrendo che la sfera di libertà personale del soggetto passivo subisca un’ulteriore restrizione, oltre quella legale, che è insita nella detenzione stessa (Sez. 5, 29004/2012).