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Art. 116 - Reato diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti

1. Qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, anche questi ne risponde, se l’evento è conseguenza della sua azione od omissione.

2. Se il reato commesso è più grave di quello voluto, la pena è diminuita riguardo a chi volle il reato meno grave.

Rassegna di giurisprudenza

Elementi strutturali

L’ipotesi prevista dal secondo comma dell’art. 116 non è applicabile all’omicidio preterintenzionale, in quanto trattasi di una forma attenuata di concorso configurabile solo nella ipotesi in cui il concorrente che si vuole anomalo abbia voluto un reato diverso da quello voluto dagli autori materiali e concretamente attuato. Nell’omicidio preterintenzionale, invece, l’evento mortale non è voluto da nessuno dei concorrenti; mentre tutti vogliono le lesioni o le percosse, onde tutti devono rispondere della morte che eventualmente consegua alla aggressione voluta (Sez. 5, 53729/2018).

In tema di concorso di persone nel reato, sussiste la responsabilità a titolo di concorso anomalo qualora l’evento ulteriore, benché prevedibile in quanto collegato da un nesso di pura eventualità rispetto al delitto base programmato, non sia stato dall’agente voluto neppure nella forma del dolo indiretto; ricorre, invece, l’ipotesi del concorso ex art. 110, ove l’agente abbia effettivamente previsto l’evento o comunque accettato il rischio del suo verificarsi.

L’agente che non abbia voluto il reato diverso, pur avendolo previsto e ritenuto sicuramente evitabile, risponde pertanto di un reato doloso sulla base di un atteggiamento colposo, consistente nell’essersi affidato, per realizzare l’altra condotta concorsualmente prevista con dolo, anche all’attività altrui che, come tale, non è finalisticamente controllabile, di guisa che  al cospetto di un’azione collettiva  si dilata l’onere di previsione a carico dell’aderente al progetto comune, specie nel caso di azione violenta contro una persona (Sez. 5, 5689/2019).

In tema di concorso anomalo, ai fini dell’affermazione della responsabilità per il reato diverso commesso dal compartecipe, è necessaria la verifica della sussistenza di un nesso, non solo causale ma anche psicologico, tra la condotta del soggetto che ha voluto soltanto il reato meno grave e l’evento diverso, nel senso che quest’ultimo deve essere oggetto di possibile rappresentazione in quanto logico sviluppo, secondo l’ordinario svolgersi e concatenarsi dei fatti umani, fermo restando che la prognosi postuma sulla prevedibilità del diverso reato commesso dal concorrente va effettuata in concreto, valutando la personalità dell’imputato e le circostanze ambientali nelle quali l’azione si è svolta e tenendo conto che, nell’ambito dell’operare collettivo, l’onere di previsione a carico del concorrente, per le possibili iniziative e le varianti individuali degli altri correi, si dilata, dovendo egli fare uso, in relazione a tutte le circostanze del caso concreto, della dovuta diligenza (Sez. 5, 3138/2019).

La giurisprudenza ha più volte evidenziato che la "parificazione" prevista dall’art. 117 - secondo la prevalente interpretazione, applicabile solo quando il concorrente cd. extraneus non abbia consapevolezza delle condizioni o delle qualità personali del concorrente cd. intraneus, o dei rapporti fra questi e l’offeso, in presenza delle quali o dei quali muta il titolo di reato, perché altrimenti sarebbe configurabile il concorso per entrambi a norma dell’art. 110 - trova fondamento nella necessità di evitare che alcuni concorrenti siano puniti per un reato ed altri per un diverso titolo unicamente perché abbiano interferito particolari qualità di uno di essi o particolari rapporti di costui con la persona offesa.

Di conseguenza, quando il mutamento del reato è determinato da circostanze diverse da quelle costituite dalle condizioni o dalle qualità personali del colpevole, o dai rapporti fra il colpevole e l’offeso, ed il soggetto a carico del quale è configurabile la responsabilità per la fattispecie meno grave non ha consapevolezza degli elementi qualificanti la vicenda in modo deteriore per l’altro concorrente, la "parificazione" del titolo di responsabilità non può verificarsi né a norma dell’art. 110, né ex art. 117; sarà semmai applicabile la disciplina di cui all’art. 116, ma sempre che ne sussistano i necessari presupposti, anche con riferimento al profilo soggettivo.

Ora, l’inapplicabilità della disciplina di cui agli artt. 116 e 117, che ha la funzione di "aggravare" la responsabilità per uno o più dei concorrenti anche in deroga agli ordinari principi in tema di colpevolezza, non può, salvo l’ipotesi di diversa indicazione normativa, comportare addirittura una "parificazione" in mitius a vantaggio di uno o più di essi: le due disposizioni appena citate risultano escludere, in linea generale, che l’istituto del concorso di persone nel reato possa dare luogo ad una "mitigazione" della responsabilità penale, e rendono quindi ragionevole, in caso di loro inapplicabilità, correlare il titolo della stessa, per ciascun agente, al fatto al medesimo riferibile oggettivamente e soggettivamente, nel rispetto del principio di cui all’art. 27, primo comma, Cost. (Sez. 6, 2157/2019).

Il riconoscimento della fattispecie del concorso anomalo richiede tre necessari tre requisiti: l’adesione dell’agente a un reato concorsualmente voluto, la commissione, da parte di altro concorrente, di un reato diverso o più grave e l’esistenza di un nesso causale, anche psicologico, fra l’azione del compartecipe al reato inizialmente voluto e il diverso o più grave reato poi commesso da altro concorrente, che deve essere prevedibile, in quanto logico sviluppo di quello concordato, senza, peraltro, che l’agente abbia effettivamente previsto o ne abbia accettato il rischio, nel qual caso vi sarebbe ordinario concorso ex articolo 110 (Sez. 1, 50436/2018).

La fattispecie disciplinata dall’art. 116 nella sua formulazione letterale propone un istituto rigorosamente ancorato alla concezione causale del concorso di persone nel reato. Quel principio ne enuclea, indubbiamente, il fondamento; ciò, tuttavia, non significa che la volontà e l’atteggiamento psicologico, nell’istituto de quo, siano recessivi e non assumano portata egualmente determinante ai fini della delimitazione degli ambiti di responsabilità dei singoli concorrenti.

L’art. 116  che non contempla un’ipotesi di pura responsabilità oggettiva  postula che l’evento più grave debba essere voluto da almeno uno dei concorrenti: la norma incentra la costruzione strutturale del paradigma sulla realizzazione di un "reato diverso". È un sintagma "aperto" che risulta idoneo ad includere i fatti legati da una relazione specifica tra il delitto eseguito e quello, di converso ed effettivamente, voluto da uno dei partecipi. Deve, innanzitutto, osservarsi che, allorquando il reato "diverso" rappresenti il mezzo o la modalità di esecuzione necessaria, per il conseguimento del risultato collettivamente voluto, esso finisce per rientrare ex se nel programma obiettivo comune.

In questi casi non sembra che residui spazio concreto per pensare all’applicazione dell’art. 116. Il concorso anomalo è escluso in tutte le ipotesi in cui il reato "diverso" si pone in un nesso "relazionale" specifico rispetto al piano comune, con crismi di tale connessione strumentale o teleologica, che lo fanno assurgere a "mezzo commissivo esclusivo" dell’ulteriore delitto programmato. In questi casi il concorso si qualifica attraverso la fattispecie di cui all’art. 110, poiché l’adesione all’azione collettiva porta con sé necessariamente la previsione e l’accettazione della modalità d’attuazione dell’iter criminis comune e, dunque, del delitto accessorio ed ulteriore attraverso cui la condotta collettiva deve necessariamente passare per conseguire l’obiettivo finale dell’azione concordata.

Si è, piuttosto, al cospetto di un "reato diverso" allorquando rilevino fattispecie collegate da un nesso di pura eventualità a quella da realizzare o che siano in possibile e consequenziale sviluppo di essa, anche avuto riguardo alla natura dei beni giuridici messi in pericolo o lesi. In questi casi il vincolo relazionale tra fattispecie non è retto da nessi di collegamento necessari ed il reato ulteriore e diverso accede al programma comune, si è detto, con carattere di pura eventualità. In questo ambito va enucleata l’ipotesi in cui il reato diverso sia frutto di eventi o fattori del tutto eccezionali ed atipici.

È pacifico che in questi casi si interrompa lo stesso vincolo concausale ed il verificarsi del fatto "non voluto dal concorrente" è mosso da un’eziologia disancorata dall’azione collettiva, tale da risalire e collegarsi o al solo gesto di colui che ne risulti autore ovvero al distinto fattore estraneo che lo produce. Là dove ciò non accada e la causalità collettiva esprima, piuttosto, un determinismo eziologico nella dinamica lesiva del bene protetto è il contenuto della posizione subiettiva ad orientare nella qualificazione del concorso a carico del partecipe. Perché ricorra concorso anomalo è richiesto un logico sviluppo e la prevedibilità in concreto, come possibile epilogo rispetto al fatto programmato, del delitto diverso.

Si deve, tuttavia, trattare di un evento voluto, con dolo diretto o indiretto almeno da taluno dei concorrenti e di un risultato causalmente legato all’azione plurisoggettiva. La ratio del meccanismo d’imputazione estensiva è evidente: se si agisce in gruppo si aderisce alle conseguenze che sono legate, in fatto, in un logico e naturale divenire, all’azione programmata. Si tratta di conseguenze che, pur non volute direttamente dal singolo agente sono, comunque, annesse all’azione oggetto di programmazione. Là dove si programmi un delitto che rientra nell’ambito di un’azione violenta orientata alla persona la progressione e la degenerazione nell’evento lesivo maggiore o, addirittura, nella morte è ipotesi plausibile. Ciò perché la stessa aggressione al bene materiale (integrità fisica), che si è accettato di mettere in discussione, può naturalmente progredire verso una lesività di maggiore intensità, nel perimetro di un bene giuridico omogeneo (Sez. 1, 57948/2018).

In tema di concorso di persone nel reato, la responsabilità del compartecipe ex art. 116, può essere esclusa solo quando il reato diverso e più grave si presenti come un evento atipico, dovuto a circostanze eccezionali e del tutto imprevedibili, non collegato in alcun modo al fatto criminoso su cui si è innestato, oppure quando si verifichi un rapporto di mera occasionalità idoneo ad escludere il nesso di causalità. Invero, la configurazione del concorso c.d. "anomalo" è soggetta a due limiti negativi: a) l’accertamento che l’evento diverso non sia stato voluto neppure sotto il profilo del dolo indiretto (indeterminato, alternativo od eventuale) e, dunque, che il reato più grave non sia stato già considerato come possibile conseguenza ulteriore o diversa della condotta criminosa concordata; b) l’accertamento della non atipicità dell’evento diverso, o più grave, rispetto a quello concordato, in modo che l’evento realizzato non sia conseguenza di circostanze eccezionali, imprevedibili e non ricollegabili all’azione criminosa, sì da interrompere il nesso di causalità (Sez. 2, 28171/2018).

Il meccanismo sostanzialmente circostanziale previsto dall’ultimo comma dell’art. 116, per essere innescato presuppone che l’intervento della cosiddetta variante individuale del piano comune abbia determinato la commissione non dello stesso reato divisato dai concorrenti, sia pure in una forma caratterizzata da una più intensa lesione al bene interesse tutelato dalla norma violata, ma di un reato diverso da quello anche sotto lo stesso profilo del suo nomen juris, cioè avente una vera e propria qualificazione giuridica autonoma rispetto a quella propria dell’illecito concordemente ipotizzato (Sez. 3, 38933/2018).

Ai fini della configurabilità del cosiddetto concorso anomalo (art. 116), è necessario che l’evento diverso da quello programmato non sia voluto neppure sotto il profilo del dolo indiretto (indeterminato, alternativo od eventuale) e, pertanto, che il reato più grave non sia stato considerato come possibile conseguenza ulteriore o diversa della condotta criminosa concordata (Sez. 1, 18482/2018).

 

Casistica

L’espressa adesione del concorrente a un’impresa criminosa, consistente nella produzione di un evento gravemente lesivo mediante il necessario e concordato impiego di micidiali armi da sparo, implica comunque il consenso preventivo all’uso cruento e illimitato delle medesime da parte di colui che sia stato designato come esecutore materiale, anche per fronteggiare le eventuali evenienze peggiorative della vicenda o per garantirsi la via di fuga.

Ne consegue che ricorre un’ipotesi di concorso ordinario a norma dell’art. 110 e non quella di concorso cosiddetto anomalo, ai sensi del successivo art. 116, nell’aggressione consumata con uso di tali armi in relazione all’effettivo verificarsi di qualsiasi evento lesivo del bene della vita e dell’incolumità individuale, oggetto dei già preventivati e prevedibili sviluppi, quantunque concretamente riconducibile alla scelta esecutiva dello sparatore sulla base di una valutazione della contingente situazione di fatto, la quale rientri comunque nel novero di quelle già astrattamente prefigurate in sede di accordo criminoso come suscettibili di dar luogo alla produzione dell’evento dannoso (SU, 337/2009, richiamata adesivamente da Sez. 1, 462/2019).