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Art. 117 - Mutamento del titolo del reato per taluno dei concorrenti

1. Se, per le condizioni o le qualità personali del colpevole, o per i rapporti fra il colpevole e l’offeso, muta il titolo del reato per taluno di coloro che vi sono concorsi, anche gli altri rispondono dello stesso reato. Nondimeno, se questo è più grave, il giudice può, rispetto a coloro per i quali non sussistano le condizioni, le qualità o i rapporti predetti, diminuire la pena.

Rassegna di giurisprudenza

Elementi strutturali

La giurisprudenza ha più volte evidenziato che la "parificazione" prevista dall’art. 117  secondo la prevalente interpretazione, applicabile solo quando il concorrente cd. extraneus non abbia consapevolezza delle condizioni o delle qualità personali del concorrente cd. intraneus, o dei rapporti fra questi e l’offeso, in presenza delle quali o dei quali muta il titolo di reato, perché altrimenti sarebbe configurabile il concorso per entrambi a norma dell’art. 110  trova fondamento nella necessità di evitare che alcuni concorrenti siano puniti per un reato ed altri per un diverso titolo unicamente perché abbiano interferito particolari qualità di uno di essi o particolari rapporti di costui con la persona offesa.

Di conseguenza, quando il mutamento del reato è determinato da circostanze diverse da quelle costituite dalle condizioni o dalle qualità personali del colpevole, o dai rapporti fra il colpevole e l’offeso, ed il soggetto a carico del quale è configurabile la responsabilità per la fattispecie meno grave non ha consapevolezza degli elementi qualificanti la vicenda in modo deteriore per l’altro concorrente, la "parificazione" del titolo di responsabilità non può verificarsi né a norma dell’art. 110, né ex art. 117; sarà semmai applicabile la disciplina di cui all’art. 116, ma sempre che ne sussistano i necessari presupposti, anche con riferimento al profilo soggettivo.

Ora, l’inapplicabilità della disciplina di cui agli artt. 116 e 117, che ha la funzione di "aggravare" la responsabilità per uno o più dei concorrenti anche in deroga agli ordinari principi in tema di colpevolezza, non può, salvo l’ipotesi di diversa indicazione normativa, comportare addirittura una "parificazione" in mitius a vantaggio di uno o più di essi: le due disposizioni appena citate risultano escludere, in linea generale, che l’istituto del concorso di persone nel reato possa dare luogo ad una "mitigazione" della responsabilità penale, e rendono quindi ragionevole, in caso di loro inapplicabilità, correlare il titolo della stessa, per ciascun agente, al fatto al medesimo riferibile oggettivamente e soggettivamente, nel rispetto del principio di cui all’art. 27, primo comma, Cost. (Sez. 6, 2157/2019).

L’art. 117 consente l’affermazione della responsabilità del concorrente per il diverso reato solo ove intervenga la condanna di colui, le cui qualità personali determinano il mutamento del titolo di quello autonomamente ascrivibile al concorrente. Con il termine colpevole contenuto nell’art. 117, il legislatore ha inteso, invero, semplicemente indicare il concorrente che agisca in maniera analoga a quella che, nei casi di esecuzione monosoggettiva dell’illecito, contraddistingue l’autore o in altri termini il soggetto cui è attribuito il reato che determina, a determinate condizioni, il mutamento del titolo di quello ascritto ad uno o più concorrenti, ma non ha di certo configurato la necessità di una contestuale affermazione di responsabilità dei concorrenti (Sez. 6, 20044/2014).

 

Casistica

Concorre, in qualità di extraneus nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale il consulente contabile che, consapevole dei propositi distrattivi dell’amministratore di diritto della società dichiarata fallita, fornisca consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori e lo assista nella conclusione dei relativi negozi ovvero svolga attività dirette a garantirgli l’impunità o a rafforzarne, con il proprio ausilio e con le proprie assicurazioni, l’intento criminoso (Sez. 5, 49472/2013).

In tema di bancarotta, il dolo dell’"extraneus" nel reato proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell’"intraneus", con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni del creditore, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società (Sez. 5, 45665/2015).

L’art. 648-ter.1 prevede e punisce come reato unicamente le condotte poste in essere dal soggetto che abbia commesso o concorso a commettere il delitto non colposo-presupposto, in precedenza non previste e punite come reato. Diversamente, le condotte concorsuali poste in essere da terzi estranei per agevolare la condotta di autoriciclaggio posta in essere dal soggetto che abbia commesso o concorso a commettere il delitto non colposo presupposto, titolare del bene di provenienza delittuosa "riciclato", conservano rilevanza penale quale fatto di compartecipazione previsto e punito dall’art. 648-bis più gravemente di quanto non avverrebbe in applicazione delle norme sul concorso di persone nel reato, ex artt. 110/117 e 648-ter.1 (Sez. 2, 17235/2018).

Può considerarsi ius receptum che in tema di rivelazione di segreti d’ufficio, ai fini della sussistenza del concorso nel reato dell’extraneus, è necessario che questi, lungi dal limitarsi a ricevere la notizia, abbia istigato o indotto il pubblico ufficiale a porre in essere la rivelazione (Sez. 1, 5842/2011).