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Art. 80 - Concorso di pene inflitte con sentenze o decreti diversi

1. Le disposizioni degli articoli precedenti si applicano anche nel caso in cui, dopo una sentenza o un decreto di condanna, si deve giudicare la stessa persona per un altro reato commesso anteriormente o posteriormente alla condanna medesima, ovvero quando contro la stessa persona si debbono eseguire più sentenze o più decreti di condanna.

Rassegna di giurisprudenza

L’ergastolo è una pena perpetua ed è soggetto ad uno statuto normativo tipico, che ne contraddistingue vicende applicative ed esecutive. L’isolamento diurno previsto dall’art. 72, non è una modalità di esecuzione della pena dell’ergastolo stesso.

Ha, contrariamente, la funzione di sanzione per i delitti concorrenti con quello per cui viene inflitto l’ergastolo, fatti che, diversamente, rimarrebbero impuniti, in quanto la pena per essi prevista – perpetua o temporanea  non sarebbe concretamente applicabile. Ne consegue che esso isolamento diurno, è una vera e propria sanzione penale e deve, pertanto, essere inflitta o dal giudice di cognizione, nel caso di concorso di reati, ovvero dal giudice dell’esecuzione  ai sensi dell’art. 80  nel caso di concorso di pene inflitte con sentenze diverse e deve trovare immediata esecuzione non appena la sentenza di condanna diviene irrevocabile, al pari della pena dell’ergastolo con questa inflitta (Sez. 7, 35398/2018).

L’unificazione in sede di esecuzione delle pene concorrenti a lui inflitte, ai sensi dell’art. 80, deve avvenire  nel rispetto dei criteri moderatori stabiliti dalle antecedenti disposizioni, che individuano i limiti legali al cumulo materiale delle pene stesse  avendo riguardo a ciascuna delle singole pene della stessa specie che al reo sono state inflitte (per reati commessi antecedentemente all’inizio dell’esecuzione) con le varie sentenze di condanna in corso d’ininterrotta espiazione.

Il giudice dell’esecuzione è tenuto, dapprima, a sciogliere i cumuli già operati in sede di cognizione da ogni singola sentenza pluricapitaria; e poi ad identificare, nel caso devoluto al suo esame, i distinti reati, le pene rispettivamente inflitte e (se del caso) la più grave tra di esse. Nel far ciò il giudice deve riferirsi alla pena a suo tempo in concreto determinata in relazione a ciascun singolo reato, risultante  come questa Corte ha già avuto modo di precisare  dalla pena fissata come pena base, aumentata o diminuita per eventuali aggravanti o attenuanti all’esito del giudizio di bilanciamento; non si deve tener viceversa conto, nell’addivenire a questa identificazione, dell’eventuale aumento per la continuazione, che va distintamente imputato (come tale) al reato o ai reati cui esso si riferisce. Le pene, così isolate, debbono essere oggetto di nuovo cumulo unitario, nel rispetto dei criteri e dei limiti previsti dagli artt. 71 e ss. (Sez. 1, 28289/2018).In tema di esecuzione delle pene concorrenti inflitte con condanne diverse, riportate in tempi diversi, non è possibile procedere a un unico cumulo delle pene concorrenti.

Occorre, invece, procedere a cumuli parziali, e quindi al cumulo delle pene inflitte per i reati commessi sino alla data del reato cui si riferisce la pena parzialmente espiata, con applicazione del criterio moderatore dell’art. 78 e detrazione dal risultato del presofferto (oltre che degli eventuali periodi di liberazione anticipata concessi in relazione a tale periodo di espiazione); poi a nuovo cumulo, comprensivo della pena residua da espiare e delle pene inflitte per i reati successivamente commessi, sino alla data della successiva detenzione, e così via fino all’esaurimento delle pene concorrenti irrogate per reati successivamente commessi, previa detrazione, per ciascuna condanna, della pena già espiata in custodia cautelare o della pena di cui è cessata l’esecuzione; con la conseguenza che il criterio moderatore della pena, previsto dall’art. 78, non opera nel caso, disciplinato dall’art. 80, di concorso di pene inflitte con sentenze diverse se diversi sono anche i tempi di commissione dei reati e delle custodie cautelari sofferte, imponendosi in tal caso la formazione di cumuli differenti, a ciascuno dei quali il criterio moderatore del cumulo giuridico sarà applicabile solo nel caso in cui la pena derivante dal relativo cumulo parziale sia superiore ai limiti fissati nell’art. 78 (Sez. 1, 16382/2018).

Il criterio moderatore previsto dall’art. 78 non opera nel caso –  disciplinato dal successivo art. 80  di concorso di pene inflitte con sentenze o decreti diversi, se diversi sono anche i tempi di commissione dei reati e delle custodie cautelari, imponendosi in tal caso la formazione di cumuli differenti, sicché il predetto criterio è applicabile, nell’ambito di ciascuna operazione di cumulo parziale, solo nel caso in cui la pena derivante dal cumulo parziale sia superiore ai limiti di pena fissati dalla norma predetta (Sez. 1, 4135/2016).

La pena da espiare, derivante da nuovo titolo esecutivo, va cumulata con la parte di pena relativa al precedente titolo eseguita dopo la commissione del nuovo reato (ovvero che restava da espiare alla data di commissione del nuovo reato), dovendosi i presupposti del concorso di pene (art. 80) determinare con riguardo alla data di commissione dei reati ed alla loro anteriorità rispetto ai vari periodi di carcerazione, a nulla rilevando che talune delle pene concorrenti siano state eseguite in anticipo rispetto ad altre; ne consegue l’illegittimità dell’esclusione del cumulo di pene già espiate ma relative a reati commessi anteriormente all’inizio dell’esecuzione penale in corso, non potendo la posizione del condannato essere influenzata da eventi casuali, come le diverse date di irrevocabilità o di esecuzione delle varie sentenze, o dai ritardi nell’effettuazione del cumulo da parte del PM (Sez. 1, 21725/2018).

È legittimo lo scioglimento del cumulo quando occorre procedere al giudizio sull’ammissibilità della domanda di concessione della liberazione anticipata speciale, ostacolata dalla circostanza che nel cumulo è compreso uno dei reati elencati nell’art. 4-bis Ord. pen., al fine di accertare se il condannato abbia o meno espiato la parte di pena relativa al delitto ostativo.

L’art. 663 CPP, nell’attribuire al PM il potere-dovere di determinare la pena da eseguire in osservanza delle norme sul concorso di pene allorché la stessa persona sia stata condannata con più sentenze o decreti penali per reati diversi, offre concreta attuazione all’art. 80 nella parte in cui dispone che l’applicazione delle norme sul concorso delle pene avvenga in fase esecutiva, se non si è provveduto con le sentenze di merito. Il sistema così disciplinato dall’ultima proposizione dell’art. 80 citato persegue la finalità di garantire che non si applichino differenti discipline in dipendenza dalla casualità del momento in cui interviene il giudicato o l’esecuzione.

Pertanto, la regola per la quale le pene della stessa specie, concorrenti a norma dell’art. 73, si considerano come pena unica per ogni effetto giuridico, non può in nessun caso condurre a ingiustificate differenziazioni di trattamento a seconda dell’eventualità, del tutto casuale, di un rapporto esecutivo unico, conseguente alla formazione di un cumulo materiale ai sensi dell’art. 663 CPP, anziché di distinte esecuzioni, dipendenti dai titoli che scaturiscono da separate condanne. Diversamente, chi è stato condannato per diversi reati, ostativi e non ostativi ai benefici penitenziari, verrebbe a subire, anche in relazione alle condanne per i reati non ostativi, un trattamento equivalente a coloro i quali sono stati condannati solo per reati ostativi ed un regime penitenziario deteriore rispetto a chi, avendo riportato analoghe condanne, sia per delitti ostativi, che per reati non ostativi, ha separatamente scontato ciascuna delle pene inflitte con sentenze divenute irrevocabili e poste in esecuzione più tempestivamente.

Come segnalato anche dalla Corte Costituzionale con la sentenza nr. 361 del 27 luglio 1994, che ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4-bis Ord. pen. nella parte in cui rendeva la condanna per alcuno dei delitti ivi enumerati ostativa alla concessione di misura alternativa, "non si rinvengono dati normativi per sostenere che la nuova disciplina recata dall’art. 4-bis abbia creato una sorta di status di "detenuto pericoloso" che permei di sé l’intero rapporto esecutivo a prescindere dal titolo specifico di condanna"; al contrario, proprio l’articolazione della disciplina sulle misure alternative "in termini diversi in relazione alla tipologia dei reati per i quali è stata pronunciata condanna la cui pena è in esecuzione", impone di valorizzare il tradizionale insegnamento giurisprudenziale "della necessità dello scioglimento del cumulo in presenza di istituti che, ai fini della loro applicabilità, richiedano la separata considerazione dei titoli di condanna e delle relative pene".

Pur non tradotti in disposizioni normative esplicite, tali principi di origine interpretativa si sono affermati anche in riferimento al cumulo giuridico. La disciplina del concorso formale di reati o del reato continuato persegue la finalità di mitigare l’effetto del cumulo materiale delle pene, cui viene sostituito il cumulo giuridico in coerenza col rilievo che l’ordinamento assegna al carattere personale della responsabilità penale ed al conseguente adattamento alla realtà individuale del reo, grazie alla decisione giudiziale, anche della pena che ne discenda. La giurisprudenza ha dunque evidenziato che all’unificazione dei reati deve procedersi qualora vi sia una disposizione apposita in tal senso, ovvero la considerazione unitaria garantisca un risultato favorevole al reo secondo i principi ispiratori dell’istituto del reato continuato.

Sulla scorta dei medesimi principi si è stabilito che il cumulo viene mantenuto e non si scioglie se dallo stesso derivino per il condannato degli effetti più vantaggiosi e che, in presenza di un provvedimento di unificazione di pene concorrenti in esecuzione, è legittimo lo scioglimento del cumulo quando occorre procedere al giudizio sull’ammissibilità della domanda di concessione di un beneficio penitenziario, il quale trovi ostacolo nella presenza nel cumulo di uno o più titoli di reato inclusi nel novero dei delitti elencati nell’art. 4-bis Ord. pen., al fine di accertare se il condannato abbia o meno terminato di espiare la parte di pena relativa ai delitti cosiddetti ostativi (Sez. 1, 12842/2017).