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Art. 82 - Offesa di persona diversa da quella alla quale l’offesa era diretta

1. Quando, per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per un’altra causa, è cagionata offesa a persona diversa da quella alla quale l’offesa era diretta, il colpevole risponde come se avesse commesso il reato in danno della persona che voleva offendere, salve, per quanto riguarda le circostanze aggravanti e attenuanti, le disposizioni dell’articolo 60.

2. Qualora, oltre alla persona diversa, sia offesa anche quella alla quale l’offesa era diretta, il colpevole soggiace alla pena stabilita per il reato più grave, aumentata fino alla metà.

Rassegna di giurisprudenza

L’aberratio ictus plurilesiva, contemplata dall’art. 82, comma 2, presuppone che l’evento verificatosi sia quello voluto, ma sia diversa la persona concretamente offesa, mentre nel concorso anomalo ex art. 116, l’evento realizzato è diverso e, in quanto tale, non voluto da taluno dei concorrenti. Quindi, è configurabile la partecipazione, a titolo di concorso morale, nell’omicidio di persona diversa da quella cui l’aggressione era diretta, non avendo l’errore esecutivo alcuna incidenza sull’elemento soggettivo del partecipe morale, essendosi, comunque, realizzata l’azione concordata con l’autore materiale, il cui esito aberrante è privo di ogni rilevanza ai fini della qualificazione del reato sotto il profilo oggettivo e soggettivo (Sez. 1, 38549/2014).

La previsione dell’art. 60 postula una vicenda che sotto il profilo strutturale coinvolge tre soggetti (autore, vittima designata e vittima reale) e si risolve in una offesa ad una persona diversa da quella alla quale l’offesa era diretta per effetto di una falsa rappresentazione, laddove la fattispecie di cui all’art. 59, secondo comma, riguarda una situazione in cui vengono in rilievo solo l’offensore e la vittima.

Tale interpretazione trova conferma nell’espresso richiamo operato dal legislatore all’art. 60 ("salve, per quanto riguarda le circostanze aggravanti e attenuanti, le disposizioni dell’articolo 60") nella parte finale del comma primo dell’art. 82, che disciplina la distinta fattispecie dell’offesa di persona diversa da quella alla quale l’offesa era diretta (c.d. aberratio ictus).

Nel disegno sistematico del codice penale la fattispecie dell’errore sulla persona dell’offeso, al pari della aberratio ictus, si risolve, infatti, in una fattispecie che coinvolge tre soggetti (autore, vittima designata e vittima reale) e si distingue da questa esclusivamente in quanto l’errore è dovuto ad una errata rappresentazione della realtà (c.d. errore-vizio) e non già all’uso dei mezzi di esecuzione del reato (c.d. errore-inabilità). L’identità di disciplina delle circostanze nelle due fattispecie, pertanto, trae origine dalla previsione in entrambe le fattispecie di una divergenza tra voluto e realizzato che si sviluppa in una vicenda che coinvolge tre soggetti (Sez. 6, 58087/2017).

L’art. 82 non costituisce altro che una particolare applicazione dei principi di carattere generale in tema di imputazione dolosa (e di riflesso in tema di concorso nel reato doloso), dal momento che l’eventuale o concreto error in persona non è idoneo ad escludere il dolo del reato avuto di mira dall’agente. Vale a dire che, come affermato in dottrina e nella giurisprudenza di legittimità, nel dolo come rappresentazione del fatto reato normativamente tipizzato non ricade l’identità personale della prefigurata vittima, che rimane dato esterno al "fatto" costituente reato.

Con la conseguenza che, il dato normativo per cui, in caso di offesa a persona diversa da quella alla quale l’offesa era diretta, il colpevole risponde "come se avesse commesso il reato in danno della persona che voleva offendere", non altro significa se non l’unicità e unitarietà, volitiva ed esecutiva, del reato in concreto commesso e, dunque, una ipotesi di reato doloso anche in rapporto al realizzato effetto attuativo aberrante (Sez. 1, 30210/2016).

È noto che la norma di cui all’art. 82 disciplina le due ipotesi dell’ "aberratio" monoffensiva e di quella plurioffensiva e che quest’ultima rientra nell’ambito del secondo comma, secondo il quale, se oltre alla persona diversa, sia offesa anche quella contro la quale l’azione era diretta, l’autore resta punito con la pena stabilita per il reato più grave aumentata fino alla metà per avere realizzato un reato doloso contro il soggetto preso di mira e delle ulteriori conseguenze colpose contro un terzo non destinatario dell’offesa nei suoi intendimenti, ma la norma dell’art. 82 configura la responsabilità per il fatto non voluto, considerandolo come se fosse doloso, stabilendo un trattamento sanzionatorio meno severo rispetto al concorso materiale delle pene, frutto del concorso di due reati dolosi.

Perché operi questa sorta di estensione del dolo da un fatto, prefigurato e voluto dall’agente, ad altro non voluto contro una vittima ulteriore, occorre però che la vicenda fattuale per determinazione volontaria del suo autore sia tale da rivelare e rendere possibili sviluppi lesivi, aggiuntivi rispetto a quelli perseguiti (Sez. 1, 25304/2014).

Nella lettura dell’art. 82, il concetto di "offesa" deve essere inteso nel senso di lesione materiale, sicché quando la vittima designata del reato è rimasta illesa, mentre è stata offesa una terza persona, si verte in ipotesi di aberratio ictus monolesiva secondo lo schema legale del primo comma dell’art. 82  e non già plurilesiva ai sensi del secondo comma della norma (ipotesi che si verifica invece quando entrambi i soggetti, vittima designata e terzo, siano stati materialmente offesi dalla condotta unitaria dell’agente)  con conseguente realizzazione di un unico reato doloso di cui il colpevole deve rispondere come se lo avesse commesso in danno della persona che voleva offendere (Sez. 1, 28222/2014).

Sussiste piena compatibilità tra il reato aberrante e la circostanza aggravante soggettiva della premeditazione, non rientrando tale aggravante tra quelle dell’art. 60, comma 1, richiamato dall’art. 82, che non sono poste a carico dell’agente in caso di errore di costui sulla persona dell’offeso (Sez. 1, 16711/2014).

Nell’ipotesi di aberratio ictus, solo la persona diversa da quella alla quale l’offesa era diretta è soggetto passivo del reato e, pertanto, ad essa soltanto spetta il diritto di querela (Sez. 5, 862/1981, richiamata da Sez. 6, 27430/2018).

Le circostanze di reato attinenti all’intensità del dolo, tra le quali deve ricomprendersi la premeditazione prevista dall’art. 577, comma 1, n. 3, sono valutabili a carico dell’agente anche nel caso dell’aberratio ictus, di cui all’art. 82, non rientrando esse tra quelle riguardanti le condizioni o qualità della persona offesa o i rapporti tra offeso e colpevole che, ai sensi dell’art. 60, comma 1, richiamato dal citato art. 82, non sono poste a carico dell’agente in caso di errore di costui sulla persona dell’offeso (Sez. 1, 1811/2006).

L’art. 82, che disciplina l’aberratio ictus", prevede l’errore che cade sull’oggetto materiale (persona o cosa) del reato, nel senso che il reato, invece di offendere il bene-interesse cui l’offesa era diretta, lede lo stesso bene-interesse di altra persona. In rapporto alla persona offesa per errore sussiste ugualmente il dolo, perché, se questo era l’originario elemento soggettivo, l’offesa di una persona invece di un’altra (oppure l’offesa per errore anche di un’altra persona) non vale a mutare la direzione della volontà.

In tema di molestia o disturbo alla persona, tuttavia, è stato ritenuto che la disciplina dell’aberratio ictus" monolesiva non trovi applicazione qualora, per la specificità della persona effettivamente presa di mira dall’agente, il mutamento imprevisto del soggetto passivo escluda la sussistenza dell’elemento psicologico in capo all’agente stesso (Sez. 1, 36225/2007).