CAPO III - DELLE PENE ACCESSORIE IN PARTICOLARE
1. L’interdizione dai pubblici uffici è perpetua o temporanea.
2. L’interdizione perpetua dai pubblici uffici, salvo che dalla legge sia altrimenti disposto, priva il condannato:
1) del diritto di elettorato o di eleggibilità in qualsiasi comizio elettorale, e di ogni altro diritto politico;
2) di ogni pubblico ufficio, di ogni incarico non obbligatorio di pubblico servizio, e della qualità ad essi inerente di pubblico ufficiale o d’incaricato di pubblico servizio;
3) dell’ufficio di tutore o di curatore, anche provvisorio, e di ogni altro ufficio attinente alla tutela o alla cura;
4) dei gradi e delle dignità accademiche, dei titoli, delle decorazioni o di altre pubbliche insegne onorifiche;
5) degli stipendi, delle pensioni e degli assegni che siano a carico dello Stato o di un altro ente pubblico (1);
6) di ogni diritto onorifico, inerente a qualunque degli uffici, servizi, gradi o titoli e delle qualità, dignità e decorazioni indicati nei numeri precedenti;
7) della capacità di assumere o di acquistare qualsiasi diritto, ufficio, servizio, qualità, grado, titolo, dignità, decorazione e insegna onorifica, indicati nei numeri precedenti.
3. L’interdizione temporanea priva il condannato della capacità di acquistare o di esercitare o di godere, durante l’interdizione, i predetti diritti, uffici, servizi, qualità, gradi, titoli e onorificenze.
4. Essa non può avere una durata inferiore a un anno, né superiore a cinque.
5. La legge determina i casi nei quali l’interdizione dai pubblici uffici è limitata ad alcuni di questi.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 3/1966, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 28, secondo comma, n. 5, limitatamente alla parte in cui i diritti in esso previsti traggono titolo da un rapporto di lavoro; ha dichiarato inoltre l’illegittimità costituzionale del terzo comma dello stesso art. 28, nei limiti di cui sopra e, con sentenza 113/1968, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 28, secondo comma, n. 5, per quanto attiene alle pensioni di guerra. A seguito della prima delle due sentenze della Corte costituzionale, ora citate, è stata emanata la L. 424/1966, che abroga le norme che prevedono la perdita, la riduzione o la sospensione delle pensioni a carico dello Stato o di altro ente pubblico.
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1. La condanna all’ergastolo e la condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni importano l’interdizione perpetua del condannato dai pubblici uffici; e la condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni importa l’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque.
2. La dichiarazione di abitualità o di professionalità nel delitto, ovvero di tendenza a delinquere, importa l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
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1. L’interdizione da una professione o da un’arte priva il condannato della capacità di esercitare, durante l’interdizione, una professione, arte, industria, o un commercio o mestiere, per cui è richiesto uno speciale permesso o una speciale abilitazione, autorizzazione o licenza dell’autorità, e importa la decadenza dal permesso o dall’abilitazione, autorizzazione, o licenza anzidetti.
2. L’interdizione da una professione o da un’arte non può avere una durata inferiore a un mese, né superiore a cinque anni, salvi i casi espressamente stabiliti dalla legge.
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1. Ogni condanna per delitti commessi con l’abuso dei poteri, o con la violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione, o ad un pubblico servizio, o a taluno degli uffici indicati nel n. 3 dell’articolo 28, ovvero con l’abuso di una professione, arte, industria, o di un commercio o mestiere, o con la violazione dei doveri a essi inerenti, importa l’interdizione temporanea dai pubblici uffici o dalla professione, arte, industria o dal commercio o mestiere.
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1. Il condannato all’ergastolo è in stato di interdizione legale.
2. La condanna all’ergastolo importa anche la decadenza dalla responsabilità genitoriale.
3. Il condannato alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni è, durante la pena, in stato d’interdizione legale; la condanna produce altresì, durante la pena, la sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale, salvo che il giudice disponga altrimenti.
4. Alla interdizione legale si applicano per ciò che concerne la disponibilità e l’amministrazione dei beni, nonché la rappresentanza negli atti ad esse relativi le norme della legge civile sull’interdizione giudiziale.
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1. L’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese priva il condannato della capacità di esercitare, durante l’interdizione, l’ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell’imprenditore (2).
2. Essa consegue ad ogni condanna alla reclusione non inferiore a sei mesi per delitti commessi con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti all’ufficio.
(1) Articolo aggiunto dall’art. 120, L. 689/1981.
(2) Comma così modificato dall’art. 15, L. 262/2005.
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1. L’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione importa il divieto di concludere contratti con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio.
2. Essa non può avere durata inferiore ad un anno né superiore a cinque anni (2).
(1) Articolo aggiunto dall’art. 120, L. 689/1981.
(2) Comma così modificato dall’art. 1, comma 1, lett. a), L. 69/2015.
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1. Ogni condanna per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322, 322-bis, 346-bis, 353, 355, 356, 416, 416-bis, 423-bis, primo comma, (2) 437, 452-bis, 452-quater, 452-sexies, 452-septies, 452-quaterdecies, 501, 501-bis, 640, secondo comma, numero 1, 640-bis e 644, commessi in danno o a vantaggio di un’attività imprenditoriale o comunque in relazione ad essa, importa l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione.
(1) Articolo da ultimo sostituito dalla L. 3/2019.
(2) Il riferimento all'art. 423-bis, primo comma, è dovuto all'art. 6, L. 155/2021.
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1. Salvo quanto previsto dagli articoli 29 e 31, la condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a due anni per i delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, primo comma, e 320 importa altresì l’estinzione del rapporto di lavoro o di impiego nei confronti del dipendente di amministrazioni od enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica.
(1) Articolo aggiunto dall’art. 5, L. 97/2001 e, successivamente, così modificato dall’art. 1, comma 75, lett. b), L. 190/2012 e dall’art. 1, comma 1, lett. b), L. 69/2015.
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1. Le disposizioni dell’articolo 29 e del secondo capoverso dell’articolo 32 non si applicano nel caso di condanna per delitto colposo (1).
2. Le disposizioni dell’articolo 31 non si applicano nel caso di condanna per delitto colposo, se la pena inflitta è inferiore a tre anni di reclusione, o se è inflitta soltanto una pena pecuniaria.
(1) Comma così sostituito, dall’art. 121, L. 689/1981.
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1. La legge determina i casi nei quali la condanna importa la decadenza dalla responsabilità genitoriale (2).
2. La condanna per delitti commessi con abuso della responsabilità genitoriale importa la sospensione dall’esercizio di essa per un periodo di tempo pari al doppio della pena inflitta (2).
3. La decadenza dalla responsabilità genitoriale importa anche la privazione di ogni diritto che al genitore spetti sui beni del figlio in forza della responsabilità genitoriale di cui al titolo IX del libro I del codice civile (2).
4. La sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale importa anche l’incapacità di esercitare, durante la sospensione, qualsiasi diritto che al genitore spetti sui beni del figlio in base alle norme del titolo IX del libro I del codice civile (2) (3).
5. Nelle ipotesi previste dai commi precedenti, quando sia concessa la sospensione condizionale della pena, gli atti del procedimento vengono trasmessi al tribunale dei minorenni, che assume i provvedimenti più opportuni nell’interesse dei minori (4).
(1) Rubrica così modificata dall’art. 93, comma 1, lettera c), DLGS 154/2013.
(2) Comma così modificato dall’art. 93, comma 1, lettera c), DLGS 154/2013.
(3) Articolo così sostituito dall’art. 122, L. 689/1981.
(4) Comma aggiunto dall’art. 5, L. 19/1990.
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1. La sospensione dall’esercizio di una professione o di un’arte priva il condannato della capacità di esercitare, durante la sospensione, una professione, arte, industria, o un commercio o mestiere, per i quali è richiesto uno speciale permesso o una speciale abilitazione, autorizzazione o licenza dell’autorità.
2. La sospensione dall’esercizio di una professione o di un’arte non può avere una durata inferiore a tre mesi, né superiore a tre anni (1).
3. Essa consegue a ogni condanna per contravvenzione, che sia commessa con abuso della professione, arte, industria, o del commercio o mestiere, ovvero con violazione dei doveri ad essi inerenti, quando la pena inflitta non è inferiore a un anno d’arresto.
(1) Comma così modificato dall’art. 1, comma 1, lett. c), L. 69/2015.
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1. La sospensione dall’esercizio degli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese priva il condannato della capacità di esercitare, durante la sospensione, l’ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell’imprenditore (2).
2. Essa non può avere una durata inferiore a quindici giorni né superiore a due anni e consegue ad ogni condanna all’arresto per contravvenzioni commesse con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti all’ufficio.
(1) Articolo aggiunto dall’art. 123, L. 689/1981.
(2) Comma così modificato dall’art. 15, L. 262/2005.
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1. La sentenza di condanna alla pena di morte (1) o all’ergastolo è pubblicata mediante affissione nel comune ove è stata pronunciata, in quello ove il delitto fu commesso, e in quello ove il condannato aveva l’ultima residenza.
2. La sentenza di condanna è inoltre pubblicata nel sito internet del Ministero della giustizia. La durata della pubblicazione nel sito è stabilita dal giudice in misura non superiore a trenta giorni. In mancanza, la durata è di quindici giorni (2).
3. La pubblicazione è fatta per estratto, salvo che il giudice disponga la pubblicazione per intero; essa è eseguita d’ufficio e a spese del condannato.
4. La legge determina gli altri casi nei quali la sentenza di condanna deve essere pubblicata. In tali casi la pubblicazione ha luogo nei modi stabiliti nei due capoversi precedenti (3).
(1) La pena di morte per i delitti previsti dal codice penale è stata abolita dall’art. 1, DLGS LGT 224/1944 e sostituita con la pena dell’ergastolo.
(2) Comma così modificato prima dal comma 1 dell’art. 67, L. 18 giugno 2009, n. 69, con i limiti di applicabilità previsti dalle disposizioni transitorie di cui all’art. 58 della stessa legge, e poi dal numero 1) della lettera a) del comma 18 dell’art. 37, DL 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 luglio 2011, n. 111.
(3) Comma così modificato prima dall’art. 2, comma 216, L. 23 dicembre 2009, n. 191 e poi dal numero 2) della lettera a) del comma 18 dell’art. 37, DL 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 luglio 2011, n. 111.
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1. Quando la legge stabilisce che la condanna importa una pena accessoria temporanea, e la durata di questa non è espressamente determinata, la pena accessoria ha una durata eguale a quella della pena principale inflitta, o che dovrebbe scontarsi, nel caso di conversione, per insolvibilità del condannato. Tuttavia, in nessun caso essa può oltrepassare il limite minimo e quello massimo stabiliti per ciascuna specie di pena accessoria.
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[1. Il condannato alla pena di morte (1) è equiparato al condannato all’ergastolo, per quanto riguarda la sua condizione giuridica.]
1. La pena di morte per i delitti previsti dal codice penale è stata abolita dall’art. 1, DLGS LGT 224/1944 e sostituita con la pena dell’ergastolo. L’articolo 38 può essere quindi considerato sostanzialmente abrogato.
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