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Art. 414 - Istigazione a delinquere

1. Chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati è punito, per il solo fatto dell’istigazione:

1) con la reclusione da uno a cinque anni, se trattasi di istigazione a commettere delitti;

2) con la reclusione fino a un anno, ovvero con la multa fino a euro 206 (1), se trattasi di istigazione a commettere contravvenzioni.

2. Se si tratta di istigazione a commettere uno o più delitti e una o più contravvenzioni, si applica la pena stabilita nel n. 1.

3. Alla pena stabilita nel n. 1 soggiace anche chi pubblicamente fa l’apologia di uno o più delitti. La pena prevista dal presente comma nonché dal primo e dal secondo comma è aumentata se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici (2).

4. Fuori dei casi di cui all’articolo 302, se l’istigazione o l’apologia di cui ai commi precedenti riguarda delitti di terrorismo o crimini contro l’umanità la pena è aumentata della metà. La pena è aumentata fino a due terzi se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici (3).

(1) La multa risulta così aumentata ai sensi dell’art. 113, L. 689/1981.

(2) Comma così modificato dall’art. 2, comma 1, lett. b), n. 1), DL 7/2015, convertito, con modificazioni, con L. 43/2015.

(3) Comma aggiunto dall’art. 15, DL 144/2005, convertito, con modificazioni, con L. 155/2005 e, successivamente, così modificato dall’art. 2, comma 1, lett. b), n. 2), DL 7/2015, convertito, con modificazioni, con L. 43/2015.

Rassegna di giurisprudenza

L’elemento oggettivo dell’apologia di uno o più reati, punibile ai sensi dell’art. 414, comma 3, non si identifica nella mera manifestazione del pensiero, diretta a criticare la legislazione o la giurisprudenza o a promuovere l’abolizione della norma incriminatrice o a dare un giudizio favorevole sul movente dell’autore della condotta illecita, ma consiste nella rievocazione pubblica di un episodio criminoso diretta e idonea a provocare la violazione delle norme penali, nel senso che l’azione deve avere la concreta capacità di provocare l’immediata esecuzione di delitti o, quanto meno, la probabilità che essi vengano commessi in un futuro più o meno prossimo (Sez. 1, 11578/1998).

Affinché possa ravvisarsi la materialità del delitto di istigazione a delinquere di cui all’art. 414, occorre che sia posta in essere pubblicamente la propalazione di propositi aventi ad oggetto comportamenti rientranti in specifiche previsioni delittuose, propalazione effettuata in maniera tale da poter indurre altri alla commissione di fatti analoghi.

Ne consegue che è indefettibile l’accertamento in ordine alla idoneità dell’azione posta in essere dall’imputato a suscitare consensi ed a provocare “attualmente e concretamente”  in relazione al contesto spazio-temporale ed economico-sociale ed alla qualità dei destinatari del messaggio  il pericolo di adesione al programma illecito.

La valutazione circa la sussistenza di quest’ultimo requisito non può prescindere dalle stesse modalità del comportamento tenuto dal soggetto attivo, ‘sì che il giudice di merito deve individuare il perché la condotta incriminata  assistita dal c.d. dolo di istigazione, consistente nella coscienza e volontà di turbare l’ordine pubblico o la personalità dello Stato  sia da ritenersi dotata di forza suggestiva e persuasiva tale da poter stimolare nell’animo dei destinatari la commissione dei fatti criminosi propalati od esaltati (Sez. 1, 10641/1998).

Il delitto di istigazione a delinquere previsto dall’art. 414 è un reato di pericolo concreto e non presunto e pertanto l’esaltazione di un fatto di reato o del suo autore, finalizzata a spronare altri all’imitazione o almeno a eliminare la ripugnanza verso il suo autore, non è di per sé punibile, a meno che, per le sue modalità, non integri un comportamento concretamente idoneo a provocare la commissione di delitti, il cui accertamento, riservato al giudice di merito, è incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivato (Sez. 1, 26907/2011).

In senso contrario: entrambi i reati, sanzionati dall’art. 414, e pertanto anche la condotta istigatrice, sono reati formali o di mera condotta, con evento di pericolo presunto, in quanto per essi non è richiesto il verificarsi né del danno temuto, né di una concreta situazione di pericolo (Sez. 1, 18.03.1983).

Il reato di istigazione a delinquere non è configurabile nella forma del tentativo (Sez. 1, 24050/2012).

Ai fini dell’integrazione del delitto di cui all’articolo 414, terzo comma, non basta l’esternazione di un giudizio positivo su un episodio criminoso, per quanto odioso e riprovevole esso possa apparire alla generalità delle persone dotate di sensibilità umana, ma occorre che il comportamento dell’agente sia tale per il suo contenuto intrinseco, per la condizione personale dell’autore e per le circostanze di fatto in cui si esplica, da determinare il rischio, non teorico, ma effettivo, della consumazione di altri reati e, specificamente, di reati lesivi di interessi omologhi a quelli offesi dal crimine esaltato (Sez. 1, 8779/1999); inoltre va ricordato che l’apologia può avere ad oggetto anche un reato associativo e, quindi, anche il delitto di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale di cui all’art. 270-bis, cosicché il pericolo concreto può concernere non solo la commissione di atti di terrorismo, ma anche la partecipazione di taluno ad un’associazione di questo tipo (art. 270 bis, comma 2).

Occorre tuttavia ricordare che l’accertamento del pericolo concreto di commissione di delitti in conseguenza dell’istigazione o dell’apologia è riservato al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivato (Sez. 1, 25833/2012) (Sez. 2, 51942/2018).

In tema di reato di apologia riguardante delitti di terrorismo, previsto dall’art. 414, comma quarto, il pericolo concreto, derivante dalla condotta dell’agente di consumazione di altri reati lesivi di interessi omologhi a quelli offesi dal reato esaltato, può concernere non solo la commissione di specifici atti di terrorismo ma anche la adesione di taluno ad un’associazione terroristica (nella specie la Corte ha rigettato il ricorso avverso la sentenza che aveva ritenuto la sussistenza del reato di apologia di cui all’art. 414, comma quarto, nella condotta di diffusione su internet di un documento che sollecitava l’adesione dei potenziali lettori allo “Stato islamico”, esaltandone la natura combattente e la sua diffusione ed espansione, anche con l’uso delle armi) (Sez. 1, 47489/2015).

Integra il reato di istigazione a delinquere, la diffusione, mediante l’inserimento su profilo personale Facebook, di comunicazioni contenenti riferimenti alle azioni militari del conflitto bellico siro-iracheno e all’Isis che ne è parte attiva, dai quali, anche solo indirettamente, possa dedursi un richiamo alla jihad islamica e al martirio, in considerazione, sia della natura di organizzazioni terroristiche, rilevanti ai sensi dell’art. 270-bis, delle consorterie di ispirazione jihadista operanti su scala internazionale sia della potenzialità diffusiva indefinita della suddetta modalità comunicativa (fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza del Tribunale del riesame che aveva disposto la liberazione dell’indagato, escludendo la rilevanza apologetica di alcune videoregistrazioni postate sul profilo Facebook tra le quali alcune, riguardanti il conflitto bellico siro-iracheno, prive di espliciti riferimenti all’Isis e alla matrice islamica radicale che ispirava le sue azioni, ma altre inneggianti esplicitamente alla jihad e al martirio) (Sez. 1, 24103/2017).

L’esaltazione di un fatto di reato, finalizzata a spronare altri all’imitazione, integra il delitto di istigazione a delinquere quando, per le sue modalità, sia concretamente idonea a provocare la commissione di delitti.

Non basta, dunque, l’esternazione di un giudizio positivo su un episodio criminoso, per quanto odioso e riprovevole esso possa apparire alla generalità delle persone dotate di sensibilità umana, ma occorre che il comportamento dell’agente sia tale, per il suo contenuto intrinseco, per la condizione personale dell’autore e per le circostanze di fatto in cui si esplica, da determinare il rischio, non teorico, ma effettivo, della consumazione di altri reati e, specificamente, di reati lesivi di interessi omologhi a quelli offesi dal crimine.

Si è, peraltro, ripetutamente ricordato che l’accertamento del pericolo concreto di commissione di delitti in conseguenza dell’istigazione o dell’apologia è riservato al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivato (Sez. 2, 26315/2018).

L’offerta in vendita di semi di piante dalle quali è ricavabile una sostanza drogante, accompagnata da precise indicazioni botaniche sulla coltivazione delle stesse, non integra il reato di cui all’art. 82 DPR 309/1990, ma, eventualmente, il reato di istigazione alla coltivazione di sostanze stupefacenti, ex art. 414 (SU, 47604/2012).