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Art. 12 - Riconoscimento delle sentenze penali straniere

1. Alla sentenza penale straniera pronunciata per un delitto può essere dato riconoscimento:

1) per stabilire la recidiva o un altro effetto penale della condanna ovvero per dichiarare l’abitualità o la professionalità nel reato o la tendenza a delinquere;

2) quando la condanna importerebbe, secondo la legge italiana, una pena accessoria;

3) quando, secondo la legge italiana, si dovrebbe sottoporre la persona condannata o prosciolta, che si trova nel territorio dello Stato, a misure di sicurezza personali;

4) quando la sentenza straniera porta condanna alle restituzioni o al risarcimento del danno, ovvero deve, comunque, esser fatta valere in giudizio nel territorio dello Stato, agli effetti delle restituzioni o del risarcimento del danno, o ad altri effetti civili.

2. Per farsi luogo al riconoscimento, la sentenza deve essere stata pronunciata dall’autorità giudiziaria di uno Stato estero col quale esiste trattato di estradizione. Se questo non esiste, la sentenza estera può essere egualmente ammessa a riconoscimento nello Stato, qualora il ministro della giustizia ne faccia richiesta. Tale richiesta non occorre se viene fatta istanza per il riconoscimento agli effetti indicati nel n. 4.

Rassegna di giurisprudenza

Nel riconoscere ai fini della loro esecuzione in Italia due o più sentenze di condanna emesse da AG di Stato non membro dell’Unione europea, è preclusa al giudice del riconoscimento l’applicazione dell’istituto della continuazione, non potendo ritenersi operante per analogia il disposto dell’art. 671 CPP, essendo egli vincolato a rispettare la durata e la natura della pena stabilita nello Stato di condanna (Sez. 6, 52235/2017).

Ai fini del riconoscimento di una sentenza penale straniera, non è necessario che la traduzione in lingua italiana della copia della sentenza sia accompagnata da una specifica certificazione di conformità, essendo solo necessario che possano dirsi accertate, come nel caso di specie è in effetti avvenuto, la conformità della copia alla sentenza straniera e la corrispondenza della traduzione al contenuto della sentenza (Sez. 6, 15505/2016).

È inapplicabile "in executivis" la continuazione tra il reato giudicato in Italia e il reato giudicato con sentenza straniera riconosciuta nell’ordinamento italiano, in quanto il vincolo della continuazione non rientra tra le condizioni cui può essere finalizzato il riconoscimento delle sentenze penali straniere, ex art. 12, comma primo (Sez. 5, 8365/2014).

Il riconoscimento di sentenza straniera agli effetti dell’art. 12, comma primo, n. 2, con conseguente applicazione di pena accessoria, non implica che quest’ultima debba trovare effettiva esecuzione, allorché la sentenza straniera riconosca il beneficio della sospensione condizionale della pena, che ben può a sua volta formare oggetto dell’unitario riconoscimento, discendendone ex se gli effetti di cui all’art. 166, cioè la sospensione anche dell’applicata pena accessoria.

Sul punto è stato invero già affermato che «in tema di riconoscimento di sentenze penali straniere, l’art. 12, comma primo, n. 2), nell’ammettere il riconoscimento "quando la condanna importerebbe, secondo la legge italiana, una pena accessoria", si limita a richiedere che, nell’ordinamento italiano, alla sanzione inflitta sia associabile una pena accessoria, senza esprimersi sulla sua immediata e concreta operatività; ne deriva che non osta al riconoscimento della sentenza la concessione della sospensione condizionale della pena, nonostante i suoi effetti si estendano automaticamente anche alla pena accessoria, attesa l’intrinseca precarietà del beneficio, che, ricorrendone i presupposti, può sempre essere revocato» (Sez. 2, 32070/2017, richiamata da Sez. 6, 7902/2018).

Tra gli effetti del riconoscimento di una sentenza straniera di condanna elencati nell’art. 12 non viene indicata la possibilità di inserimento della relativa pena nel cumulo, né l’inserimento può essere ricompreso quale "altro effetto penale della condanna" previsto dal citato, dovendosi per tale identificare esclusivamente gli effetti di carattere sanzionatorio diversi dalle pene principali ed accessorie che hanno un diretto riflesso di natura penale (Sez. 1, 44858/2008).

È costante la giurisprudenza di legittimità nel ritenere assicurato il contraddittorio ed il diritto di difesa dell’interessato e, a questi fini, sufficientemente motivata una richiesta di riconoscimento della sentenza penale straniera, anche quando essa si limiti a fare riferimento agli effetti previsti dall’art. 12 (Sez. 6, 31377/2011).

La giurisprudenza di legittimità ha ritenuto soddisfatto l’onere di motivazione per enunciazione degli effetti del riconoscimento di cui all’art. 734 CPP, attraverso un ‘puntuale’ richiamo da parte della Corte di appello, all’art. 12, primo comma, ai nn. 1, 2 e 3, per le diverse ipotesi ivi descritte, nell’insufficienza, agli indicati fini, di un solo generico riferimento alla norma (Sez. 6, 30831/2013). Il richiamo effettuato nella sentenza di riconoscimento ad uno o più dei numeri, e alle sottese fattispecie, di cui si compone l’art. 12, primo comma, vale infatti ad integrare l’onere di motivazione ed a circoscrivere gli effetti del riconoscimento (Sez. 3, 16051/2011).

Là dove la sentenza di riconoscimento riporti la dizione ‘ogni altro effetto penale’, la stessa espressamente richiama l’art. 12, comma primo, n. 1, – che contempla, per quegli effetti, la recidiva, la dichiarazione di abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere – ed in tal modo risponde al modello normativo descritto dall’indicata giurisprudenza di legittimità e non registra alcuna indeterminatezza della deliberazione.

Non vi è infatti necessità che la Corte di appello, esprimendosi in sede di riconoscimento della sentenza penale straniera per gli effetti previsti dal codice penale (art. 730), elenchi in via esemplificativa gli effetti penali che al riconoscimento conseguano. Gli stessi, piuttosto, nel loro dispiegarsi devono intendersi ricompresi dall’utilizzata locuzione con cui resta quindi pienamente soddisfatto ogni correlato obbligo di motivazione (Sez. 6, 51663/2016).

La pronuncia con cui si provvede al riconoscimento di una sentenza penale straniera deve enunciare espressamente gli effetti che ne conseguono e non può limitarsi a richiamare l’art. 12 (Sez. 6, 30381/2013).

Il riconoscimento della sentenza penale straniera produce nell’ordinamento italiano i soli effetti indicati nell’art. 12, tra i quali non è compresa, nemmeno quale effetto penale della condanna, la possibilità di rideterminare la pena "in melius" mediante l’unificazione del reato giudicato con detta sentenza ed altri oggetto di pronuncia del giudice nazionale, operazione che presuppone una valutazione di merito e, quindi, il riferimento a categorie di diritto sostanziale (reati e pene) che si qualificano soltanto in ragione del diritto.

Inoltre, si è già escluso che, poiché la disposizione dell’art. 12 è espressione nell’ordinamento interno di regolamento patrizio internazionale, gravato dal principio di specialità, per la sentenza straniera riconosciuta possa disporsi la riunione con vincolo di continuazione con altri reati giudicati nel nostro ordinamento e comunque un intervento decisorio che operi una non consentita riduzione unilaterale della pena inflitta dallo Stato estero (Sez. 1, 35945/2015).