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Art. 13 - Estradizione

1. L’estradizione è regolata dalla legge penale italiana, dalle convenzioni e dagli usi internazionali.

2. L’estradizione non è ammessa, se il fatto che forma oggetto della domanda di estradizione non è preveduto come reato dalla legge italiana e dalla legge straniera.

3. L’estradizione può essere conceduta od offerta, anche per reati non preveduti nelle convenzioni internazionali, purché queste non ne facciano espresso divieto.

4. Non è ammessa l’estradizione del cittadino, salvo che sia espressamente consentita nelle convenzioni internazionali.

Rassegna di giurisprudenza

Il principio di doppia incriminazione, in base al quale è necessario che il fatto per cui si domanda l’estradizione costituisca un illecito penale tanto nello Stato richiedente quanto nello Stato richiesto, non comporta che tale fatto, oltre che previsto come reato dalla legge italiana e dalla legge straniera, risulti punibile "in concreto" in entrambi gli Stati, perché la norma di cui all’art. 13, comma 2, impone soltanto la garanzia del controllo di "compatibilità" dei due ordinamenti statali (tra le tante, Sez. 5, 24423/2006).

Ne discende che, ai fini della doppia incriminabilità, rileva soltanto, come verificatosi nel caso di specie, che le condotte descritte nella domanda estradizionale costituiscano una fattispecie di reato secondo l’ordinamento italiano, a nulla rilevando l’eventuale diversità del titolo e la difformità del trattamento sanzionatorio, mentre non è necessario che lo schema astratto della norma incriminatrice dell’ordinamento straniero trovi il suo esatto corrispondente in una norma del nostro ordinamento (Sez. 6, 4407/1995) (riassunzione dovuta a Sez. 6, 58239/2018).

È principio pacifico in tema di estradizione processuale che, quando la convenzione applicabile non prevede la valutazione da parte dello Stato italiano dei gravi indizi di colpevolezza, l’AG italiana non è tenuta alla diretta valutazione delle fonti indiziarie (la cui allegazione la Convenzione europea del 1957, applicabile nel caso in esame, neppure prevede), ma deve compiere una sommaria delibazione diretta a verificare, sulla base degli atti prodotti, l’esistenza di elementi a carico dell’estradando, nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente (Sez. 6, 43170/2014).

Ai fini della concedibilità dell’estradizione per l’estero, per soddisfare il requisito della doppia incriminabilità, di cui all’art. 13, secondo comma, non è necessario che lo schema astratto della norma incriminatrice dell’ordinamento straniero trovi il suo esatto corrispondente in una norma del nostro ordinamento, ma è sufficiente che lo stesso fatto sia previsto come reato da entrambi gli ordinamenti, a nulla rilevando l’eventuale diversità del titolo e la difformità del trattamento (Sez. 6, 15927/2013).

Il principio di doppia incriminazione, per il quale è necessario che il fatto per cui si domanda l’estradizione costituisca illecito tanto nello Stato richiedente quanto nello Stato richiesto, non comporta che tale fatto, oltre che previsto come reato dalla legge italiana e dalla legge straniera, risulti punibile in concreto in entrambi gli Stati, perché la norma di cui all’art. 13, comma secondo, impone soltanto la garanzia del controllo di compatibilità dei due ordinamenti statali e non accorda rilevanza alle eventuali cause di estinzione del reato così come della pena, e quindi alla prescrizione del reato nello Stato richiesto, salvo contrarie disposizioni delle convenzioni internazionali (Sez. 5, 24423/2006).

L’inosservanza della disposizione contenuta nell’art. 201 ATT. CPP  la quale stabilisce che le domande provenienti da un’autorità straniera nonché i relativi atti e documenti sono accompagnati da una traduzione in lingua italiana  non è sanzionata da alcuna ipotesi di nullità (Sez. 6, 11548/2017).

In tema di estradizione disciplinata dalla Convenzione europea del 1957, deve aversi riguardo alla pena complessivamente stabilita nei titoli da porre in esecuzione e non a quella applicata per ogni singolo reato (Sez. F, 35533/2013).