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Condominio: intervento del condòmino nel giudizio di impugnazione delle delibere condominiali

Visuale
Ph. Antonio Capodieci / Visuale

Non di rado, a fronte dell’impugnazione di delibera assembleare, uno o più condòmini decidono di intervenire nel processo, sia per sostenere le ragioni dell’impugnante, sia – viceversa – per sostenere quelle relativa alla validità della delibera.

Con una illuminante e recentissima pronuncia (Cass. Civ. 4.2.2021 n. 2636), la Suprema Corte fa chiarezza sulle condizioni e sui limiti di tali interventi, precisandone, come vedremo, la diversa natura, e dunque le differenti facoltà che spettano a chi interviene per l’una o per l’altra parte, tenendo anche in considerazione l’attività processuale del Condominio, sia nel caso in cui questi resistesse all’impugnazione, sia nel caso in cui questi non vi resistesse e rimanesse contumace. Affronta la Corte, infine, anche le conseguenze in ordine all’appello in relazione alle sentenze che decidessero in merito alla predetta impugnazione.

 

L’intervento volontario nel processo

Prima di analizzare il merito della vicenda è opportuno ricordare le modalità ed i termini con i quali un terzo può spiegare intervento nel processo tra due diverse parti, e quali siano, secondo la dottrina e la giurisprudenza maggioritarie, le tipologie di intervento che possono essere poste in atto.

Si tratterà qui, naturalmente, del solo intervento volontario, rimanendo escluso quello “su istanza di parte” e “per ordine del giudice” disciplinati rispettivamente dagli articoli 106 e 107 codice procedura civile

A mente dell’articolo 105 codice procedura civile, infatti, l’intervento volontario è posto in essere da chiunque voglia “far valere, in confronto di tutte le parti o di alcune di esse, un diritto relativo all'oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo.” È inoltre possibile a ciascuno “intervenire per sostenere le ragioni di alcuna delle parti, quando vi ha un proprio interesse.”

Si tratta, come si vede, di due tipologie di intervento differenti o – meglio – di tre.

Chi interviene per far valere un proprio diritto, nei confronti di tutte le parti, spiega un intervento c.d. autonomo: esso nasce da un interesse giuridicamente tutelato (ex articolo 100 codice procedura civile) e non di mero fatto, comporta un ampliamento dell’oggetto della causa e ha natura di azione autonoma, poiché la domanda spiegata in tale sede viene proposta nei confronti di tutte le controparti. L’interveniente in via autonoma ha, dunque, piena qualità di parte nel processo, con ogni conseguente facoltà, anche di impugnazione.

Peraltro, chi interviene per fare valere un proprio diritto nei confronti solo di alcune parti, spiega un interevento c.d. adesivo autonomo, poiché la sua posizione coincide con quella di altre parti già presenti nel processo: anche in tal caso, l’autonomia dell’intervento, per quanto in adesione a posizioni già preesistenti, pur descrivendone una specifica connotazione processuale, conferisce la piena qualità di parte all’interveniente, come nell’intervento autonomo.

Diversamente, chi interviene avendo un interesse processualmente rilevante (ex articolo 100 codice procedura civile e, quindi, anche in questo caso, non di mero fatto) alla vittoria di una delle parti, entra nel processo con un intervento ad adiuvandum c.d. adesivo dipendente, in forza del quale le vicende e le facoltà processuali dell’interveniente sono correlate intrinsecamente a quelle della parte a favore della quale è spiegato l’intervento. Egli, pertanto, acquisisce la qualità di parte, ma vede i propri poteri processuali limitati dal perimetro delle domande ed eccezioni svolte dall'adiuvato, non può compiere atti di disposizione del diritto, né tantomeno atti di impulso per fare proseguire il processo in caso di rinuncia delle parti principali.

 

L’intervento del singolo proprietario a favore o contro il Condominio

Tale breve excursus ci consente di inquadrare e di comprendere, con maggiore chiarezza, l’insegnamento che la Suprema Corte ci propone nella summenzionata pronuncia.

Afferma il Collegio degli Ermellini come sia pacifico che, “in un giudizio di impugnazione di una deliberazione assembleare, ai sensi dell'articolo 1137 codice civile, i singoli condomini possono volontariamente costituirsi mediante intervento adesivo autonomo (e quindi con la facoltà di coltivare il procedimento nei vari gradi anche in presenza di una rinunzia agli atti o di un'acquiescenza alla sentenza ad opera del condomino attore originario)”. Tale intervento, come si è visto, discende dalla natura autonoma dell’interesse giuridicamente rilevante all’impugnazione, in capo a ciascun condòmino.

La facoltà di intervenire, tuttavia, è condizionata alla presenza, in capo agli intervenienti della “legittimazione ad impugnare la delibera, giacché, ove siano invece decaduti, gli stessi sono legittimati a svolgere soltanto intervento adesivo dipendente” dunque vincolato, a doppio filo, all’attività e alle sorti dell’impugnante.

Viceversa, analizza la Suprema Corte il caso nel quale chi intervenga intenda sostenere le ragioni del Condominio resistente: in tale ipotesi, precisa il Collegio, come “poiché si tratta (…) di controversie aventi ad oggetto l'impugnazione di deliberazioni della assemblea condominiale, intese, dunque, a soddisfare esigenze collettive della comunità condominiale” rispetto ad esse sia “unico legittimato passivo l'amministratore”, non sussistendo, quindi, un autonomo interesse del singolo condòmino a resistere all’impugnazione.

Ne discende, pertanto, che l’intervento che potrà essere spiegato a sostegno del Condominio sarà di natura adesiva dipendente e l’interveniente, di conseguenza, in caso di vittoria dell’impugnante, “non è ammesso a proporre gravame avverso la sentenza che abbia visto soccombente il condominio; la legittimazione passiva esclusiva dell'amministratore del condominio nei giudizi relativi alla impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea promossi dal condomino dissenziente discende dal fatto che la controversia ha per oggetto un interesse comune dei condomini, ancorché in opposizione all'interesse particolare di uno di essi.

Non sussiste, quindi, un interesse autonomo che giustifichi l’eventuale natura autonoma dell’intervento e consenta così, al condòmino interveniente, di impugnare la sentenza che veda soccombente il condominio, laddove questi rimanga inerte.

Chiarisce la Suprema Corte, invero, che i poteri dell'intervenuto sono “limitati all'espletamento di un'attività accessoria e subordinata a quella svolta dalla parte adiuvata. In particolare, in caso di acquiescenza alla sentenza della parte adiuvata, l'interventore adesivo dipendente non può proporre alcuna autonoma impugnazione, né in via principale né in via incidentale”.

In conclusione, la posizione processuale del condòmino interveniente appare essere radicalmente differente ove esso sia a favore dell’impugnante o del condominio: in entrambi i casi spiegherà intervento adesivo, ma nel primo caso sarà autonomo e nel secondo dipendente, con una rilevante divario quanto alla facoltà di promuovere il procedimento, e soprattutto la sua prosecuzione.