Covid: quando si diventa contagiosi?

Quando un soggetto diventa contagioso?
È una delle domande che tutti si stanno facendo: una volta contratto il Covid, dopo quanto si diventa contagiosi?
Il Ministero della Salute risponde così:
“Il periodo infettivo può iniziare uno o due giorni prima della comparsa dei sintomi [...] Si stima che [...] duri 7-12 giorni nei casi moderati e in media fino a due settimane nei casi gravi”.
Dunque, si può essere contagiosi dal primo giorno in cui compaiono i sintomi e si può rimanere tali fino al dodicesimo.
Naturalmente, vari studi sono stati portati avanti sull’argomento da due anni a questa parte, con risultati più o meno omogenei.
Ma il Ministero invita comunque alla prudenza e alla pazienza.
Troppo poco tempo è passato, e i dati non sono ancora sufficienti per avere un quadro chiaro della situazione – dalla contagiosità, alla replicabilità, alle caratteristiche peculiari delle varianti del Covid-19.
Qual è il periodo in cui si è più contagiosi?
Altra domanda notevole, soprattutto in questo periodo in cui la maggior parte degli italiani è contagiata o in isolamento con una facilità senza precedenti.
Sempre secondo il Ministero della Salute, “è probabile che le persone siano più contagiose durante il periodo sintomatico, anche se i sintomi sono lievi e molto aspecifici”.
Uno studio pubblicato su «The Lancet Microbe» ha evidenziato che “la carica virale è più alta dal primo giorno al quinto giorno dei sintomi, e si concentra nelle due principali vie di trasmissione – gola e naso – anche nelle persone con sintomi lievi”, come riportato sul sito paginemediche.
“Ciò significa che quando la maggior parte delle persone sintomatiche o paucisintomatiche ottiene il risultato del test del tampone, potrebbe essere già oltre il periodo più contagioso”.
Uno studio dell’università di Oxford ha rilevato infatti che il periodo in cui i soggetti affetti da Covid sono più contagiosi è quando non hanno ancora sviluppato sintomi.
Quindi, l’arco di maggiore contagiosità si ha dalla fase pre-sintomatica ai cinque giorni successivi all’insorgenza dei sintomi.
Omicron: perché è la variante più contagiosa (e la meno letale)
Se parliamo di soggetti contagiosi e contagiosità, non si può non menzionare la variante Omicron.
Essa infatti ha come caratteristica principale l’estrema rapidità (mai vista finora tra le altre varianti Covid-19) con cui si diffonde tra la popolazione.
Ma perché, in definitiva, l’Omicron è più contagiosa?
“Qualsiasi virus, quando si moltiplica, porta con sé degli errori di ‘copiatura’ nel proprio codice genetico. Sars-Cov-2 non è da meno”, scrive Daniele Banfi sul sito della Fondazione Umberto Veronesi.
La variante Omicron è quindi frutto di questi “errori di copiatura”.
E la contagiosità così elevata sembra andare a scapito della letalità – di molto inferiore rispetto alla variante Delta.
Oltre alla presenza dei vaccini, infatti, ci sono caratteristiche intrinseche alla Omicron che la rendono meno pericolosa: la sua minore capacità, ad esempio, di “formare ‘sincizi’, particolari strutture la cui presenza è responsabile della gravità della malattia”; oppure, secondo l’analisi di tessuti infettati dalla variante, “danni e replicazione [...] che sembrano essere inferiori rispetto alle varianti precedenti”.