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Dall’U.I.F. un suggerimento per la difesa e la compliance nelle frodi fiscali

frode fiscale
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Abstract

Qualche giorno fa l’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia (nel testo U.I.F.) ha pubblicato un resoconto degli studi sui dati raccolti in merito alle società cosiddette cartiere, terminato con la creazione di un indicatore sintetico.

Anche se embrionale, è, tuttavia, un pregevolissimo strumento, sia di difesa in caso di accertamenti che neghino la detrazione dell’IVA sulla base dell’inesistenza soggettiva delle operazioni sia di compliance preventiva e di vaglio dei fornitori.

 

 

Indice:

1. Le operazioni soggettivamente inesistenti

2. L’onere della prova in capo all’acquirente

3. Il Quaderno n. 15/2020 dell’U.I.F.

4. Spunti per la difesa

5. Spunti per la compliance

 

1. Le operazioni soggettivamente inesistenti

Le operazioni soggettivamente inesistenti si caratterizzano per la divergenza tra il soggetto effettivamente cedente/prestatore od acquirente/committente e quello indicato sulla fattura.

Viene posta in essere una condotta simulatoria trilaterale in cui un soggetto si interpone tra il cedente/prestatore effettivo ed il cessionario/committente effettivo.

Qual è il vantaggio che si prefiggono le operazioni soggettivamente inesistenti?

Consentire al cessionario/committente di detrarre l’IVA a cui, altrimenti, non avrebbe titolo oppure ripartire l’IVA, addebitata dal cedente/prestatore all’ acquirente/committente e non versata dal primo all’Erario, tra cedente/prestatore ed  acquirente/committente oppure permettere l’acquisto di merce sottocosto rispetto al mercato.

Questi vantaggi si verificano, ad esempio, nel caso di interposizione fittizia tra l’effettivo cedente comunitario di beni e l’effettivo acquirente. Essendo l’IVA nell’acquisto comunitario assolta con il metodo del reverse charge, non fa emergere un’IVA a credito verso l’Erario. Questo credito viene fraudolentemente creato con l’interposizione di un fittizio (esclusivamente cartolare) acquisto comunitario a monte che permette un’operazione imponibile di vendita dall’intermediario all’effettivo acquirente nazionale.

Nella seconda ipotesi il cedente non versa l’IVA a debito che viene suddivisa con l’acquirente.

Queste fattispecie frodatorie possono anche cumularsi in un’unica operazione quando, ad esempio, vi sia un’interposizione fittizia in un acquisto comunitario da parte di un soggetto che non versa l’IVA.

Appartiene alla categoria delle operazioni soggettivamente inesistenti anche la complessa struttura delle frodi carosello, in cui vi sono più soggetti interposti che si aggiungono nella catena di operazioni che collega l’operazione della cartiera a quella dell’acquirente.

 

2. L’onere della prova in capo all’acquirente

La contestazione di essere stati a conoscenza e, addirittura, di essere stati conniventi in un’operazione soggettivamente inesistente è particolarmente insidiosa.

Non mi soffermo sull’onere della prova a carico dell’amministrazione finanziaria, in quanto esula dall’argomento di questo contributo.

Nondimeno, mi limito a rappresentare che tale insidiosità è aumentata dalla leggerezza ed insufficienza con cui l’Amministrazione finanziaria assolve spesso all’onere probatorio: da un lato, si addebita una sorta di “responsabilità oggettiva” da cui il contribuente non può esimersi e, dall’altro, l’Agenzia delle Entrate demanda al giudice tributario la valutazione sull’efficacia delle prove raccolte, per la maggior parte di tipo presuntivo.

L’acquirente deve dimostrare di essere stato in buona fede, ossia che, pur con l’uso dell’ordinaria diligenza che si richiede ad un operatore esperto ed attento del suo settore, non ha potuto evitare l’ignoranza della frode.

Si tratta, evidentemente, di una prova quasi impossibile da fornire, considerando anche che non sono sufficienti, a tal fine, la fattura, il CMR e la prova del pagamento, anche perché sono considerati tamquam non essent, sia in quanto i primi due provengono da una “cartiera”, sia perché è normale che avvenga il pagamento nelle operazioni simulate.

Nonostante la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE e della Corte di Cassazione abbiano ritenuto che l’Amministrazione finanziaria non possa richiedere al contribuente di esercitare indagini o controlli ultra vires, gli Uffici controlli continuano a concludere, in modo spesso fantasioso, che l’acquirente “non poteva non sapere” addossandogli una funzione di supplenza alle loro stesse lacune investigative.

 

3. Il Quaderno n. 15/2020 dell’U.I.F.

Allo sconforto del difensore viene in aiuto il Quaderno n. 15/2020 “Un indicatore sintetico per individuare le cosiddette società cartiere”.

Il pregevole lavoro utilizza i dati di bilancio per sviluppare un indicatore sintetico che può segnalare la presenza di caratteristiche tipiche di una cartiera.

In particolare, a valori molto bassi dell’indicatore corrispondono più frequentemente società segnalate per frodi nelle fatturazioni e/o per frodi nell’IVA intracomunitaria rispetto a quelle segnalate per altri fenomeni.

Il documento, in ogni caso, sottolinea che tale indicatore non sia esaustivo e raccomanda il ricorso ad ulteriori approfondimenti finanziari, amministrativi, fiscali.

L’indicatore sintetico (Is) è la somma di cinque indicatori semplici: quimmat (immobilizzazioni materiali/attivo), quonfin (interessi ed altri oneri finanziari/ricavi), qpatr (capitale sociale versato+riserve nette)/passivo, qacco (valore assoluto (1- (acquisti netti+costi per servizi e godimento di beni di terzi)/ricavi) e qclav (spese per il personale/ricavi).

L’U.I.F. mette in guardia dal rischio di “falsi positivi”, cioè di indicatori vicini allo zero che, però, non necessariamente identificano una società “cartiera”.

L’analisi degli indicatori semplici viene raggruppata in una tabella che evidenzia i valori minimi, massimi, la loro media e la deviazione standard.

 

4. Spunti per la difesa

L’analisi di bilancio fornita dall’U.I.F. è utile per dimostrare la buona fede dell’acquirente. Si tratta di applicare gli indici alle risultanze del bilancio del cedente depositato presso la Camera di commercio. Tali indici possono corroborare altri elementi (ad es. esistenza di una sede legale ed dove viene svolta l’attività oppure di una sede legale e di una operativa, regolare deposito dei bilanci, mancanza di operazioni straordinarie effettuate in modo ripetitivo, numero di addetti all’attività ecc.,) dimostrando che i dati ufficiali a cui l’acquirente ha accesso non potevano condurre alla consapevolezza che il cedente fosse una “cartiera”.

Ciò permette all’acquirente di poter fare affidamento sulle risultanze ufficiali e di poter detrarre l’IVA, in quanto la neutralità dell’imposta deve trovare attuazione.

 

5. Spunti per la compliance

L’indicatore sintetico offre lo spunto per creare un modello di controllo, una sorta di procedura interna, da applicare a tutti gli acquisti.

Tale modello potrebbe raccomandare, oltre all’analisi dei bilanci degli ultimi esercizi, la raccolta di altri documenti ed informazioni per giungere alla conclusione che il fornitore non è una cartiera oppure, se lo è, a non fare più acquisti da lui.

Il modello di controllo permette una valutazione preventiva del fornitore e, approvato dall’organo amministrativo ed inserito nel libro dei verbali, viene a costituire prassi aziendale.

Il lato negativo di questo modello è l’appesantimento nei processi di acquisto che può rallentare la produzione aziendale, specie in caso di fornitori di materie prime e semilavorati.

A mio avviso, questo appesantimento esiste solo per i nuovi fornitori e all’inizio dell’implementazione del modello, mentre può essere mitigato, a regime, con un questionario che si invia, ad inizio anno, ai fornitori attuali dell’acquirente.

L’alternativa è affidarsi al buon senso e alla bontà di cuore degli uffici accertatori che, evidentemente, non portano a nulla di buono.