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Datore di lavoro e indagini preliminari: ammissibilità o meno?

L'esercizio del potere disciplinare
Colori
Ph. Anna Fasolo / Colori

Il datore di lavoro, in presenza di fatti e/o nei casi di violazione degli obblighi contrattuali che giustifichino l’applicazione di sanzioni disciplinari, deve contestare preventivamente l’addebito (fatta eccezione per il rimprovero verbale) e sentire a difesa il lavoratore.

La contestazione di addebito come testé riferito va comunicata per iscritto, a pena di nullità, al dipendente, ha natura ricettizia ed il decorso dei termini a difesa parte dal momento in cui la contestazione perviene nella sfera di disponibilità dell’interessato (con lettera raccomandata, con consegna a mano provata con firma di ricevuta o per testi, con PEC).

Nella fase della formazione del provvedimento disciplinare, assume particolare rilevanza la formulazione della mancanza disciplinare (articolo 7, comma 2, della legge n. 300/1970, “Statuto dei lavoratori”): c’è un principio garantista che va rispettato e che impone al datore di lavoro l’onere di contestare, preventivamente (fatta eccezione per il rimprovero verbale) e per iscritto, a pena di nullità, l’addebito e di sentire a difesa il lavoratore[1].

La contestazione deve essere precisa, puntuale ed immodificabile[2] sì da mettere il dipendente nelle condizioni di poter esercitare validamente il “diritto a difesa “nelle forme previste dal comma 3 dell’articolo 7 Statuto dei lavoratori. Da ciò consegue che formulazioni generiche come “atteggiamento irriguardoso”, “grave accadimento”, “espressioni irriguardose” appaiono scorrette, considerato che è sempre meglio riportare nel modo più preciso possibile i fatti per come sin sono verificati.

Il potere disciplinare del datore di lavoro nei confronti dei lavoratori si fonda sul principio di subordinazione del prestatore di lavoro e si traduce quindi nella comminazione di sanzioni disciplinari nei confronti del lavoratore inadempiente. Esso ha lo scopo di tutelare l’organizzazione aziendale ed il rispetto degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore.

La sanzione disciplinare, nella quale sfocia il procedimento disciplinare, non è altro che l’ultimo atto di un iter procedurale i cui termini e fasi sono precisamente sanciti dalla legge e dai contratti di lavoro. Pertanto, in gran parte dei casi, il mancato rispetto dell’iter procedurale per come regolamentato dalla legge e/o dai contratti di lavoro rende nulla la sanzione.

Sinteticamente, la procedura disciplinare è articolata nelle seguenti fasi:

a) contestazione dell’addebito;

b) formulazione delle giustificazioni da parte del prestatore di lavoro;

c) comminazione della sanzione disciplinare;

d) impugnazione della sanzione da parte del lavoratore, la quale può avvenire o mediante ricorso al magistrato, preceduto dall’esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione o mediante ricorso al Collegio di conciliazione ed arbitrato da azionare entro 20 giorni dalla comminazione della sanzione. Con le seguenti conseguenze: 1) se il datore di lavoro non si costituisce nei termini la sanzione decade; mentre 2) se il datore di lavoro non aderisce alla richiesta di costituzione del Collegio ne dà comunicazione e attiva la normale procedura vertenziale.

Sul piano prettamente legislativo il codice civile regola il potere disciplinare del datore di lavoro con alcuni articoli. In particolare, l’articolo 2104 Codice Civile rubricato (Diligenza del prestatore di lavoro) prevede l’obbligo del lavoratore di usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta e l’obbligo di osservare le disposizioni impartite dall’imprenditore e dai suoi collaboratori sia riguardo all’esecuzione della prestazione sia riguardo alla disciplina aziendale.

L’articolo 2105 (Obbligo di fedeltà) vieta al prestatore di lavoro di trattare affari in conto proprio o di terzi in concorrenza con l’imprenditore e di divulgare notizie riguardo all’organizzazione e i metodi di produzione dell’impresa che possano arrecarle pregiudizio.

L’articolo 2106 (Sanzioni disciplinari) introduce il principio della proporzionalità tra infrazione e sanzione riconoscendo il massimo di discrezionalità per l’imprenditore per quanto riguarda sia gli aspetti procedurali che sostanziali nell’esercizio del potere disciplinare.

Successivamente, lo Statuto dei lavoratori ha profondamente innovato la normativa portata dal codice civile in materia disciplinare. In particolare, l’articolo 7 introduce una serie di limitazioni sostanziali e formali riguardanti l’esercizio del potere disciplinare da parte del datore di lavoro, al quale viene comunque riconosciuto il diritto di esercitare un potere disciplinare. Potere che deve tuttavia essere attuato nel rispetto di precise norme anche di tipo procedurale.

Le innovazioni introdotte dall’articolo 7 Statuto dei lavoratori e dalle successive elaborazioni giurisprudenziali e dottrinali, nonché dalla contrattazione collettiva, riguardano i seguenti punti cardine:

  • obbligo di pubblicità della normativa disciplinare;
  • necessità di una preventiva contestazione e suoi requisiti;
  • tempestività della contestazione;
  • specificità della contestazione;
  • immodificabilità del contenuto della contestazione;
  • necessità della forma scritta della contestazione;
  • divieto di procedere ad indagini preliminari;
  • rispetto di un criterio di proporzionalità della sanzione adottata;
  • indicazione di termini e modalità di difesa;
  • divieto di mutamenti definitivi del rapporto di lavoro;
  • termini per la comminazione del provvedimento;
  • recidiva;
  • sospensione cautelare;
  • sedi e modalità di impugnazione della sanzione disciplinare.

Di non singolare importanza a questo punto è la possibilità o meno per il datore di lavoro di poter svolgere “indagini preliminari” finalizzate ad accertare condotte di rilievo disciplinare da parte del lavoratore.

L’ammissibilità delle indagini “preliminari” quale attività prodromica del datore di lavoro costituisce un primo problema affrontato dalla giurisprudenza, in quanto finalizzate ad accertare la sussistenza di fatti che giustifichino l’apertura di una procedura disciplinare.

La dottrina e la giurisprudenza hanno fornito, nel silenzio della legge, interpretazioni spesso non coincidenti, in quanto da una parte si propende per l’inammissibilità di siffatti accertamenti “preistruttori”, in quanto si violerebbero le garanzie procedurali stabilite nello Statuto dei lavoratori, dall’altra, li si ritengono possibili, perché servirebbero a limitare le procedure disciplinari soltanto ai casi in cui appaia un “fumus” di responsabilità del dipendente, senza che ciò implichi una posizione contestativa nei confronti dello stesso.  In tal guisa, viene così ad ammettersi la possibilità che il datore possa effettuare indagini preliminari allo scopo di una adeguata conoscenza dei fatti.
Non viene meno la legittimità delle indagini[3] neanche se esse consistano nell’audizione del lavoratore, ovvero nel caso di spontanea confessione al datore, poiché la procedura ex articolo 7 Statuto dei lavoratori si dovrà attivare solo in un momento successivo rispetto all’esaurimento dell’attività istruttoria.
I giudici di legittimità hanno quindi riconosciuto ampia discrezionalità al datore di lavoro durante questa fase, negando la possibilità di un intervento del sindacato.

Pertanto le indagini preliminari svolge dal datore di lavoro sarebbero consentite all’esclusivo fine di consentire al datore di lavoro di acquisire gli elementi necessari per assumere la decisione di attivare la procedura, e ciò purché dette indagini preliminari non si trasformino in una anticipata procedura sommaria.

 

[1] Cass. Sez. L -, Sentenza n. 19846 del 22/09/2020 (Rv. 658846 - 01) - In tema di procedimento disciplinare, nel caso in cui il lavoratore, dopo avere presentato giustificazioni scritte senza formulare alcuna richiesta di audizione orale, avanzi tale richiesta successivamente, entro il termine di cui al comma 5 dell'art. 7 della l. n. 300 del 1970, il datore di lavoro è tenuto a provvedere all'audizione - con conseguente illegittimità della sanzione adottata in mancanza di tale adempimento - senza poter sindacare la necessità o opportunità della integrazione difensiva, non sussistendo ragioni per limitare il diritto di difesa, preordinato alla tutela di interessi fondamentali del lavoratore, in assenza di un apprezzabile interesse contrario della parte datoriale, che riceve comunque adeguata tutela dalla stringente cadenza temporale che regola il procedimento disciplinare.

[2] Cass. Sez. L - , Sentenza n. 3079 del 10/02/2020 (Rv. 656772 - 01) - In tema di licenziamento disciplinare, la necessaria correlazione dell'addebito con la sanzione deve essere garantita e presidiata, in chiave di tutela dell'esigenza difensiva del lavoratore, anche in sede giudiziale, ove le condotte in contestazione sulle quali è incentrato l'esame del giudice di merito non devono nella sostanza fattuale differire da quelle poste a fondamento della sanzione espulsiva, pena lo sconfinamento dei poteri del giudice in ambito riservato alla scelta del datore di lavoro. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza con cui il giudice di merito - a fronte di una condotta del lavoratore sanzionata dal datore con il licenziamento con preavviso, previsto, ai sensi dell'art. 54, comma 5, lett. c), del c.c.n.l. per il personale non dirigente di Poste Italiane, per l'ipotesi di "inosservanza di leggi o di regolamenti o degli obblighi di servizio con gravi danni alla società o a terzi" - aveva applicato di ufficio, una volta esclusa la prova del danno concreto e ritenuto che il dipendente avesse comunque pregiudicato l'immagine e la reputazione del datore, la sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso ex art. 54, comma 6, lett. c), del predetto c.c.n.l., prevista per l'ipotesi di "violazioni dolose di leggi o regolamenti o dei doveri di ufficio che possano arrecare o abbiano arrecato forte pregiudizio alla Società o a terzi").

[3] Cassazione, sez. lavoro, sentenza 6 aprile 2020, n. 7703 - Non viola i principi di immediatezza della contestazione disciplinare e di buona fede e correttezza contrattuale il datore di lavoro che addebiti l’illecito disciplinare al proprio dipendente accertato, sulla base di una peculiare istruttoria preliminare, dopo un lungo lasso di tempo dal suo verificarsi