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Disability, diversity ed equality management: a che punto siamo?

Disability Management
Disability Management

Abstract

La nostra società è caratterizzata da soggettività culturali e individuali variegate: ognuno di noi è diverso per il genere, l’età, le origini etniche, l’orientamento sessuale, le caratteristiche di personalità, gli stili cognitivi, il livello di istruzione, il background; la lista è infinita.

Ciò mette in luce l’importanza del Disability, Diversity ed Equality Management, una materia che in Italia continua a non avere una propria copertura legislativa.

 

Indice:

1. Definizione di Disability Management e passaggio al Diversity Management

2. Nascita e sviluppo del Disability Management

3. Il Disability management in Italia: dal 1999 fino ad oggi

4. Competenze del Disability/Diversity manager

5. Considerazioni conclusive

 

1. Definizione di Disability Management e passaggio al Diversity Management

Il Disability Management nasce come un orientamento gestionale che si focalizza sulla persona con disabilità, con l’obiettivo di valorizzarla e adattare l’organizzazione di riferimento (Istituzioni, Sanità, aziende), ai suoi bisogni e alle sue esigenze.

Si tratta di professionisti che lavorano nel campo della disabilità, ma non solo: il Disability Management risponde alla necessità di garantire e incentivare l’inclusione di suddette persone in svariati contesti: urbani, lavorativi, culturali, sanitari e sociali. La casistica è assai ampia e comprende l’inserimento lavorativo e la tutela in azienda delle persone con disabilità, la supervisione dei servizi e dei prodotti immessi sul mercato tramite l’Universal Design e la creazione di spazi urbani, edifici e servizi più agevoli.

Col tempo, la nuova platea di riferimento ha reso necessario dissociare il Disability dal Diversity Management: dalle persone con disabilità si è passati ad annoverare tutte le persone potenzialmente oggetto di discriminazione a causa di una qualunque “diversità” rispetto al “modello standard” imposto dall’immaginario collettivo: si pensi all’inserimento in azienda delle persone più anziane, alle diversità di genere e a tutte quelle forme di disuguaglianza di trattamento legate all’orientamento sessuale, politico o religioso. In tutti questi casi, l’obiettivo principale di questa branca del Management risiede nella volontà di costruire organizzazioni più efficienti e innovative, razionalizzando i luoghi di lavoro: ciò passa attraverso una corretta valutazione delle risorse e del potenziale del lavoratore in sede di selezione e recruiting, favorendone l’inclusione lavorativa, il welfare, il benessere ed infine prevenire le discriminazioni e le molestie sul luogo di lavoro.

Per tali motivi, il diritto del lavoro oggi prende sempre più in considerazione questa nuova forma di Management poiché costituisce, a tutti gli effetti, una tutela aggiuntiva per i lavoratori e le lavoratrici.

 

2. Nascita e sviluppo del Disability Management

Volendo tracciare un iter storico, l’approccio al Disability Management nasce alla fine degli anni '80 e si diffonde pienamente solo in alcuni paesi quali Canada e Stati Uniti. Anche il Nord Europa ha ben accolto questo approccio, sicché tutt’ora vi è una larghissima diffusione di queste figure professionali.

In origine, si trattava principalmente di una disciplina volta a minimizzare l’impatto delle situazioni di disabilità temporanea o sopravvenuta, sorte a seguito di infortuni o malattie.

L’obiettivo basilare era quello di coinvolgere le aziende in un processo di miglioramento delle condizioni dei lavoratori divenuti disabili o in situazione di svantaggio, al fine di permettergli di mantenere il proprio posto di lavoro.

Successivamente, le maglie della tutela si sono estese anche all’inserimento lavorativo delle persone con disabilità e di tutte quelle che per qualsiasi altro motivo possono subire ogni sorta di discriminazione.

Tuttavia, in altri paesi questo ruolo è stato preso in considerazione solo in tempi recentissimi. Parliamo, tra i tanti, di Cina, Giappone, Francia e Italia.

 

3. Il Disability management in Italia: dal 1999 fino ad oggi

Per rintracciare l’origine e forse la prima forma di consapevolezza verso questa materia nel nostro paese occorre volgere lo sguardo verso il collocamento delle persone con disabilità, che nacque con la Legge numero 68 del 12 marzo 1999, denominata “Norme per il diritto al lavoro per i disabili”. 

Quel testo normativo parlava di “collocamento mirato” e metteva così in evidenza il cambio di prospettiva: il mero obbligo di assunzione si trasformò nell’obbligo di “assumere attraverso un’azione mirata”. Il concetto di collocamento mirato permise così di spostare il focus sulle potenzialità e sulle risorse della persona disabile, in virtù delle quali può venire scelta dal mondo del lavoro, così come qualsiasi altro collaboratore senza disabilità.

Tuttavia, nella Legge del 1999 nulla si diceva su una figura professionale che si occupasse, in contesti lavorativi pubblici o privati, di favorire il suddetto collocamento mirato e così continuò ad essere fino al 2009, quando la materia venne toccata concretamente per la prima volta, nel "Libro bianco su accessibilità e mobilità urbana", frutto del lavoro del tavolo tecnico istituito tra il comune di Parma e il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali.

La ratio di suddetta manovra legislativa risiedeva anzitutto nella volontà di attuare gli impegni che l'Italia aveva assunto ratificando la convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (Legge 3 marzo 2009, numero 18).

In quella circostanza, la figura professionale volta a favorire l’inclusione in ambito lavorativo venne intercalata nella pubblica amministrazione, in particolare nei comuni al di sopra dei 50 mila abitanti e nello stesso anno vennero organizzati corsi di perfezionamento.

Un anno dopo, Rodolfo Dalla Mora, architetto esperto di progettazione accessibile, ricoprì per la prima volta il ruolo di Disability Manager presso l'ORAS (Ospedale Riabilitativo di Alta Specializzazione) di Motta di Livenza. Egli faceva parte dei primi trenta Disability Manager che avevano seguito per circa un anno il corso di perfezionamento all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

Nel 2013, l’allora Ministro del Lavoro Giovannini affermò che l'inserimento dei Disability Manager dovesse avvenire anche nei Ministeri e in enti come Inps e Inail: “Nel ministero non abbiamo un Disability Manager, ma poiché stiamo per riorganizzarlo, per studiare come introdurre questa nuova figura che si occupi delle persone disabili e delle loro problematiche”.

Facendo un passo temporale in avanti, sebbene l’importanza riconosciuta al Disability Management, non è stato attualmente emanato alcun regolamento nazionale che preveda e definisca tali figure in ambito pubblico o privato: il profilo del Disability Manager non trova precisione in alcuna normativa, né esiste tutt’ora un apposito albo professionale. Nel nostro paese questa figura è ancora culturalmente poco conosciuta e non adeguatamente valorizzata nei contesti lavorativi.

Risulta così necessario divulgare l’importanza di questo ruolo, al fine di creare profili professionali capaci di operare in tutti i settori del lavoro, senza distinguo tra pubblica amministrazione e impresa privata; inoltre, occorre, oggi più che mai, che il legislatore metta mano alla materia, dettando una disciplina normativa per questa figura. In tal modo, verrebbero tutelate tutte le categorie di persone esposte a discriminazioni coprendo, al contempo, ogni ambito del rapporto di lavoro: il processo di inserimento, la formazione e la crescita del lavoratore con disabilità o soggetto a discriminazioni a causa del genere, dell’età o dell’orientamento sessuale. Una figura professionale simile permetterebbe di non lasciare l’aspetto sociale fuori dall'azienda o dal posto di lavoro pubblico, congiungendo così il tessuto sociale alla realtà lavorativa.

 

4. Competenze del Disability/Diversity manager

Il presidente di S.I.Di.Ma, Rodolfo Dalla Mora, ha affermato che quella del Disability Manager è una competenza, piuttosto che una professione: una competenza aggiuntiva che può associarsi alla professione dell’avvocato, del medico, dell’assistente sociale o del responsabile risorse umane. Suddetta competenza può essere acquisita e approfondita attraverso un master o percorso formativo di perfezionamento. Si tratta di un profilo assai spendibile, lavorativamente parlando, perché trasversale. Il Disability, Equality o Diversity Manager dovrebbe avere padronanza in diversi settori quali normativa sul lavoro, valutazione della disabilità, bioetica, accessibilità di inserimento nel mondo del lavoro e della formazione e via discorrendo. Tali conoscenze sono necessarie anzitutto per la promozione, all’interno dell’organizzazione, di una formazione efficace, al fine di individuare ed applicare la strategia vincente che permetta di promuovere la cultura dell’inclusione.

 

5. Considerazioni conclusive

Attualmente i Disability Manager sono presenti in alcuni ospedali, in aziende e in alcuni Comuni, come a Parma ed Alessandria. Nel settembre 2017 il Comune di Roma ha nominato un suo Disability Manager. Anche realtà private di grandi dimensioni hanno introdotto questa figura professionale nel loro organico: IBM ha un team “Mwa” (mobile wireless accessibility) composto anche da persone con disabilità, che ricerca soluzioni per integrarsi al meglio con i processi aziendali; Merck Serono è stata la prima azienda ad integrare la funzione di direttore risorse umane con quella del Disability Manager, creando un osservatorio interno sull’inclusione, seguita dalla UniCredit.

Eppure, nonostante la materia continui ad attrarre intorno a sé grande interesse ed importanza, i suoi connotati legislativi rimangono incerti.

Metaforicamente è possibile paragonare la figura del Disability, Diversity ed Equality Manager ad un direttore d’orchestra che, consapevole dell’importanza e delle specifiche caratteristiche di ciascun musicista, si attiva affiche tutti possano suonare insieme per la realizzazione di una musica comune chiamata inclusione.

Dal Disability Manager a tutto campo, al Diversity Manager e all’Esperto di Gestione Risorse Umane con Disabilità, ciò che difatti lega le diverse accezioni di questa figura professionale è la necessità di rispondere alla domanda di inserimento e pari opportunità in ambito lavorativo, oltre che sociale.